Streaming
Mi sono recentemente imbattuto, in uno dei social più seguiti, in un post in cui l’autore affermava di essere indeciso se accedere o meno al mondo dello streaming, che qui sembra apparire come un mondo per molti ancora nuovo, lontano dal proprio vivere la musica riprodotta, fatto magari di analogici dischi neri o digitali dischi argentei. Se d’istinto avrei voluto suggerire, all’autore, una corretta esplorazione delle enormi possibilità, in termini di scelte musicali, offerte dallo streaming, mi sono subito reso conto di quanto, alla luce della vorticosa evoluzione della tecnologia a disposizione, il mondo della distribuzione musicale sia difficile da interpretare.
Potremmo prendere spunto dall’appena presentato report annuale della IFPI (International Federation of Phonographic Industry), quel Global Music Report che ha ancora una volta offerto uno spaccato su cosa vuol dire “industria fonografica” oggi, ovvero a tutto il 2023, anno a cui il report si riferisce. Uno spaccato che mette in evidenza l’ottimo stato di salute del mondo della musica riprodotta, che cresce, rispetto all’anno precedente, di ben il 10,2 %. Anzi, i cui ricavi crescono del 10,2% (non trascuriamo il termine “industry” nell’acronimo). In valore ciò vuol dire un totale di 28,6 miliardi di dollari.
Curiosando all’interno dei dati, i ricavi generati dallo streaming pesano per il 67,3 % del totale. Una percentuale che la dice lunga su quanto questo modo di usufruire della musica rappresenti la principale fonte di guadagni per questo settore. Curioso anche come il 72,7% degli utenti dello streaming sono abbonati (in numero, sono 677 milioni) mentre i rimanenti sono coloro che si accontentano di ascoltare in streaming con la pubblicità. Il fisico, ovvero la musica su supporto, cresce anch’essa. Esatto, cresce, per il terzo anno consecutivo: 3,8% in più rispetto al 2022. Rappresenta il 13,4% dei 28,6 miliardi di dollari e, udite udite, il principale attore in questa crescita è ancora il CD, forte dello straordinario traino del mercato asiatico, dove il fisico rappresenta ancora metà (49,2 %) dei ricavi, a sua volta trainato dalle dimensioni, in crescita, del fenomeno K-Pop. E il vinile? In crescita, ovviamente. Le rimanenti percentuali dei ricavi sono divise fra i non meno importanti (per l’industria) settori dei diritti di riproduzione (ovvero tutti gli usi della musica registrata nel mondo attuale, dai “sottofondo” ai suoi usi in pubblico, ai broadcaster, quindi radio e tv) che vale ben il 9,5%, le sincronizzazioni (l’uso della musica registrata nei video, film e così via) che vale il 4,7%. Unica voce in calo, rispetto allo scorso anno (ma era pienamente prevedibile), il download di musica digitale che perde il 2,6% rispetto al 2022 ma che vale, ancora, un rispettabilissimo 3,2% del totale.
E l’Italia? Anche se i numeri della IFPI confermano che non siamo tra i primi dieci mercati del mondo, anche l’industria della musica riprodotta italiana fa registrare lusinghieri dati positivi. Il fatturato complessivo per il 2023 si attesta a 440 milioni di euro, con una crescita rispetto al 2022 del 18,8%. Anche in Italia protagonista del mercato della musica riprodotta è lo streaming, i cui ricavi rappresentano il 65% del totale, cifra analoga a quella globale. La crescita rispetto allo scorso anno è del 16,2%, gli abbonati sono oltre 6,5 milioni, in crescita del 9% rispetto al 2022. Anche la musica su supporto fisico raggiunge in Italia una percentuale di ricavi analoga a quella mondiale. Nel nostro paese, i ricavi del fisico valgono il 14% del totale con un aumento del 14,4% rispetto al 2022. Qui da noi, però, in un anno il vinile è cresciuto tanto di più, del 24,3%, e cresce anche il CD, poco (il 3,8%) ma rimane in area positiva.
Tutto bene, dunque? Beh proprio tutto non si direbbe. Basterebbe parlare del lato artistico della musica, per capire come i dati sin qui riportati sono relativi solo all’ultimo anno e solo all’“industria” della musica riprodotta, che premia quella che è la capacità della musica di generare ricavi. Basti pensare che una parte, neppur tanto piccola, dell’incremento dei ricavi deriva dall’aumento delle tariffe degli abbonamenti, inaugurata da Spotify e seguita dagli altri gestori. Oppure dal fatto che ai detentori dei diritti dei brani (e gli autori sono solo una parte di essi), compete solo una minimissima (mi si passi il termine) parte dei ricavi, ovvero circa 3 euro per mille streaming, da ripartire tra tutti. O ancora dal fatto che il mondo digitale presta il fianco a “trick”, come l’inserimento forzato di brani (delle major?) nelle playlist suggerite, i fake artist, l’ascolto da parte di bot o il rumore bianco. Ma da che mondo è mondo, gli squali delle case discografiche sono stati maestri dei “trick”: ero un pupo ma qualche decennio fa era costume mandare frotte di ragazzini nei negozi di dischi a comprare tutti lo stesso 45 giri per farlo salire nelle classifiche…
Tuttavia… siamo liberi di scegliere. L’offerta è abbondante e nuovi titoli inondano costantemente il mercato. Forse manca una sorta di filtro, però di musica nuova ce n’è tanta. Magari può non piacere o potremmo non saper orientarci tra le nuove uscite, ma non è questione di mezzo per ascoltare. Naturalmente lo streaming è più legato al mondo della musica giovane e il “mainstream” domina le classifiche. A proposito, il vinile più venduto nel 2023 è “1989 (Taylor’s Version)” di Taylor Swift, artista che ha piazzato ben 7 vinili nei primi venti. Certo, forte dell’aver recentemente ripubblicato (anche in vinile), risuonandoli per questione di contenzioso con la precedente casa discografica, praticamente tutti i suoi lavori. Un milione e quattrocentomila copie in vinile di “1989” in un anno però non sono certo poche. E neanche le 402mila di Dark Side of the Moon, nel solo 2023 al quinto posto. Però i fatti sono questi e ci indicano che anche nei vinili, se parliamo di numeri, prevale il mainstream.
Riprodurre lo streaming sembrerebbe meno diretto e affascinante rispetto a vinile o CD. Ma offre il vantaggio di avere a disposizione la “summa” della musica pubblicata, praticamente dall’inizio delle registrazioni ad oggi. Difficile da scovare, sovrastata dal mainstream, spesso filologicamente snaturata, talvolta devastata da remastering o da downsampling. Tuttavia presente. Per orientrarsi tra le opere proposte, magari le nuove, presenti anche sulle piattaforme di streaming, ci si può affiancare ad una guida collaudata, come la nostra sezione musicale.
Rocco Patriarca