Prove d’ascolto
Nella valutazione di un prodotto audio ci sono molti aspetti da tenere in considerazione: design, originalità del progetto, qualità dei materiali e della costruzione, versatilità, praticità d’uso, affidabilità, prestazioni, prezzo, … ma quello che più conta è soprattutto la capacità di generare emozioni e piacere d’ascolto, che è poi l’unico vero fine per cui tali prodotti esistono e con essi l’intera industria del settore. I test di ascolto costituiscono di conseguenza un passaggio indispensabile nella scelta di qualsiasi prodotto audio.
Per questo, con riferimento alle tecniche di correzione digitale dell’acustica degli ambienti, abbiamo deciso di pubblicare subito, su AUDIOreview n.365, le valutazioni d’ascolto emerse dalle esperienze effettuate direttamente nella nostra sala prove, anteponendole alla descrizione dei relativi dispositivi e software, cui invece dedicheremo tutto lo spazio necessario nei prossimi numeri della rivista.
Stante la soggettività delle sensazioni uditive, abbiamo ampliato la casistica coinvolgendo diversi redattori, in particolare Marco Cicogna, Marco Meta e Mario Richard.
I risultati, come leggerete nell’apposito servizio (pagine 32-37), sono stati decisamente intriganti. Il prossimo mese (a proposito, AUDIOreview uscirà anche ad agosto!) pubblicheremo invece note sull’uso pratico dei software (anche gratuiti) e dei dispositivi necessari, affinché i lettori possano cominciare a sperimentarne la funzionalità nel proprio ambiente d’ascolto. Alla luce delle tecnologie attualmente disponibili, l’antico tema della “digital room correction” si rivela oggi più che mai meritevole di attenzione ed alla portata dei più.
Dicevamo della soggettività delle valutazioni e sensazioni di ascolto, un tema che questo mese emerge tanto da spingermi a dedicargli l’editoriale. La spinta più forte mi viene dalla lettura della prova d’ascolto redatta dallo stimatissimo (da me e non solo) Gian Piero Matarazzo, relativa ai diffusori Kef Blade 2. Si tratta di un sistema di altoparlanti che non esito a definire di riferimento, come indicato in copertina, e che mi ha letteralmente entusiasmato in tutte le occasioni che ho avuto modo di sentirlo suonare, nelle diverse settimane in cui i diffusori sono stati ospiti permanenti nella sala prove della nostra redazione. Più volte, infatti, mi sono soffermato a godere della loro eccellente musicalità, ed ho anche organizzato un weekend di ascolti con i brani selezionati da Marco Cicogna per le sue recenti dimostrazioni a Roma e a Monaco di Baviera, per permettere a vari redattori di condividere questa esperienza. Infatti, alla pregevole coerenza timbrica e ricchezza di dettaglio dell’unità coassiale UniQ, già apprezzata nelle prove dei diffusori Kef R 300 e LS 50 che ne adottano di simili (vedi AR n.364 e n.334) si aggiunge una gamma bassa potente e ben estesa alle note più profonde, tanto da “cogliere il fraseggio della pedaliera d’organo nella conclusione in pianissimo sui registri profondi del Corale di Franck dal CD Telarc con lo strumento di St. John the Divine a New York” (per dirla con le parole di Marco Cicogna). Ma quello che più mi piace delle Blade 2 è l’eccellente focalizzazione della scena sonora, perfettamente stabile nella parte centrale, come se ci fosse un altoparlante reale tra i due diffusori, mentre è solo la ricostruzione virtuale del nostro sistema uditivo. La focalizzazione degli strumenti e delle voci al centro della scena è superiore ad ogni altro diffusore che ricordo di aver ascoltato. Non meno superlativa è la possibilità di raggiungere livelli di ascolto entusiasmanti, con eccellente controllo della gamma bassa fino alle frequenze estreme, e degli acuti, sempre gradevoli anche ai più alti volumi. Sono quindi rimasto basito quando ho letto nella prova d’ascolto del nostro GPM, delle valutazioni sostanzialmente negative proprio in relazione ad alcuni di questi aspetti da me fortemente apprezzati.
