Capitano nella vita anche i momenti bui.
Capita che a un certo punto molte delle cose su cui poggiavi le tue certezze, la tua fede, la tua etica, possano vacillare.
E ti chiedi il perché, una volta di più, del dolore, della malattia, del declino psicofisico di noi esseri viventi.
Ti accorgi che tutto passa, tutto, anche le persone.
Anche quelle più vicine. Tutte.
Forse non siamo così perfetti come si vuol far credere, forse c’è, invece, un mondo spirituale che deve prima incarnarsi e poi morire per fiorire.

Quello che so è che sto scrivendo questo numero della rivista accanto al tuo letto, mamma.
Perché mi basta, per sentirti ancora un po’ vicina, mandarti ancora baci che non puoi raccogliere.
Perché il lavoro distrae.
Perché dobbiamo essere noi stessi sempre, nel bene e nel male.
Perché il senso del dovere, perché la vita, perché la musica, perché l’amore…

Ecco, in un frangente così, mi arrogo il diritto di usare questo spazio per celebrare un grande dolore personale.
Che, però, alla luce di quello che mi è stato insegnato, deve tenere conto di un fatto clamoroso: sei esistita mamma, ed io con te, e questo miracolo, il miracolo dell’aver vissuto, ci deve comunque rallegrare e portarci a rendere grazie per aver avuto l’opportunità di esserci, di esserci conosciuti, di aver scoperto il mondo, la realtà, fatto esperienze, aver condiviso, trepidato, gioito, pianto insieme. E anche molto ascoltato, insieme, nelle mie continue, forse un po’ insensate, prove di prodotti audio.

Grazie per l’universo e la vita, grazie per te, grazie per l’immensità di questo dolore che descrive per difetto l’intensità di un rapporto.
Per il prima, per il durante e per il dopo.

E grazie a voi, a chi sa di cosa parlo e a chi se lo è sempre solo immaginato.

Nascere è stata una autentica sorpresa, un regalo ineguagliabile, un’opportunità grande.

Con te, per sempre.
Andrea Della Sala