Mark-Levinson-AR137-1«Trentotto ti vuole subito». Laura sussurra queste parole all’interfono con la stessa trepidazione con cui avrebbe potuto trasmettere un messaggio d’amore.

«Trentotto» è il capo, anzi Il Capo, onnipotente e imperscrutabile. Per tutti. Non per lei, che lo cura e lo vizia, ne conosce le abitudini, le manie, perfino le voglie improvvise. L’altro, è James, «Trentacinque». Detto Dick Tracy perché è uno dei Dirty Tricks, gli specialisti del lavoro duro e sporco. Quando le è di fronte, Laura avvampa tutta, come dieci an ni prima nel souk di Tangeri.

«Trentacinque» detesta le mezze calzette e le mezze misure. Adora il «Tignanello» di Antinori e le bionde.

Potrebbe essere il Mr. Hyde di «Trentotto». Se lui è solido e diretto, Il Capo è sottile, capace di finezze e distinguo pressoché infiniti. L’attività principale di  «Trentotto» è ascoltare senza che neppure un muscolo della sua faccia tradisca un pensiero, un sospetto, un’inquietudine.

Da una stanza vicina arrivava della musica. Satie, inconfondibile con quel suo profumo di Tour Eiffel. Quando «Trentacinque» aprì la porta, «Trentotto» alzò appena lo sguardo da un pacco di rapporti che formavano un’ordinata montagnola sulla sua scrivania disegnata da Frank Lloyd Wright.

Il pianoforte si sentiva ancora mentre il viso di «Trentotto» assomigliava sempre di più a quello di Mark Glazier, vice presidente della Madrigal. «Trentacinque» era
Lillo Raccah, distributore italiano di Mark Levinson. Non feci in tempo a rendermene conto che le «Gymnopédies» di Erik Satie offerte dalla mia radiosveglia furono tranciate di netto dal ritmo ossessivo della suoneria. Erano già le sette e cinque. La sera dedicata all’ascolto non era evidentemente trascorsa senza conseguenze per la stabilità di quella fragile zona della mente che sta sospesa tra conscio e inconscio.

Incubo o desiderio di riprendere dove il sonno mi aveva interrotto qualche ora prima? Più facile il secondo visto che al No. 38, al No. 35, ma anche al No. 31 e al No.
27.5, c’ero stato incollato tutta la sera ad ascoltare e riascoltare i miei pezzi preferiti.

Perché – stupite – ho avuto il privilegio raro di sperimentare con le mie orecchie non solo il nuovissimo preamplificatore No. 38 della Mark Levinson, ma un’intera catena di riproduzione digitale targata con questo marchio che Madrigal produce laggiù nel Connecticut, dove le case sono di legno e hanno la cassetta della posta piantata all’inizio del vialetto come nonna Papera.

II telecomando fornito in dotazione consente di attivare tutte le funzioni principali della macchina.

Il telecomando fornito in dotazione consente di attivare tutte le
funzioni principali della macchina.

La grande novità è il No. 38, una macchina da musica che il vostro umile recensore ebbe la possibilità di toccare e ascoltare in anteprima poco meno di un anno fa.

Già quella prima presa di contatto nella sala di ascolto della Madrigal a due passi dall’università di Yale mi aveva dato la sensazione di un oggetto destinato a diventare un «milestone», una pietra miliare nel percorso non sempre lineare della musica riprodotta.

Il No. 38, che anche nell’estetica e nella sigla segnala la «rottura» con la precedente serie 20, è infatti uno degli oggetti tecnologicamente più raffinati e innovativi che siano stati proposti agli hi-endisti di tutto il mondo da molto tempo a questa parte.

E se un’occhiata alla selva di controlli e connettori che affollano fronte e retro della scatola non basta a spiegare tutto quello che sa fare, una scorsa anche rapida alle 34 pagine del manuale sarà sufficiente a darvi una prima idea di quanto di verso possa essere il No. 38 da un puro e semplice preamplificatore.

