Giunge inopinatamente al terzo capitolo la trilogia dedicata agli amplificatori integrati di media potenza e velleità audiophile, nata ed estemporaneamente cresciuta all’interno del contenitore di AUDIOclub. Al momento, non siamo in grado di preconizzare se il serial si arricchirà d’ulteriori episodi. Nondimeno la seppur breve rassegna, scandita in rapida successione, d’esemplari rappresentativi di segmenti economici diversi, all’interno della medesima categoria merceologica, fornisce, a nostro giudizio, una significativa istantanea della vitalità e del grado di maturazione raggiunto da un comparto che il mercato, e le tendenze tecnologiche in atto, si apprestano a soppiantare in favore dell’amplificazione multicanale. Se il passaggio di mano tra il formato stereofonico e quello pluricanale appare oggettivamente inarrestabile e, ad ogni modo, eticamente corretto alla
luce della superiorità concettuale delle nuove tecnologie, sembra perlomeno semplicistica e superficiale, quando non sospetta, la sbrigativa liquidazione d’uno standard ormai in grado di esprimere il suo massimo potenziale pressoché in ogni fascia economica.

Il design, chiaramente ispirato ai dettami della scuola scandinava, del Primare AIO lascia trapelare la sua raffinatezza già all'approccio visuale.

Il design, chiaramente ispirato ai dettami della scuola scandinava, del Primare A10 lascia trapelare la sua raffinatezza già all’approccio visuale.

A beneficio tanto del pubblico di più stretta osservanza dell’ortodossia, soprattutto quando all’insopprimibile urgenza di qualità non si coniughi un’ampia disponibilità di risorse, quanto della platea neofita, al di là del dovere di cronaca, ci sembra pertanto opportuno, e doveroso, adoperarci per un’informazione che non trascuri realtà capaci di dispensare il piacere dell’autentica alta fedeltà presso amplissime fasce d’utenza.

Protagonista della notizia è stavolta la svedese Primare. Un raffinato costruttore, che a sensibilità musicale e padronanza tecnica accompagna gli eleganti tocchi del design di scuola scandinava. Ad oggi il catalogo, ancorché non sterminato, annovera un discreto assortimento di apparecchi che ecletticamente spazia dall’hi-fi all’home-theater, dai diffusori al DVD player, dalle macchine d’elite a quelle di relativamente ampia accessibilità. L’integrato AIO rappresenta, per l’appunto, il capostipite della neonata serie “10”, ossia il segmento base della gamma Primare, quella che pur  rispettando pienamente i principi essenziali della filosofia progettuale e delle tecnologie adottate nei modelli di vertice, si sforza di contenerne i costi fino ad entrare in diretta concorrenza con le omologhe realizzazioni del l’affollato comparto medio.

Al solo esame visivo, formale, tattile, a giudicare dalla sola valutazione superficiale, estranea alla funzione prioritaria di riproduzione musicale, l’operazione pare effettivamente molto ben riuscita. Il box snello, le forme pulite, la finitura impeccabile, la monoliticità dell’insieme, enfatizzata peraltro da un peso apparentemente sproporzionato rispetto alla modestia degli ingombri, suscitano sensazioni assolutamente decorrelate con l’ipotesi di risparmio da cui prende le mosse il progetto. Il baricentro estetico dell’A10 s’identifica nella manopola del volume, di foggia cilindrica con corona
incassata a filo pannello, in ottemperanza al leitmotiv della casa, squisitamente tornita dal pieno del metallo, il cui sfavillio spicca sullo sfondo notturno del frontale. Quest’ultimo, realizzato con una lastra d’alluminio spazzolato, incorpora, a sinistra, il piccolo display dove vengono visualizzati il volume – con un numero a due cifre compreso tra 0 e 79 – e l’ingresso attivo, e, subito al disotto, un quartetto di piccoli tasti per la selezione delle sorgenti, mentre, sul lato opposto, va rilevata la presenza del solo pulsante di “stand-by”. L’interruttore generale è collocato addirittura nella parte inferiore del telaio, a ribadirne la presupposta sporadicità d’utilizzo, giacché il costruttore raccomanda la perenne alimentazione degli stadi audio, così da garantirne il costante mantenimento delle condizioni d’esercizio. Il telecomando in dotazione, oltre a replicare tutte le funzioni accessibili da bordo macchina, consente anche l’esclusione del display ed il controllo di un sintonizzatore e di un giraCD di produzione Primare.

