La storia della Sonus Faber ebbe inizio l’estate di sette anni fa, quando Franco Serblin, patron della ditta di Monteviale, presentò alla stampa specializzata la sua prima «creatura»: lo Snail Project, un anticonvenzionale sistema di altoparlanti costruito con cura a dir poco certosina in un numero limitatissimo di esemplari, facendo uso di legni (padouk della Costa d’Avorio) ed altoparlanti (JBL)
estremamente pregiati.
A questo fecero poi seguito i più accessibili (lo Snail Project costava circa nove milioni di lire) Parva e Minima in prima versione, il preamplificatore valvolare Prius, e via di questo passo fino ad arrivare alla attuale produzione, composta dalle ultime versioni dei già citati Parva e Minima (completamente aggiornate sia esteticamente che tecnicamente), dagli altri diffusori Electa ed Electa Amator (provati rispettivamente su AUDIOreview nn. 61 e 75), dal subwoofer amplificato Gravis, dall’ampli integrato Quid e dall’amplificatore finale Amator Power, oggetto di questa prova, il primo apparecchio di questo tipo costruito dalla Sonus Faber.
Presentato lo scorso ottobre al Quark Hotel di Milano in occasione della mostraconvegno Top Audio, l’Amator Power viene costruito in perfetto accordo con i principi che da sempre contraddistinguono i prodotti della ditta veneta: costruzione senza compromessi, utilizzazione di componenti di alta qualità e, soprattutto, progettazione mirata esclusivamente al raggiungimento di elevate caratteristiche sonore (il progetto è di Fabio Serblin, nipote di Franco, che si è avvalso della collaborazione dell’ing. Giorgio Zampicini di Torino).
A quest’ultimo proposito si deve notare come, prima di essere commercializzato (non solo in Italia, ma anche in numerosi paesi europei ed extra-europei, tra i quali la Gran Bretagna ed Hong Kong), l’Amator Power è stato sottoposto ad una lunga serie di tarature e di affinamenti circuitali, sempre seguiti da approfondite prove d’ascolto: inizialmente, ad esempio, il progetto prevedeva un fattore di controreazione pari a circa 40 dB (contro i 20 dB attuali) e la presenza di soli quattro transistor nello stadio pilota (in luogo dei sei del progetto definitivo).

I circuiti audio trovano posto su due schede identiche (una per ogni canale) situate ai lati dell’apparecchio, subito a ridosso dei dissipatori di calore, sui quali sono direttamente montati i mosfet di potenza.
Progetto, costruzione

L’alimentazione è completamente sdoppiata per i due canali; i trasformatori di alimentazione (due bellissimi toroidali da 300 VA ciascuno), posti uno sull’altro, sono racchiusi all’interno di una gabbia metallica.
Come avverte chiaramente la scritta scolpita sul coperchio superiore dell’apparecchio («Amator Power Dual Mono Mosfet Amplifier», seguita dal numero di serie), il Sonus Faber è un amplificatore a mosfet bi-monoaurale, in cui cioè i due canali stereo sono completamente separati, già a partire dai trasformatori di alimentazione.
Questi sono due splendidi toroidali da 300 VA (le cui dimensioni lasciano presagire un comportamento «duro» dei circuiti di alimentazione, e quindi una potenza d’uscita in regime impulsivo non troppo dissimile da quella in regime continuo), posti uno sull’altro e «rinchiusi» in una gabbia metallica nera, situata al centro del telaio; ai lati di questa troneggiano quattro grandi condensatori elettrolitici di filtro, da 10.000 pF ciascuno.
Le schede (due, una per ogni canale) contenenti i circuiti audio sono invece situate in posizione verticale in prossimità dei due lati esterni dell’amplificatore, praticamente costituiti da due giganteschi dissipatori ad alette. La circuitazione, completamente simmetrica, prevede per ogni canale uno stadio amplificatore di tensione di tipo cascode (formato quindi da una coppia di transistor bipolari rispettivamente in configurazione base comune ed emettitore comune), se guito da uno stadio pilota (costituito da tre coppie di bipolari operanti in classe A) ed infine dallo stadio di potenza vero e proprio, che fa uso di tre coppie di mosfet complementari (Toshiba K 405/J 115, da 8 A/160 V nominali).
Grazie alla particolare topologia circuitale adottata, la linearità e la banda passante dell’amplificatore sono molto elevate anche ad anello aperto, cosicché è stato possibile adottare un fattore di controreazione molto contenuto, pari (come abbiamo già accennato) a circa 18 dB. Il pannello frontale dell’apparecchio, così come la copertura superiore e le alette di raffreddamento, è realizzato in alluminio finemente spazzolato; il suo spessore supera i 7 millimetri. Sul frontale troviamo gli unici tre comandi di cui è dotato l’Amator Power: l’interruttore d’accensione (del tipo a bilanciere) con relativo LED di conferma e due manopole in legno massello ed alluminio, agendo sulle quali è possibile variare l’attenuazione del segnale d’ingresso. A quest’ultimo proposito si deve notare come i potenziometri (degli ottimi Alps a film spesso) relativi al circuito di attenuazione siano posti direttamente sulle schede principali e non a ridosso del pannello anteriore (il movimento rotatorio viene
trasmesso dalla manopola al potenziometro per mezzo di una lunga asta di rimando metallica), in modo da poter ridurre al minimo il cablaggio volante.