Cominciamo dall’osservazione esterna, punto di partenza obbligato. Il colore nero, gli spigoli sfondati, i curiosi controlli che sembrano tanti bottoni bianchi e che richiamano il 30, il 31 e il 35, il visore luminoso di un bel colore rosso ci dicono che ci troviamo di fronte ad una macchina progettata secondo i canoni del nuovo design Mark Levinson. Madrigal ha da non molto creato un ufficio che si occupa esclusivamente dell’industriai design dei suoi prodotti. Obiettivo: maggiore  riconoscibilità, un pizzico di eleganza in più e, non ultima, una funzionalità attenta ai bisogni dell’utente finale medio.

 

Tre esempi di schermate dell'ampio e visibilissimo display a matrice di ìed del No. 38: (da sinistra verso destra) indicazione dell'ingresso selezionato e del livello d'uscita, dello stato del bilanciamento, della segnale inviato all'uscita «REC».

Tre esempi di schermate dell’ampio e visibilissimo display a matrice di led del No. 38: (da sinistra verso destra) indicazione dell’ingresso selezionato e del livello d’uscita, dello stato del bilanciamento, della segnale inviato all’uscita «REC».

he quest’ultimo scopo sia stato raggiunto è fuori discussione. Mi entusiasma meno l’aspetto della scatola, a metà tra hightech e mobile anni Trenta. Il No. 38, pur nell’indubbia complessità della macchina dovuta anche alla ricchezza delle opzioni, è accessibile nelle sue funzioni fondamentali cinque minuti dopo che è stato tirato fuori dalla scatola. Esattamente come i buoni, vecchi e rustici preamplificatori di un tempo. Eppure segna uno stacco netto con le abitudini e le tradizioni.

Che cosa c’è di così nuovo in questo No. 38? Fondamentalmente che tutte le funzioni della macchina sono controllate da un microprocessore che gli conferisce una
flessibilità senza rivali.

Gli ingressi, ad esempio, sono configurabili singolarmente in funzione della composizione del nostro impianto: con i pulsanti posti sul frontale è possibile assegnare ad ognuno un apparecchio, sulla base della nostra specifica catena di riproduzione. Potremo così avere due ingressi per CD, oppure per DAT, oppure per sintonizzatori. Quando uno specifico ingresso viene selezionato, anche attraverso il bellissimo telecomando in metallo, la funzione assegnatagli è visualizzata sul visore rosso che ha tre livelli di luminosità oppure può essere spento, salvo riaccendersi brevemente quando viene inviato un comando.

I connettori sbilanciati, bellissimi, vengono prodotti dalla stessa Madrigal e sono gli stessi utilizzati nelle ultime realizzazioni Mark Levinson.

I connettori sbilanciati, bellissimi, vengono prodotti dalla stessa Madrigal e sono gli stessi
utilizzati nelle ultime realizzazioni Mark Levinson.

Molto interessante (e per un recensore una specie di manna dal cielo) la possibilità di equilibrare il livello di ogni singola uscita, in modo da non avvertire le differenze di volume dovute alla sorgente o al tipo di connessione (ad esempio, i collegamenti bilanciati portano un segnale sei dB più alto di un cavo sbilanciato).

In condizioni normali ciò significa che, passando dal CD al DAT per esempio, non dovrete più correre al volume per regolarne il livello. Al di là del piccolo fastidio, ciò vi evita il rischio di sparare dentro i diffusori se passate da una sorgente bassa ad una alta. Se poi fate i recensori o siete maniaci dei confronti la vostra vita potrà cambiare come d’incanto perché potrete fare istantaneamente il confronto tra apparecchi collegati ad ingressi differenti senza dover ogni volta cambiare il settaggio del volume.

Se lo desiderate potete anche determinare il livello standard di ciascuna uscita. In questo modo, ogni volta che userete una determinata sorgente il volume si posizionerà automaticamente sul livello preferito.

Per ogni ingresso è possibile inoltre determinare il bilanciamento indipendente dei canali. In incrementi di 0,1 dB. Avete letto bene: un decimo di decibel.

Il controllo del volume del No. 38 è una raffinatissima opera di ingegneria che consente all’audiofilo la regolazione del livello musicale con una precisione ed una
linearità mai prima sperimentate. A partire dal livello 39 (che corrisponde ad un guadagno di -34 dB essendo lo zero collocato a -72,1 dB e il massimo a +18,9) il volume varia infatti a passi di 0,1 dB e ciò vi da una sensazione di controllo sul vostro impianto così totale che forse per la prima volta riuscite ad avere la percezione esatta delle sue reali possibilità.

