Elogio della testina
La testina fono è il cuore del sistema di riproduzione fonografico
La testina è il cuore del sistema di riproduzione fonografico, il componente più importante, quello che ha la maggiore responsabilità sul risultato finale. Per carità, non è che gli altri componenti siano meno importanti: senza sinergia non si va da nessuna parte e non dimentichiamoci la regola vecchia ma sempre valida dell’anello più debole che determina il livello qualitativo del risultato finale; si deve però fare una distinzione: componenti come il braccio o il giradischi non sono sul percorso del segnale, hanno certamente la loro importanza, accidenti se ce l’hanno, ma, come dire, il loro apporto è tipicamente in negativo; visto che viviamo in un mondo imperfetto, la loro inevitabile imperfezione va a interferire col lavoro della testina: maggiore è la qualità di braccio e giradischi, e minore sarà il loro apporto al suono.
Un generatore elettromeccanico
La testina è un generatore elettromeccanico: un diamante conico o ellittico ancorato su un minuscolo albero imperniato (cantilever) su una sospensione segue le modulazioni del solco di un disco, generando un segnale elettrico. Questo avviene perché al cantilever è ancorato un magnete (nelle testine MM: magnete mobile) che con i suoi movimenti eccita delle bobine fissate al corpo della testina, oppure una coppia di bobine (nelle testine fono MC: Moving Coil, bobina mobile) e dei magneti fissati al corpo.
Roba da far rabbrividire i supertecnici: possibile che un sistema così primitivo sia ancora il non plus ultra? Per carità, personalmente ancora mi stupisco persino che un unico diamante riesca a rilevare separatamente i segnali dei due canali stereofonici, come dar torto ai supertecnici? Ma alla fin fine contano i fatti, e se è vero com’è vero che l’ultima volta che ho partecipato a un confronto digitale vs. analogico una testina da 150 € ha distrutto un lettore CD da 15mila – e non lo dico io, l’hanno detto all’unanimità una ventina di ascoltatori – possiamo solo pragmaticamente prenderne atto; al limite possiamo salvarci in corner con una battuta: “non è certo colpa dell’analogico se il digitale suona peggio!”; diciamo pure che personalmente sono tornato all’analogico per disperazione, sarei felicissimo se il digitale suonasse meglio, vuoi mettere la comodità?
Difetti e usura: problemi (quasi) inaccettabili
In tutto questo la testina ha pure dei difetti prossimi all’inaccettabile, ne basti uno: si consuma! E con che faccia vado a spendere fior di quattrini per un oggettino minuscolo che dopo un migliaio di ore, duemila al massimo, sarà consumato? Magra consolazione sapere che – tipicamente con una spesa del 50% del prodotto nuovo – sarà possibile cambiare lo stilo (diamante più cantilever) acquistando il ricambio, per quasi tutte le testine fono MM, o rimandando la testina in fabbrica per le MC e alcune MM particolarmente evolute (alcune ditte usano l’intelligente politica della sostituzione della testina usurata con una nuova, evitandoci almeno i tempi di attesa per la rigenerazione); sempre un prodotto consumabile è.
La spinta psicologica del digitale e la maturità dell’analogico
Siamo forse al punto, alla spinta psicologica che trent’anni fa ci faceva anelare l’arrivo del digitale, se vogliamo lo stesso discorso dell’usura dei vinili; per inciso, pochi si ricordano (meglio: ammettono di ricordare) che all’epoca facevamo una copia su cassetta dei dischi appena comprati e quasi sempre ascoltavamo il nastro per salvaguardare il vinile. Oggi sappiamo che anche il CD non è eterno e che anzi forse un vinile durerà di più; uno dei motivi che in tempo di digitale hanno portato l’analogico alla piena maturità è stata la generale presa di coscienza dell’importanza della testina: ai tempi dell’analogico le costose testine MC erano oggetti pressoché sconosciuti, utilizzati da pochi pazzi impallinati, e se andavi a vedere gli impianti di riferimento 9 volte su 10 ci trovavi la solita Shure V-15; per carità, un’eccellente testina MM, ma neanche paragonabile con quello che anche allora si poteva ottenere con una MC di gran classe.
Questioni di peso e cedevolezza
Per la verità la questione è molto più complessa: all’epoca infatti era molto in voga la scellerata credenza per cui un basso peso di lettura aiutasse a consumare meno i dischi, di conseguenza l’ancora più scellerata tendenza ad aumentare la cedevolezza della sospensione delle testine, a cui è direttamente legato il peso di lettura, e quindi la riduzione della massa equivalente dei bracci, con tutte le raccapriccianti conseguenze. Questa tendenza metteva fuori gioco le testine fono MC, che per le loro caratteristiche tecniche non possono essere leggere; solo in Giappone lo schieramento opposto era composto da più di qualche caso isolato.
È facile oggi dire che avevano ragione gli audiofili esoterici giapponesi, e constatare che i dischi si rovinano molto di più per il cattivo tracciamento che per il peso di lettura; è emblematico, semmai, che queste informazioni fossero disponibili anche all’epoca, bastava leggerle e verificarle pragmaticamente; colpa anche della stampa di settore, sia ben chiaro, in un’epoca in cui i componenti si misuravano e gli ascoltoni venivano derisi come visionari.
Il “Valzer delle testine” e l’edonismo dell’audiofilia
Oggi siamo forse in una situazione all’opposto, ci facciamo meno problemi per la deperibilità dei componenti e oggetti come la testina sono perfetti per titillare l’edonismo degli audiofili; una volta ho definito le testine come gioielli per uomini, e non necessariamente riferendomi ai corpi di pietra semipreziosa di alcune realizzazioni nipponiche come le Koetsu; da qui il passo al “Valzer delle testine”, ovvero alla collezione, è piuttosto breve.
Difatti uno degli aspetti più inconfessabili dell’audiofilia estrema è il gioco: tipicamente l’audiofilo moderno cambia, cambia in continuazione, sicuramente alla ricerca di ulteriori affinamenti, ma diciamolo: quando l’audiofilo raggiunge la stabilità, e non ha più desideri di upgrade e cambiamenti, cade in depressione. La dimostrazione indiretta di questa scomoda verità è il successo del cosiddetto tweaking: la messa a punto esasperata, gli accessori salvifici e costosissimi.
Sotto questo punto di vista, la danza delle testine, il possederne molte e alternarle a seconda del genere musicale e, perché no, dell’umore del momento, è l’apoteosi del tweaking. Una collezione anche importante di testine sta in un cassetto, se accettiamo di usare lo shell EIA possiamo cambiare personalità all’impianto in pochi secondi – altro che cambiar cavi! – e soprattutto giochiamo con componenti “veri”, anzi proprio col generatore del segnale, e con risultati in una certa misura prevedibili e ripetibili.
Marco Benedetti