La panoramica sul pannello posteriore lascia trapelare ulteriori indizi che depongono a favore della riposta flessibilità dell’A10, in grado d’interfacciarsi con sei sorgenti ad alto livello, di essere utilizzato come finale di potenza attraverso l’apposito ingresso – comunque escludibile mediante il piccolo switch collocato nelle vicinanze -, ovvero come preamplificatore adoperando l’opportuna uscita linea. La rimozione dello spesso carter in lamiera, di
straordinaria pesantezza – certamente funzionale alla solidità meccanica dell’insieme -, che funge da coltre per la circuiteria, innalza ulteriormente le
quotazioni di una piccola macchina che si dimostra prodiga di sorprese. In effetti, il lavoro d’ingegnerizzazione del layout sembra svolto con profusione di raziocinio e padronanza delle più attuali tecniche produttive. Tutti i circuiti, dalle alimentazioni, agli stadi di linea e potenza, fino alle protezioni, si concentrano su una singola scheda, peraltro di dimensioni contenute, fitta di componentistica a montaggio superficiale, alloggiata a ridosso dei terminali di I/O, mentre, quanto attiene alla gestione del display, dei comandi, del codificatore rotativo che rifa il verso al tradizionale potenziometro del volume, viene opportunamente confinato lontano dagli stadi audio, in un vano compreso tra il frontale ed un contropannello facente parte integrante dello chàssis principale. Tutto il resto è ampio spazio vuoto, dove poter sistemare, in posizione strategica per minimizzare indesiderati
effetti disturbanti, il grosso toroidale da ben 215 VA, sicuramente in grado di elargire ben più dei 50 W/ch prudentemente dichiarati. Altri spunti d’interesse derivano dall’assenza di qualunque forma di commutazione elettromeccanica, dacché una manciata di multiplexer/demultiplexer
a stato solido si occupa del corretto smistamento dei segnali, e dall’adozione d’un attenuatore integrato – si tratta di National Semiconductor LM1972 -, controllato digitalmente, sulla cui bontà delle caratteristiche elettriche ci conforta la lettura dei data sheet del fabbricante. Apparentemente più classiche le soluzioni adottate in tema di trattamento del segnale audio, con preamplificazione di linea implementata attraverso operazionali ad alte prestazioni, specifici per applicazioni audio, OPA2134 di Burr Brown, e stadi di potenza a componenti discreti, con BJT finali, accoppiati in DC
con classico servo integratore per l’azzeramento dell’offset.

la costruzione evidenzia un sostanzioso sforzo d'ingegnerizzazione nonché il ricorso a processi produttivi d'avanguardia.

La costruzione evidenzia un sostanzioso sforzo d’ingegnerizzazione nonché il ricorso a processi produttivi d’avanguardia.

Sul lavoro di tutti i giorni l’AlO svolazza leggero ed austero, disinvolto ed autorevole, conciliando le espressioni del piacere con quelle del rigore. La verve, la fragranza dell’ensemble cameristico diretto da Agostino Orizio nel sempiterno riferimento costituito dall’AUDIORECORD n. 5, esemplificano efficacemente il valore del “compromesso” raggiunto, allorquando se ne valuti ed apprezzi anche la sostanziale esemplarità degli aspetti timbrici.