Non ci vuole molta immaginazione per capirlo se pensate che tra -34 e +19 dB avete ben 530 «scalini» da salire o scendere a vostro piacimento. Ci sono pre anche  costosi che ne hanno 25, alcuni arrivano a cinquanta.

Siamo sempre ad almeno dieci ordini di grandezza troppo lontani.

L’ho già sicuramente scritto molte volte, di certo lo ripeto ogni volta che ne ho l’occasione, ma il vero segreto di un buon presta tutto nel suo potenziometro. Poter regolare il livello sonoro con precisione significa avere il controllo sull’interazione tra il vostro impianto e l’ambiente in cui si trova. Un buon controllo di volume vale almeno quanto un set di sistemi di condizionamento ambientale. E forse di più.

Il «cervello» del preamplificatore No. 38 è rappresentato dal microprocessore Motorola mostrato in fotografia, coadiuvato dalla Eprom contenente il software di gestione.

Il «cervello» del preamplificatore No. 38 è rappresentato dal microprocessore Motorola mostrato in
fotografia, coadiuvato dalla Eprom contenente il software di gestione.

Con il No. 38 potrete provare l’ebbrezza di essere davvero voi i timonieri del vostro piccolo vascello musicale. Potrete sentire come ad un certo punto una variazione in più o in meno di mezzo decibel diventa significativa al punto da modificare la qualità stessa del suono. E non potrete fare a meno di chiedervi come potevate
fare prima che il No. 38 arrivasse.

Non so voi, ma a me è successo che la prima mezz’ora di convivenza con il 38 l’ho passata titillando il telecomando per sperimentare il volume. Vi garantisco: vi da
una sensazione di vero potere.

Se dovessi continuare a descrivervi tutte le altre possibilità del 38 probabilmente avrei bisogno di mezzo fascicolo di AUDIOreview.

Ve ne riassumerò alcune: potete determinare il livello del Mute da 0 a 60 dB; potete utilizzare un ricevitore IR separato per controllare il pre da stanze diverse; dispone di un sistema estremamente flessibile e fool-proof per la registrazione, anche digitale; può essere collegato, tramite uno speciale cavo, agli altri apparecchi Mark Levinson che possono essere attivati e selezionati direttamente dal pre.

Infine uno degli ingressi può essere dedicato al collegamento di un processore surround Dolby Pro-Logic. La spiegazione nel dettaglio di questa possibilità e del
perché sia così significativa la rinvio ad altra occasione. Vi basti sapere che si tratta del primo preamplificatore audiophile che vi offre questa possibilità rispettando in pieno le specifiche del sistema di decodifica Dolby.

Vi ho già anticipato come questo No. 38 non sia arrivato solo a casa mia. Per provarlo ho infatti utilizzato un intero set di macchine Mark Levinson. C’era il mio convertitore No. 35, una macchina che, a poco più della metà del prezzo, mantiene le caratteristiche essenziali di musicalità e definizione del No. 30, considerato lo standard assoluto di riferimento. Certo, in circolazione c’è qualche concorrente formidabile, ma al 35 va riconosciuta una capacità di dettaglio e una pulizia ancora inarrivabili, oltre ad una flessibilità grandissima in termini di connessioni, sia in entrata che in uscita.

All’inizio della catena il No. 31 ha mostrato tutto il suo incontrastato talento. Questa macchina così solida e massiccia (pesa un quarto di quintale), ma anche con qualche raffinatezza come il coperchio motorizzato – una vera libidine per un pigro digitalista qual è il vostro recensore – non mi pare abbia trovato ancora risposta in termini di qualità da altri costruttori. Purtroppo costa un milione a chilo, un rapporto prezzo/peso non eccessivo se confrontato a certe ciofeghe vendute a peso d’oro. Ma il conto finale resta sempre alto per l’audiofilo medio. Del finalone 27.5, un 100 watt per canale, è inutile che vi ripeta gli elogi e tutto il bene che si può dire sugli amplificatori targati Mark Levinson. A macchine come questa di solito ci si riferisce aggiungendo un «non ha certo bisogno di presentazioni». Ed è quanto vi ripeto, umilmente, anch’io.

