Editoriale AudioReview 464

Combinazioni

Non passa giorno che non si senta la necessità di ribadire, tra le ampie e variegate schiere di audiofili, la propria appartenenza ad una squadra del cuore, come se l’”appartenenza” ad un gruppo fosse un obbligo. Nel campionato audiofilo della riproduzione della musica competono la squadra degli “analogisti puri”, che a loro volta annoverano le “divisioni” dei “valvolisti”, quella dei “vinilisti” o dei “nastristi”, contrapposti alla squadra dei “digitalisti”, che a loro volta annoverano tra le loro fila le correnti dei “liquidisti” e quella degli “strimmari”. Per non parlare della squadra dei “cuffiofili”, quella dei “trombisti” e tante, tante altre.

Essere “supporter”, a volte, può essere un piacere. Lo spirito di aggregazione è insito nella natura umana. Ma l’essere “tifosi”, non nell’accezione con cui gli amici tedeschi (e non solo) definiscono i supporter della Ferrari, ma nell’accezione più intransigente, quella degli ultras, quella che si spinge fino all’aggressività, beh, anche no. Sarebbe invece estremamente interessante cercare di capire ognuno il punto di vista dell’altro, magari incuriosendosi sui motivi delle sue convinzioni per provare a condividerle, scoprendo forse di essere sintonizzati sulle stesse, ragionevoli, idee.

Una cosa non esclude l’altra. Molti di noi permettono, nel proprio impianto, di far convivere vinili e streamer, step-up e DAC. Ognuno con la sua personalità, con le sue necessità di attenzione, con le sue potenzialità e le sue prestazioni. E tutti insieme al servizio della musica.

Se però i “tifosi” dell’analogico possono contare su decine di anni di approfondimento, di esperienza e migliaia di studi e di articoli di riviste specializzate per consolidare le proprie conoscenze e poter giungere quindi ad esperienze ed opinioni proprie, il mondo della musica digitale presenta qualche difficoltà in più. Intanto è più giovane ed è tuttora oggetto di ricerca (la tecnologia del vinile è in fondo simile a sé stessa da decenni), con trasformazioni rapidissime, anche epocali, come quella della musica liquida da pirata (Napster) a disponibile a basso costo (Apple Music) o, altra rivoluzione epocale, musica liquida da “propria” (nei propri NAS) a “delocalizzata” (tramite servizi di streaming).

Rispetto al mondo analogico, ben solido nelle proprie fondamenta, questa realtà mostra mutazioni profonde, non esattamente indolori, che non è sempre facile assecondare. Al digitale “standard” si è affiancata l’alta risoluzione con la sua necessità di nuovi supporti, più capienti rispetto al CD, che tuttavia non hanno mai completamente conquistato il mercato, Blu-ray compreso. Difficile imporre nuovi standard in un mondo che ha visto proporre agli audiofili un numero sempre crescente di formati, taluni dalla qualità musicale estremamente appetibile (a partire dal DSD) ma costantemente evoluti nelle risoluzioni e ciclicamente affiancati da formati “alternativi”, come l’MQA o l’Atmos.

Non sono solo gli audiofili (ed anche molti “non-audiofili”, altra “mega-squadra” composta da appassionati di musica o semplicemente da persone sensibili al fascino della musica ben riprodotta, che però gioca nel nostro stesso campionato) a rischiare di essere disorientati. Anche l’industria hi-fi, sempre più spesso, si trova davanti delle scelte. Prima fra tutte quella basata sul DAC. Abbiamo dimostrato, forse tra i primi al mondo e sicuramente più di altri attraverso risultati di laboratorio ed esperienze di ascolto, l’estrema importanza del DAC nella riproduzione di musica da sorgente digitale. Analizziamo questa sezione in ogni dispositivo in prova sulla rivista, offrendo gli elementi necessari al lettore per farsi un proprio giudizio sulle prestazioni.

La separazione tra “sorgente” e DAC è stata un’ulteriore conseguenza. La tecnologia della conversione da digitale ad analogico ha fatto passi da gigante, prevede la possibilità di convertire formati anche complessi offerti attraverso protocolli sempre più evoluti, anche attraverso connessioni non esattamente comuni, e penso all’I2S, o con rigorose modalità di temporizzazione, e penso al “master clock”. Per cui un DAC esterno, dedicato, con possibilità di connessione a sorgenti digitali diverse, attraverso protocolli o connessioni diverse, è sempre più apprezzato tra i sistemi hi-fi più evoluti.

Dal punto di vista delle sorgenti digitali poi, oltre alla “classica” meccanica per CD e SACD che fornisce un segnale digitale per l’unità di conversione, esistono innumerevoli dispositivi che permettono di offrire, ad un DAC dedicato, un segnale digitale. I player di rete, ad esempio, dispositivi in grado di riprodurre file memorizzati su una memoria di massa (solitamente un NAS) connessa in rete locale attraverso un protocollo ben definito (solitamente il DLNA). O gli streamer, componenti che, attraverso delle interfacce locali, permettono di connettersi, via Internet, ai gestori dei servizi di streaming (Spotify, Tidal, Qobuz e così via) per far fluire (“stream”, appunto) i dati dei brani musicali verso il DAC.

Però… una sezione DAC non si nega a nessuno e spesso streamer, lettori di rete, CD e SACD, ma anche amplificatori integrati e preamplificatori, ne includono una. Di qualità più o meno allineata al resto del dispositivo, più o meno fruibile, più o meno interfacciabile. Ma anche lo streamer può essere incluso in ognuno di questi dispositivi. E così il lettore di rete, naturalmente. Con magari l’aggiunta di un dispositivo di streaming locale wireless, attraverso lo standard Bluetooth (altri protocolli, altre codifiche). Assistiamo al proliferare di componenti multisezione, ognuno dei quali estremamente interessante dal punto di vista delle combinazioni che offre.

Combinazioni. Che permettono all’appassionato di avere una vasta scelta nel comporre il proprio impianto con il rischio di ritrovarsi qualche sezione ridondante (il DAC dello streamer e quello esterno, ad esempio) ma anche “sorgenti” complete, come l’omnicomprensivo Magnetar UDP-900 provato su AR 461 o l’Eversolo DMP-A8, privo di meccanica e sezione multicanale rispetto al Magnetar ma altrettanto ricco di mille e una funzione, in prova su questo stesso numero. O semplicissime ed efficaci, come il Wiim Pro Plus, provato su AR 463 o gli streamer “puri”, ovvero privi di DAC, su cui contiamo di tornare presto.

Il turbolento e dinamicissimo mondo dello streaming sta accrescendo il numero possibile di combinazioni tra le sezioni di un impianto hi-fi e la loro integrazione in apparecchi singoli, i cui estremi sono dati dai diffusori con sezioni digitali, di rete e di potenza integrati, come i Sonus Faber Duetto (AR 460) e, all’opposto, dai prodotti “puri”, dagli streamer ai DAC, alle meccaniche, segmento altrettanto vivace ed interessante come vedremo all’High-End di Monaco, le cui meraviglie saranno illustrate nel prossimo numero.

Seguire il mercato, esplorando le singole sezioni degli apparecchi che propone e le loro combinazioni, senza perdere d’occhio i capisaldi dell’hi-fi come amplificazioni e diffusori, è la prerogativa di questa rivista dal numero 1. E continuerà ad esserlo, con la massima precisione e passione. Per fornire ad ogni “squadra” del “campionato audiofilo di riproduzione hi-fi”, i riferimenti per rafforzare le proprie opinioni.
Rocco Patriarca

Author: Redazione

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