Marchio inglese tra i meglio accetti al pubblico più esigente, Pro Ac ha ormai oltrepassato la soglia del quarto di secolo di attività, traguardo che in un mondo dai cambiamenti molto rapidi come quello della riproduzione sonora ha dimostrato di essere tutt’altro che alla portata di tutti. Pro Ac è salito alla ribalta con il Tablette, tra i dominatori assoluti della sua classe, tanto da diventare fin quasi un sinonimo di minidiffusore. Una definizione ormai desueta, soprattutto per chi si è avvicinato di recente alla riproduzione audio di qualità elevata, ma che ha avuto un’importanza fondamentale nel suo rilancio avvenuto nel corso dei primi anni Ottanta.
Tra l’altro il Tablette è in assoluto uno tra i modelli di longevità maggiore, essendo tuttora in listino, sia pure nelle versioni Reference 8, Signature e 2000.
Per minidiffusore si intendeva un sistema di altoparlanti dalle dimensioni ridotte, fin quasi miniaturizzate, soprattutto in relazione agli standard dell’epoca, ma dalle caratteristiche tecniche e qualitative, per costruzione e doti sonore, molto superiori alla media.
Nel panorama attuale difficilmente può trovare posto l’idea stessa di minidiffusore, tutto centrato su una qualità di riproduzione eccellente, racchiusa all’interno di un cabinet ridotto fin quasi ai minimi termini ma dalla realizzazione oltremodo accurata. Oltre a non dare sufficientemente nell’occhio, elemento primario nell’attuale mentalità tendente a privilegiare l’apparenza trascurando tutto ciò che non è un mero elemento di facciata, neppure avrebbe senso in considerazione del tipo di musica che viene propinata oggi ai giovani, la quale, per doti creative e soprattutto per modalità di esecuzione e di produzione, rende del tutto obsoleta non solo l’esigenza, ma addirittura la concezione stessa di una riproduzione audio di qualità elevata, e quindi anche quella del minidiffusore, secondo l’accezione tradizionale del termine. Viceversa vanno diffondendosi quei diffusori piccolissimi, tutta plastica e dotati di altoparlanti da radiolina, che in abbinamento a pseudosubwoofer altrettanto funesti e posticci stanno invadendo i grandi magazzini dell’elettronica e anche le case di molti italiani. I quali, poveretti, sono convinti che la loro sonorità “zin zin bum bum” sia il massimo della qualità timbrica.
In un panorama del genere un’altra tra le tendenze dominanti è quella che riguarda lo spostamento delle linee di produzione nei paesi emergenti, anche da parte di quei marchi che tradizionalmente facevano del rigore tecnico e realizzativo e del continuo miglioramento delle prestazioni la propria bandiera. Un fenomeno, questo, particolarmente sensibile nella categoria dei sistemi di altoparlanti.
Va dato il giusto riconoscimento, allora, a quei pochissimi costruttori che ancor oggi si ostinano a contrapporsi all’andazzo fin qui descritto. I quali, guarda caso, stanno riscuotendo un successo considerevole, spesso e volentieri in proporzioni mai verificatesi in passato. Quasi sempre si tratta di quelli che mantengono sotto il proprio controllo anche le fasi relative all’assemblaggio del diffusore, come Pro Ac, che non a caso sta trovando negli ultimi tempi un seguito via via crescente, peraltro del tutto meritato.
Costruzione
La serie Studio comprende la gamma intermedia del listino Pro Ac. È costituita da cinque modelli, due da piedistallo, il 100 e il 110, e tre da pavimento, il 125, il 130 e il 140. Quest’ultimo, trovandosi in posizione di vertice, è caratterizzato da un mobile piuttosto imponente che può essere ottenuto con ben quattro finiture diverse: acero, ciliegio, frassino nero e mogano. Da notare che la finitura di tutti i modelli della serie Studio è effettuata con l’impiego di vera essenza naturale.

I woofer da 16 cm hanno un cestello in pressofuso dalla realizzazione esemplare. I magneti sono schermati.
Lo Studio 140 è un diffusore a due vie e mezzo, dall’altezza pari a circa un metro. Comunque il suo ingombro resta contenuto per via dell’impronta a terra ridotta. È appena superiore a quella del diffusore in pianta, stante la presenza di una base nella quale vanno a inserirsi i piedini in dotazione. Il loro impiego è obbligatorio, altrimenti verrebbe a mancare lo spazio necessario per il deflusso dell’aria attraverso il condotto di accordo, che fuoriesce proprio dal pannello di fondo.