L'ordine e la pulizia regnano sovrani all'interno del preamplificatore americano. Tutti i circuiti «importanti» trovano posto su di un'unica, grande scheda, suddivisa in tre zone principali: in quella centrale sono contenuti i circuiti di alimentazione «centralizzati» e quelli dì controllo (normalmente tale zona è schermata da una protezione metallica, che abbiamo asportato per ragioni fotografiche), mentre quelle laterali sono dedicate agli stadi audio veri e propri, completamente bilanciati.

L’ordine e la pulizia regnano sovrani all’interno del preamplificatore americano. Tutti i circuiti «importanti» trovano posto su di un’unica, grande scheda, suddivisa in tre zone principali: in quella centrale sono contenuti i circuiti di alimentazione «centralizzati» e quelli dì controllo (normalmente tale zona è schermata da una protezione metallica, che abbiamo asportato per ragioni fotografiche), mentre quelle laterali sono dedicate agli stadi audio veri e propri, completamente bilanciati.

Del mio abituale sistema di riferimento sono rimasti, in pratica, solo i diffusori della Martin Logan, oltre ai vari complementi, dal tavolino GM, ai sistemi di «pulizia» dell’alimentazione di Tice, di BCD by GM e di Gate for Music.

Che vi posso dire di questo No. 38 se non che l’ascolto si è rapidamente trasformato in un vero percorso di esperienza, di sottigliezze, di novità lungo sentieri che credevo di aver già sufficientemente battuto da doverne conoscere anche i recessi più nascosti.

Che non fosse così semplice, e che nessun percorso noto sia in definitiva mai del tutto conosciuto ed esplorato, l’ho capito proprio ascoltando queste macchine da musica e mettendole a confronto. Fare il recensore di hardware musicale – naturalmente su macchine del livello e della classe di quelle di cui stiamo parlando adesso – ti aiuta a capire la relativa fragilità di quello che uno considera come acquisito. Si impara che il dato non è affatto una certezza, che l’esperienza al massimo può essere una guida, un riferimento relativo, mai un’unità di misura. Insomma, uno si accorge della relatività non solo dei propri sensi, ma anche del presunto «acquisito» tecnologico e soprattutto della terrena fallacia e mutabilità dei propri giudizi.

Mi vengono in mente quei giardini Zen costruiti in modo che nessuno possa vedere contemporaneamente tutte le piante o le pietre che lo compongono. Una resta sempre nascosta allo sguardo, da qualsiasi punto lo si osservi.

A proposito di esperienze, non perdetevi assolutamente Keith Jarrett al clavicembalo che esegue Bach. Dopo le «Variazioni Goldberg» di qualche anno fa (ma allora era al piano), il Jarrett si cimenta nuovamente con l’estro compositivo del tedesco nelle «Suites» dall’812 all’816, ancora una stimolante proposta della ECM (ECM New Series 1513/14).

Prendete per esempio il secondo movimento dell’813, proposto da Jarrett con un ritmo ed un’intensità che fanno risaltare la modernità della musica bachiana. Il clavicembalo esce dai diffusori e si espande nella stanza con la stessa facilità con cui potrebbe occupare le volte decorate della stanza da musica di un palazzo della Sassonia.

La presenza è palpabile, non solo per la precisione delle note, la chiarezza del timbro, l’impeto esecutivo tradotto in una riproduzione attenta e curata, ma anche e soprattutto per come il clavicembalo riesce in qualche modo a materializzarsi nella stanza, collocandosi con precisione nello spazio. Una palpabilità che diventa
brivido quando, al termine del movimento, Jarrett forse tocca con la mano una corda a fermarne la vibrazione. Il «John Cage Tribute» è una raccolta assolutamente in dispensabile realizzata da Gay Men’s Health Crisis con la Koch Records in memoria del compositore (Koch 3-7238-2 Y6).