Poco appariscente nella forma compiuta, l’esecuzione Primare fa, però, affidamento sulla sottile, composta estroversione dell’alta frequenza per imporre un’impronta stilistica seria ma nient’affatto anonima. Una tessitura armonica leggera, un disegno arioso, una struttura fondamentalmente meticolosa ma tutt’altro che logorroica nella fase descrittiva, ricompongono la partitura per archi. L’esito è quello d’un archeggio vivido, svettante, agile ed accurato nel gioco delle modulazioni, nondimeno secco, asciutto, per niente indulgente nel dispensare morbidezze e sofismi. C’è sufficiente dettaglio narrativo, c’è volontà d’analisi intima, ciononostante par di ravvisare quel distacco che fa del racconto una cronaca pressoché perfetta. Il fronte, appena arre-trato rispetto a quanto viene abitualmente riproposto da altri mediatori tecnologici, sembra confortare quell’impressione di serena  imperturbabilità, buona per tutte le stagioni e per tutti i gusti, garante d’una traduzione comunque plausibile quale che ne sia il tema. Prendendo, ad
esempio, quello proposto dal “Ludus Danielis” – AUDIOrecord n. 2 -, la consueta messe di dati ambientali e, in particolare, l’evoluzione della dinamica scenica, vengono risolte in scioltezza, con la complicità d’uno spazio virtuale senz’altro ben sviluppato in tutte le direzioni, ma, soprattutto, in virtù
d’una figurazione d’insieme più attenta alla vero simiglianza globale che all’iperrealismo.

Il registro mediano, perentorio, preciso, quasi didascalico, pur non distaccandosi dall’intonazione di fondo, riconsegna contributi vocali tutt’altro che sviliti del pathos e del l’enfasi drammatica che pregna l’opera. Impressiona favorevolmente, nella circostanza, il potere selettivo della fascia centrale, laddove si delinea netta la distinzione tra la massa corale e gli interventi dei protagonisti. Di fatto, i frangenti timbrico-dinamici più ostici si dipanano senza mutue sovrapposizioni disturbanti, chiari nell’esposizione, netti, mondati da sensibili sbavature confusionali fino a livelli oltremodo sostenuti per le forze messe in campo dall’elettronica svedese.

Solo un lieve, probabilmente irrazionale, sentore d’asetticità sfiora la nostra sfera percettiva, allorché riflettiamo su quanto ascoltato e, soprattutto, non appena il sassofono tenore di John Coltrane irrompe nella continuità della nostra costruzione critica. L’incisione è un classico dei classici come “A Love Supreme” – Impulse! -, nella versione restaurata e rimasterizzata a 20 bit con la tecnica del Super Bit Mapping. Quel soffio potente e lirico che si  materializza sulla sinistra del campo frontale, nella sua lucentezza ragionata, nel suo quasi scientifico delinearsi e prodursi, scatena un microconflitto tra raziocinio e anelito alla suggestione. L’apparente esattezza “strumentale” dell’emissione condiziona la sensibilità, o, meglio, ne sintonizza i parametri sugli aspetti più propriamente connessi con l’ambito tecnico-formale della rappresentazione discostandoli, al tempo stesso, dalla fase di pura assimilazione dei contenuti emozionali. Si tratta, naturalmente, di una posizione peculiare, di un approccio alla tecnica ed alla valutazione dell’ascolto né migliore né peggiore di qualunque altro, ma che, ovviamente, nella sua essenza troverà maggiore o minor consenso. Certamente riscuoterà l’approvazione di quanti non intendono lasciarsi sfuggire nemmeno un briciolo del sofisticato drumming di Elvin Jones, e del prezioso tappeto ritmico ordito assieme al basso di Jimmy Garrison, perfettamente decodificabili al di sotto della lucida meditazione Coltraniana al tenore.

Dal canto nostro riteniamo che solo un ulteriore filo di tepore, una più marcata smussatura della media e dell’alta frequenza avrebbero realmente dischiuso al Primare le porte del Nirvana dell’amplificazione integrata.