Lo Studio 140 impiega un woofer e un woofer mid da 16 cm, dotati di membrana in polpa di cellulosa trattata, il movimento della quale è controllato da una cerniera in gomma butilica di cedevolezza elevata. L’equipaggio mobile è del tipo a corsa lunga, incrementando la quantità d’aria spostata durante la sua escursione. Il cestello è in materiale pressofuso, più rigido e dalla maggior precisione geometrica, soprattutto quando l’altoparlante è sottoposto allo sforzo energetico maggiore. Le razze sono sottilissime e conformate in modo da ridurre la resistenza offerta all’aria spostata dalla faccia posteriore della membrana. Sono collegate a una corona che fa anche le funzioni di supporto per il centratore, a sua volta esente da elementi di costrizione per il deflusso dell’aria causato dal suo movimento, evitando così qualunque forma di compressione dinamica. Il magnete, dalle proporzioni non eccezionalmente generose, è del tipo schermato.
Il tweeter a cupola morbida in tessuto trattato ha la membrana conformata in maniera tale da realizzare una sospensione atta a ridurre la resistenza meccanica al movimento alle oscillazioni della membrana. Prodotto dalla Vifa, dispone di un magnete di taglia intera, scelta sempre più rara anche tra i diffusori di un certo prezzo, per i quali si preferisce fare riferimento a più economici altoparlanti miniaturizzati con magnete al neodimio.
Anche la realizzazione del mobile è impeccabile, sia per quanto riguarda la parte ebanistica, ben curata e realizzata a partire da materie prime sceltissime, sia per quel che riguarda la coibentazione interna, altrettanto precisa e concernente l’intera superficie interna del diffusore, realizzata a partire da materassini di materiale assorbente di tipo sintetico. Anche il cablaggio non è lasciato al caso, con l’impiego di conduttori di qualità.

Il tweeter a cupola morbida impiega un magnete a taglia intera, scelta sempre più raraa tra gli altoparlanti utilizzati per sistemi di prezzo terreno.
Sul retro le due coppie di morsetti d’ingresso, atti al pilotaggio del sistema in bi-wiring, sono alloggiati all’interno della solita vaschetta. Questo è l’unico elemento criticabile, dato che lo spazio da essa lasciato a disposizione rende alquanto difficoltosa la connessione del diffusore, specialmente nell’impiego in bi-wiring di cavi e terminazioni di grande sezione.
Conclusioni
Diffusori dalla realizzazione accurata come i Pro Ac Studio 140 stanno diventando merce sempre più rara, soprattutto se commercializzati a prezzi non del tutto impossibili. La qualità degli altoparlanti impiegati, la costruzione impeccabile sotto ogni punto di vista e non ultime le doti sonore che rinnovano la migliore tradizione Pro Ac, fanno dei sistemi in esame una scelta indovinata per il pubblico esigente, e più in generale per chi pretende una contropartita adeguata alla propria spesa, qualcosa che con il passare del tempo diviene sempre più difficile da ottenere.
Claudio Checchi
L’ascolto
I motivi del successo dei diffusori Pro Ac presso il pubblico più esigente emergono con grande chiarezza nell’ascolto degli Studio 140.
La loro è una timbrica sana e naturale, poco, anzi per nulla, compiacente, con quelle cadute di tono cui un numero sempre più ampio di costruttori cede per fare in modo che i propri prodotti colpiscano all’istante l’ascoltatore meno avvertito nelle rapide commutazioni tipiche dei confronti in negozio. In condizioni del genere, dunque, è probabile che i diffusori in esame non suscitino un’impressione particolarmente positiva. Ma se si ha la pazienza di lasciarli suonare in santa pace per dieci minuti filati, e poi si prova a commutare su altri esemplari che in precedenza sembravano i preferiti, si avrà la sensazione che questi ultimi siano caratterizzati da difetti timbrici tanto marchiani da renderli fin quasi inascoltabili, quanto meno se si ha quel minimo di esperienza per capire la differenza tra un diffusore tendente a una sonorità equilibrata e neutrale, e uno caricato in maniera artificiale. Anche se la sonorità di quest’ultimo può sembrare al primo istante di maggiore impatto, a una verifica più approfondita non può nascondere i problemi derivanti proprio da tali caratteristiche. La gamma centrale pulita e lineare, il basso dal buon impatto ma rigoroso e controllato, le frequenze superiori estese ed esenti dalla tendenza nefasta a salire sopra le righe, sono le doti principali degli Studio 140 a livello timbrico. Dotati di un’ottima capacità di analisi, nonché in grado di restituire un fronte sonoro ampio e dalla valida tridimensionalità, sono caratterizzati inoltre da una sensibilità piuttosto elevata, che assieme alla tenuta in potenza senza rimpianti ne fa diffusori in grado di produrre pressioni sonore di rilievo ma anche facili da pilotare. Più si prosegue con il loro ascolto e più si resta convinti dalla loro sonorità, che rappresenta visibilmente il frutto di un’esperienza di decenni, spesi nella ricerca di prerogative musicali via via più raffinate.