I connettori d’uscita (in grado di accettare sia cavo spellato
che terminazioni a forcella oppure a banana) sono sdoppiati per facilitare il collegamento di diffusori in bi-wiring.
La loro qualità, così come quella dei connettori pin-RCA
d’ingresso, è eccellente.
Ai lati del pannello frontale si trovano due grandi maniglie in legno massello (dello stesso tipo utilizzato nelle manopole) che, oltre ad agevolare le operazioni di trasporto del finale italiano, danno un ulteriore tocco di classe all’estetica (a mio modesto parere riuscitissima) dell’apparecchio. Sul pannello posteriore, infine, sono presenti ben quattro coppie di connettori d’uscita (dorati, sono molto simili a quelli utilizzati nei diffusori dello stesso costruttore), così da facilitare il collegamento di diffusori in bi-wiring. Come molti di voi sapranno, possono essere collegati in biwiring
(letteralmente «doppio collegamento elettrico») esclusivamente quei diffusori (come ad esempio l’Electa Amator) dotati di tante coppie di morsetti d’ingresso quante sono le sue vie, ovvero quante
sono le celle del suo crossover. Ad ogni morsetto corrisponde una singola cella: se, ad esempio, il diffusore è del tipo a due vie, ad un morsetto corrisponderà l’ingresso della cella passa-basso ed all’altro l’ingresso della cella passa-alto, cosicché ogni diffusore andrà collegato all’amplificatore di potenza (unico per le due vie, non stiamo parlando di biamplificazione!) con due cavi bipolari separati, uno per ogni via, nei quali scorrerà (ovviamente, dato che i cavi partono dallo stesso amplificatore) la stessa tensione, mentre invece la corrente sarà diversa, dipendendo dall’impedenza del carico (cella + altoparlante).
Grazie a questa tecnica, secondo alcuni, si può avere un piccolo ma udibile miglioramento della resa acustica complessiva del sistema amplificatore-diffusori (io personalmente non me la sento di avallare questa tesi senza aver prima condotto delle prove approfondite).