Ritroviamo la voce di Mary J. Blige, una delle nuove primedonne del soul e dell’R’n’B, qui con “Mary”, sua ultima fatica per la MCA, duttile ed  autorevole, vagamente, ma ce lo aspettavamo, meno flessuosa del consueto, tuttavia vieppiù intelligibile e conclusa nell’atto fonetico.

Sul retro le terminazioni per la connessione di sei sorgenti ad alto livello, per il pilotaggio della sola sezione finale e per l'utilizzo di quella pre.

Sul retro le terminazioni per la connessione di sei sorgenti ad alto livello, per il pilotaggio della sola sezione finale e per l’utilizzo di quella pre.

Il semplificare la lettura di qualsivoglia evento emissivo sembra realisticamente il tema ricorrente, nonché la missione primaria, di questa macchina, così inappuntabile anche durante alcuni complessi duetti che vedono Mary J. protagonista assieme a George Michael, K-Ci Hailey e la vecchia, immensa regina Aretha Franklin. Puntualmente, ogni volta, ed in particolare nell’ultimo caso, laddove maestra e discepola si confrontano e la musica dell’anima si carica di virtuosismo e passione incontenibili, la separazione dei timbri non è mai in discussione, così come il loro distacco dalla base strumentale. Il medio-basso lento ed imponente, il groove ipertrofico che sovente contraddistingue quest’ultima, ripuliti ed asciugati da quel filo di “grasso” che ne appesantisce le movenze, cadenzano in agilità l’incedere delle tracce con una pulsazione compatta, composta, tutt’altro che invasiva, priva della stoccata mortale, ma affatto rispettosa dei contenuti armonici della cornice melodica.

Vieppiù evidenti le prerogative dell’A10 con il soulblues tenebroso, introspettivo, di Meshell Ndegéocello. Le tracce di “Bitter” – Maverick -, scorrono
lente, quasi dilatate attraverso il setaccio fine della macchina svedese. Ogni cosa sembra trovare la sua posizione: la voce profonda ed intensa di Me
shell, gli accompagnamenti scarni, resi finanche più nervosi dalla naturale reattività del Primare, le battute lente, cavernose, d’una ritmica che ora appare appena alleggerita ma di coesione pressoché inattaccabile. Alla vena appena effervescente della gamma superiore spetta il ruolo d’elemento vivacizzante all’interno d’un quadro puntiglioso, esteticamente concluso nell’equilibrio delle forme, agevolmente fruibile per apertura e linearità concettuale dell’esposizione.

Una macchina, questa di Primare, che, pur segnandone l’esordio in un territorio finora inesplorato, quello del segmento medio-economico, non ne svende convincimenti e cliché distintivi, né, tantomeno, l’indubbia classe che da lungo tempo abbiamo imparato a riconoscergli.

Un oggetto, in definitiva, che sintetizza con efficacia il tradizionale concetto d’alta fedeltà attraverso soluzioni che, per converso, sono patrimonio delle più recenti realizzazioni d’ispirazione multimediale, assumendo, al di là dell’indubbia qualità, un valore finanche simbolico d’un compromesso culturale tra “antica” e nuova tecnologia della fruizione. Un compromesso invero ben riuscito, illuminato, pragmatico, sgombro da preclusioni. In altre parole: “scandinavo”.

Alessandro Casalini

da AUDIOreview n. 201 aprile 2000


  • Amplificatore integrato Primare A10
  • Prezzo: L. 1.750.000
  • Distributore per l’Italia: Audiogamma Via Pietro Calvi 16 – 201 29 Milano. Tei. 02 55181610

LA CATENA DI ASCOLTO

L’amplificatore integrato AIO è stato provato in un impianto composto da:

  • Giradischi digitale: Pioneer PD 9300
  • Convertitore D/A: Lector Digicode
  • Diffusori: Sonus Faber Electa Amator
  • Cavi di segnale: Lector, Audioquest, Monster Cable
  • Cavi di potenza: Monrio, Monitor PC
  • Accessori: piedistalli Foundation, Q-Dampers ART