L’indubitabile capacità ed esperienza di Gian Piero Matarazzo mi ha spinto a riflettere sulla soggettività delle valutazioni d’ascolto. Per il vero c’è anche un altro redattore, Antonio Scappaticci, che si è dichiarato non del tutto soddisfatto della ricostruzione scenica e della resa in gamma media dei Blade 2, mentre tutti gli altri già citati (ma anche Fabrizio Montanucci ed Andrea Allegri) ne hanno ampiamente elogiato i pregi e se ne sono deliziati a lungo.
Leggendo con attenzione le valutazioni di GPM, anche lui riferisce di una scena sonora estremamente stabile “che non si sposta dal centro dello stage neppure a cannonate” e una gamma bassa molto presente e profonda; la differenza sta nel gradimento o meno di questi aspetti, che a me piacciono tantissimo (così come a Cicogna e a Montanucci, che hanno come riferimento un’assidua frequenza ai concerti) mentre a lui sembrano “una sorta di errore prospettico” e “uno squilibrio timbrico…” (e le misure in ambiente gli danno ragione) “che condiziona l’intera seduta d’ascolto”.
Parliamo quindi di gusti personali, materia su cui è inutile accapigliarsi, ma è importante chiarirlo. Questo è il motivo per cui da sempre AUDIOreview dedica grande spazio alle misure di laboratorio, per avere dati oggettivi e ripetibili su cui tessere le nostre valutazioni. E questo è anche il motivo per cui le recensioni degli apparecchi più interessanti e discutibili sono corredate dalle prove d’ascolto di più redattori.
Non dimentichiamo che la valutazione d’ascolto più importante è sempre quella che ciascuno fa con le proprie orecchie, ma le indicazioni di esperti ascoltatori come i nostri “critici audio”, possono certamente essere d’aiuto per selezionare quei prodotti che, come il sistema Kef Blade 2 e l’amplificatore Mark Levinson N° 585, meritano di essere ascoltati.
Buona lettura, buona musica e… buone vacanze.
Mauro Neri
ATTENZIONE: AUDIOreview ESCE ANCHE AD AGOSTO.
Chi va in vacanza in posti “irraggiungibili” può sempre chiedere al proprio edicolante di fiducia di mettere da parte la propria copia della rivista.
Finalmente!
È molto rassicurante che diversi recensori la pensino differentemente su un prodotto e lo si scriva senza censure.
Sono un musicista (pianoforte e chitarra classica) e purtroppo, più o meno dagli anni 80 in poi, ho constatato una progressive decadenza qualitativa sulle doti timbriche e dinamiche dei componenti di alta fedeltà. La spiegazione che mi sono dato di questo triste (almeno per me) fenomeno è che oggi l’industria audio, a causa del notevole suo ridimensionamento a favore di altri settori dell’elettronica di consumo (computer, telefonini, tv etc), non usufruisce più di quegli ingegneri con la I maiuscola che molti anni addietro venivano formati in università che tenevano ancora in grande considerazione l’industria audio rappresentando essa ancora un grande business.
Gli ingegneri elettronici di oggi sono formati per ció che il mercato attuale richiede. Oggi, purtroppo, l’audio di qualità è un settore di nicchia, e nelle università credo non esistano più corsi di elettroacustica (e poi da quali professori sarebbero tenuti?) e inoltre la grande ricerca in questo campo credo che sia praticamente ridotta a zero.
Così le case audio esoteriche attuali si avvalgono spesso di “guru” le cui capacità reali, a vedere (e soprattutto sentire quello che progettano nonostante prezzi elevatissimi e ingiustificabili), sono tutte da dimostrare.
Perciò sono contento se nelle recensioni inizi a trasparire che alcuni prodotti non piacciono al recensore (come già detto, sono molti anni che non ascolto un prodotto che mi convinca seriamente dal punto di vista timbrico e dinamico). Almeno noi musicisti non penseremo più che tutti i recensori audio sono sordi o che, ancor peggio, le riviste audio siano vendute alle case costruttrici e importatori.
Cordiali saluti
Luigi Fedele