L’interno dell’Amator Power è esemplare per pulizia ed ingegnerizzazione. Notare i quattro condensatori elettrolitici di filtro da 10.000 uF ciascuno; i trasformatori di alimentazione (due, uno per ogni canale) sono racchiusi all’interno della gabbia metallica nera visibile al centro dell’apparecchio.
Misure
L’Amator Power si è comportato in maniera pressoché perfetta al banco di misura: oltre che di buone orecchie, alla Sonus Faber devono evidentemente essere in possesso anche di ottime strumentazioni!
Partiamo subito dalla misura più significativa: la CCL (ovvero «Caratteristica di Carico Limite»). La risposta del finale italiano a questo test è stata eccellente: sia la curva relativa al regime continuo che quella relativa al regime impulsivo (che, come avevamo precedentemente ipotizzato esaminando gli stadi di alimentazione, non differiscono molto l’una dall’altra) sono quasi perfettamente verticali, segno evidente della buona propensione del l’Amator ed erogare elevate correnti. La potenza d’uscita è risultata, su qualunque carico, nettamente superiore a quella di targa: in regime continuo abbiamo infatti rilevato, su entrambi i canali, circa 135 W/8 ohm, 220 W/4 ohm e ben 295 W (340 W in regime impulsivo) su 2 ohm.
Ottimo, come c’era d’altronde d’aspettarsi vista la costruzione di tipo bi-monoaurale, anche il dato di separazione, maggiore di 100 dB per frequenze non superiori a 3 kHz.
Tutto OK anche per ciò che riguarda sia la Tritim, che non mostra alcuna traccia di dissimetrizzazione, che lo slew rate (definito, lo ricordiamo, come la massima velocità di variazione della tensione d’uscita dell’amplificatore), elevatissimo (supera nettamente, sia sul fronte di salita che su quello di discesa, i 120 V/u.s nominali).
Elevatissimi infine sia la larghezza di banda che il rapporto segnale/rumore (maggiore di 113 dB in misura pesata «A»).
L’ascolto
II mio primo «incontro» con un prodotto Sonus Faber risale a circa quattro anni or sono, quando, recandomi presso un rivenditore laziale di alta fedeltà, mi ritrovai ad ascoltare una coppia di splendide «Black Pearl» (praticamente delle Minima FM2 rivestite in pelle nera): malgrado la mia innata (e spesso, a dire il vero, giustificata) diffidenza verso i costruttori di dimensioni semi-artigianali, rimasi affascinato dal rigore timbrico e dall’autorevolezza con cui quei piccoli gioiellini riuscivano a riprodurre la grande orchestra (il brano era «Un Bai», secondo movimento della «Sinfonia Fantastica» di Berlioz).
A quattro anni di distanza da quell’episodio eccomi di nuovo ammaliato da un oggetto costruito dalla casa di Monteviale: questa volta però mi trovo nella sala d’ascolto di AUDIOreview, e l’oggetto in questione non è un diffusore bensì un amplificatore finale, il primo realizzato dalla Sonus Faber: l’Amator Power. Chi segue i miei articoli sa bene che non rientra nei miei costumi far uso di iperboli o di aggettivi roboanti; eppure, e vi assicuro che non sono in preda ad un raptus nazionalistico, in questo caso dovrò fare un’eccezione, poiché l’Amator Power è in assoluto uno dei migliori amplificatori finali che abbia mai avuto modo di ascoltare. La prova d’ascolto ha avuto inizio con due brani di musica leggera contenuti in uno dei primissimi compact disc dimostrativi Philips (che, malgrado gli anni che si porta sul groppone, continua imperterrito a svolgere perfettamente il suo lavoro, infischiandosene allegramente delle notizie scandalistiche sulla vita media dei CD): «Blue Eyes» di Elton John e «Avalon» dei Roxy Music.
La primissima impressione è stata di un’eccezionale definizione del messaggio sonoro unita, e qui sta la maggiore particolarità timbrica dell’Amator, ad un calore che rende la riproduzione particolarmente musicale e seducente.
I piatti della batteria sembrano materializzarsi nella stanza d’ascolto, tanto sono solidi e reali. Le basse frequenze, pur profondissime, sono sempre frenate al punto giusto; di questo comportamento se ne avvantaggia enormemente la riproduzione del basso elettrico, le cui note si susseguono ben differenziate l’una dall’altra, perfettamente intelligibili: una «performance» da vero primo della classe. Le voci di Elton John e di Brian Ferry, infine, sono trasparenti ed articolate come ben poche altre volte mi era capitato di ascoltare.
A mio modesto parere, dal punto di vista sonoro, il finale italiano assomiglia moltissimo (per carità, non accusatemi di eresia!) all’eccezionale Onkyo Gran Integra M-510 (provato da Bebo Moroni e, in seguito, dal sottoscritto rispettivamente sul n. 63 e sul n 69 di AUDIOreview).
L’unica, lieve differenza con il «mostro sacro» giapponese l’ho notata nella capacità di ricostruzione spaziale della scena acustica, leggermente inferiore nel Sonus Faber (ma l’Onkyo da questo punto di vista è praticamente imbattibile). Con l’ascolto de «La Resurrezione» di Hàndel (soprano Carolyn Watkinson) ho avuto la piena conferma delle eccellenti doti musicali dell’Amator Power, ed in particolare dell’attitudine di mettere a fuoco i dettagli più minuti (per la prima volta in mezzo ad un pieno orchestrale sono riuscito a distinguere con chiarezza’delle note di chitarra); praticamente
perfetta la riproduzione degli strumenti ad arco.
Non ho dubbi: secondo il mio personalissimo giudizio, l’Amator Power è l’amplificatore finale con il più elevato rapporto qualità sonora/prezzo attualmente reperibile in Italia.
Conclusioni
L’Amator Power (che, come ci ha riferito il suo progettista, sarà presto affiancato da un nuovo preamplificatore, anch’esso a mosfet, che ne ricalcherà l’originale veste estetica) non ha certo disatteso le nostre aspettative: si tratta infatti di un apparecchio costruito con cura quasi maniacale, tecnologicamente validissimo e capace di offrire «performance» sia tecniche che musicali di livello assoluto.
Alla luce di quanto appena detto, il suo prezzo di vendita, se rapportato a quello dei suoi diretti concorrenti, appare straordinariamente conveniente.
di Roberto Lucchesi

Una piccola curiosità: il connettore di alimentazione (del tipo «a vaschetta») incorpora, oltre al fusibile d’alimentazione, anche un fusibile «di riserva», entrambi accessibili aprendo un piccolo sportellino in plastica.
Costruttore: Sonus Faber Lab. sas. Via Gallo 28, 36050 Monteviale (VI) – Italia. Tei. 0444/552158.
Distributore per l’Italia: Sonus Faber Lab. sas
Prezzo: L. 2.840.000.
CARATTERISTICHE DICHIARATE DAL COSTRUTTORE
- Potenza d’uscita: 80 W/8 ohm, 160 W/4 ohm; 240 W/2 ohm
- Impedenza d’uscita: 0,11 ohm
- Banda passante: 0,3 Hz-1,2 MHz -3 dB
- Tasso di controreazione: 20,2 dB
- Guadagno di tensione: 46,7 dB (anello aperto); 26,5 dB (anello chiuso)
- Sensibilità d’ingresso: 1,2 V RMS
- Tempo di salita: <400 ns Slew rate: >120 V/us
- Dimensioni e peso: 42x18x40 cm; 17 kg.
da AUDIOreview n. 83 maggio 1989
28 Dicembre 2015
Grazie di aver reso disponibile online questa prova che a suo tempo lessi sulla rivista. Questo finale l’ho comprato allora e ancora accompagna i miei ascolti pilotando una coppia di Kef 107 prima serie. Anche queste furono da voi provate nello stesso periodo.