Siamo di fronte insomma a un diffusore come se ne fabbricano ormai pochi, e sotto ogni punto di vista, motivo in più per valutarlo con la massima attenzione: dopodiché sarà fin quasi giocoforza pensare al suo acquisto, del quale sarà molto improbabile pentirsi, quantomeno se è di un diffusore dalla sonorità impeccabile quello di cui si è alla ricerca.
C.C.
Le misure
Una delle caratteristiche dei diffusori Pro Ac è costituita dalla risposta regolare ed in leggera discesa, passando dalle mediobasse alle alte frequenze. Anche in questo, come su altri diffusori del costruttore, la sensibilità è medioalta, appena maggiore di 90 decibel. Il conforto della misura a terzi di ottava in ambiente ci mostra una buona regolarità della gamma media e medioalta, con la gamma altissima esente da qualunque irregolarità a cavallo degli 8-10 kHz, irregolarità sempre foriere di un suono leggermente duro. Anche nella ripresa fuori asse notiamo come tutta la gamma alta sia regolare e priva di esitazioni. La risposta nel dominio del tempo mostra un primo decadimento estremamente veloce e poi un allungamento al mezzo millisecondo dovuto, con tutta probabilità, alle dimensioni del diffusore. Sulla curva del modulo dell’impedenza possiamo notare come la frequenza di accordo scelta sia molto bassa, tale da consentire una regolazione ottimale delle punte alla base del diffusore per ottenere lo smorzamento che ci conviene. La massima condizione di carico la troviamo a bassa frequenza, con modulo e fase che si “combinano” a circa 25 Hz e fanno vedere all’ampli un carico appena superiore ai tre ohm. La prima “prova di forza” sul banco delle misure dinamiche viene dalla rilevazione della distorsione per differenza di frequenze, che mai come in questo caso appare attraversata dal tratto iniziale della componente 3- poco distante dai 1000 Hz e poi più nulla, visto che le altre componenti stazionano ben al di sotto del livello di fondo. Alla verifica della distorsione armonica in regime dinamico la sostanza non cambia granché. A 90 decibel di pressione media notiamo come il valore medio di tutte le componenti sia basso. Da 90 Hz a salire infatti non si superano i –50 dB tranne a 500 ed a 7000 Hz in intervalli abbastanza contenuti. Le armoniche superiori sono ancora più basse, con la terza attestata quasi a –60 e le componenti superiori che spariscono alla base del grafico. Al livello di pressione media di 100 decibel notiamo un movimento verso l’alto soltanto alle frequenze mediobasse, mentre man mano che si continua a scendere osserviamo come le due armoniche dispari sopravanzano le due più musicali armoniche pari. Buona la verifica dell’alterazione dinamica, che mostra un leggero effetto di espansione soltato da 25 a 30 Hz e che per tutto il resto della misura rimane immobile sul livello di zero. La MIL, complice la seconda armonica dei due toni fondamentali, parte molto lentamente e sale fino alla massima potenza disponibile nelle vicinanze della frequenza di incrocio. Il piccolo buco a circa 8000 Hz è dovuto alla terza armonica dei due segnale che in quell’intervallo di frequenze appare leggermente più elevata che altrove. La curva di massima pressione indistorta, la MOL, sale velocemente oltre i 100 decibel ed a 125 Hz sfiora i 111 dB, per poi ridiscendere a 107 dB circa a 250 Hz. In linea con la MIL sale poi fino a 115 decibel medi in gamma alta.
G.P. Matarazzo
- Risposta in frequenza a 2,83 V/ 1 m
- Risposta in ambiente: Vin=2,83 V rumore rosa
- Distorsione dinamica per differenza di frequenze Eseguita a 100 dB
- Distorsione di 2a, 3a, 4a, 5a armonica ed alterazione dinamica a 90 dB spl
- Distorsione di 2a, 3a, 4a, 5a armonica e alterazione dinamica a 100 dB spl
- Modulo ed argomento dell’impedenza
- MIL – livello massimo di ingresso (per distorsione di intermodulazione totale non superiore al 5%)
- MOL – livello massimo di uscita (per distorsione di intermodulazione totale non superiore al 5%)
- Risposta nel tempo
Il filtro crossover
A forza di smontare filtri crossover, un tipo di “attività” che dura da una ventina d’anni, si finisce per accomunare alcune categorie di crossover in nomi e nomignoli strani. Si può parlare di filtri complicati per i crossover storici della KEF o quelli appena visti della Magnat o quelli della Chario, di filtri strani ma intelligenti come quelli dell’Aliante o, ancora, di filtri semplici, regolabili, da manuale o, ancora, geniali, come quelli del glorioso marchio americano DCM. I diffusori Pro Ac sono sempre stati caratterizzati da almeno tre peculiarità: massima attenzione all’andamento delle fasi relative, massima semplicità apparente e funzione di trasferimento del woofer di tipo particolare. Il tutto ovviamente è condito da una buona qualità della componentistica impiegata e da un supporto di circuito stampato esemplare. Come possiamo vedere nello schema elettrico del filtro, la linea di massa non è costituita dal negativo ma dal positivo, connesso direttamente dall’ingresso all’uscita. Ora, dal punto di vista elettrico non cambia nulla, ma da molte parti si ammette che questa configurazione sia meno sensibile alle variazioni introdotte dal cavo di potenza. Personalmente non ho prove né strumentali né di ascolto. Mi attengo però ad una considerazione: questo tipo di collegamento col positivo a massa (per il segnale) viene adottato anche per le connessioni telefoniche e per la trasmissione via cavo per le tratte lunghissime.
Come possiamo vedere in Figura 1, si tratta di uno schema all’apparenza semplicissimo, con un passa-basso del secondo ordine elettrico per il woofer ed un passa alto dello stesso ordine elettrico con l’aggiunta di un resistore di attenuazione sul tweeter. La rigorosa eguaglianza di fase elettrica nei collegamenti ci suggerisce come al solito di guardare oltre, fino alla risposta acustica dei trasduttori. Dalla Figura 2 possiamo verificare che la risposta acustica del tweeter supera i 24 decibel per ottava, mentre il woofer presenta un andamento decrescente al ritmo di 12 decibel ad ogni raddoppio della frequenza. La misura eseguita sui singoli altoparlanti filtrati sovrapposti alla loro somma mette in evidenza alcune piccole caratteristiche, che vi invito a non sottovalutare. Intanto occorre dire che in tutta la zona interessata dall’incrocio la fase relativa va da 48 a 40 gradi, con un andamento abbastanza costante. L’andamento della risposta del tweeter tra i 1000 ed i 3000 Hz non è assimilabile ad alcun tipo di risposta-tipo a causa dei limitati effetti della diffrazione dei bordi. Il tweeter infatti non è fissato al centro del cabinet, ma leggermente disassato, proprio perché con i bordi non smussati questa rappresenta la scelta più ragionevole e per altro caratteristica dei diffusori Pro Ac. Non esiste una distanza tipica per questo disassamento, ma basta verificare, con le misure o con un software che consenta questa simulazione, che per un intervallo ragionevole di distanza dai centri acustici gli effetti della diffrazione siano i più contenuti possibile. Bene, nonostante l’avvallamento a 2500 Hz, tre decibel più in basso dell’andamento teorico, possiamo vedere che la somma di woofer e tweeter porta ad un avvallamento di 1,5 decibel alla stessa frequenza. La limitata pendenza del woofer e/o la bassa frequenza di taglio del tweeter produce anche un rigonfiamento a 1800 Hz, che potrebbe essere facilmente eliminato con un ritocco tutto sommato banale. Peccato però che la prestazione sonora globale del diffusore dipenda in parte dalla risposta in asse ed in parte dall’andamento fuori asse, che poi ci viene re-indirizzato dalle pareti laterali. Nella misura fuori asse, non pubblicata per motivi di spazio ma ovviamente eseguita per verifica, l’esaltazione a 1800 Hz è totalmente sparita, e peraltro non ne troviamo traccia nemmeno nella risposta in ambiente col rumore rosa.
A proposito dell’andamento della gamma altissima occorre rilevare come non appaia la minima esitazione a cavallo dei 10.000 Hz e ciò nella mia esperienza di ascolto sta ad indicare che non ci sarà accenno di durezza in gamma altissima, almeno finché la distorsione dispari si mantiene bassa. Va notato, in ultimo, il rapporto tra induttanza e condensatore nella cella passa-basso, nettamente a vantaggio dell’induttanza. Ciò implica un andamento a due pendenze, una molto dolce dalle basse frequenze fino alla frequenza di taglio ed una molto maggiore in gamma media. In questo modo si avvantaggia leggermente la gamma mediobassa, che risulta leggermente esaltata rispetto alla gamma media, in linea col classico andamento Pro Ac. Semplice, ma “sottile”.
G.P. Matarazzo
Il prezzo non è stato citato…
Comunque, conoscendo ProAc, non sarà certo un prodotto venduto a “basso costo” e in virtù di questa considerazione, mi sia consentito manifestare un po’ di delusione verso questo prodotto che, con tutto il rispetto per il grande Gian Piero Matarazzo, appare un po’ sottotono. Mi riferisco, in particolare, alla scelta della vaschetta porta terminali di chiara costruzione economica e facilmente reperibile in commercio (ma questo potrebbe addirittura essere considerato come un vantaggio in caso di rottura) e, soprattutto, al filtro cross-over che appare costruito con componenti economici, oltre ad essere parecchio lontano in termini di ingegnerizzazione ai criteri di progetto che, da sempre, caratterizzano questo marchio.