Ci sono Laurie Anderson e Frank Zappa, il Kronos Quartet e Earle Brown. E Meredith Monk la cui performance di «Aria», una composizione di Cage del 1958, interamente affidata ai suoi straordinari mezzi vocali, è un must per chiunque si dichiari ascoltatore di musica.

Sul pannello posteriore della macchina, oltre agli ingressi ed alle uscite audio vere e proprie (sia di tipo bilanciato che sbilanciato), sono presenti due «communication ports», denominate rispettivamente «master» e «slave», che permettono di realizzare un «bus di comunicazione dati» con altri apparecchi Mark Levinson dotati degli stessi connettori: in questo modo si può, ad esempio, regolare la luminosità dei display di tutte le macchine agendo su un solo comando, oppure selezionare automaticamente il giusto ingresso sia all'unità di conversione No. 30 o No. 35 che al pre No. 38 quando si pone in «play» il CD-player No. 31.

Sul pannello posteriore della macchina, oltre agli ingressi ed alle uscite audio vere e proprie (sia di tipo bilanciato che sbilanciato), sono presenti due «communication ports», denominate rispettivamente «master» e «slave», che permettono di realizzare un «bus di comunicazione dati» con altri apparecchi Mark Levinson dotati degli stessi connettori: in questo modo si può, ad esempio, regolare la luminosità dei display di tutte le macchine agendo su un solo comando, oppure selezionare automaticamente il giusto ingresso sia all’unità di conversione No. 30 o No. 35 che al pre No. 38 quando si pone in «play» il CD-player No. 31.

Che straordinaria esperienza attraversare queste linee compositive che – leggo dalle note – Cage aveva immaginato «riempibili» con qualsiasi stile vocale a scelta
dell’esecutore. La Monk si cimenta genialmente nella traduzione delle dieci scansioni proposte da Cage, attraversando simbolicamente le culture del mondo con le
parole in lingue note e no (c’è sicuramente l’italiano, il francese e l’inglese, più altro che non sono riuscito a decifrare) che qui assumono valenza esclusivamente per le loro sonorità, per i significanti e non certo per i significati.

La ricostruzione della voce mutabilissima di Meredith Monk dimostra le eccellenti prestazioni del sistema, e del 38 in particolare, nella restituzione della gamma media, nella difficilissima impresa di restituzione della voce, e soprattutto di una voce così ricca e controllata, capace di incursioni in gamme impervie ai più.

Se vi piacciono gli ottoni, provate con l’Omnibus Wind Ensemble proposto dagli svedesi di Opus (Opus CD 9203). Un concerto, «Da Mozart a Zappa» come recita il
titolo, eseguito in una chiesa.

Qui i parametri messi alla prova sono molti: dalla restituzione delle frequenze più basse, alla dinamica, alla ricostruzione della scena musicale, all’ambienza fino al
dettaglio con cui gli strumenti stessi sono collocati sul piano di ascolto.

Non vi dirò del basso, solido e perfettamente costruito, correttissimo nella sua assenza di rigonfiamenti ad effetto. Né vi dirò che gli strumenti, dai flauti agli oboi,
si ritrovano con precisione quasi maniaca le di fronte ai vostri occhi.

La vera, straordinaria esperienza la vivrete se vi concentrate (ma non è poi necessario più di tanto perché non potrete fare a meno di accorgervene) sulla ricostruzione dell’ambiente. Dal No. 38 sentirete uscire, pietra su pietra, marmo su marmo, le volte della chiesa, le possenti pareti laterali.

Vi sembrerà di vedere attraverso i colori delle finestrature, di penetrare la rotondità dell’abside. Forse non sarà il cielo in una stanza come vi proponeva Paoli tanti,
troppi anni fa, ma è la cosa più vicina al cielo che possiate immaginare.

di Toni De Marchi


Il No. 38 al banco di misura

Com’era lecito aspettarsi, visto l’elevatissimo livello costruttivo che lo contraddistingue, il No. 38 ha esibito in laboratorio delle prestazioni eccellenti.
La precisione del controllo di volume è risultata assoluta: i passi di attenuazione, al di sopra dei -34 dB (corrispondente all’indicazione «38,8» sul display), sono tutti esattamente pari a 0,1 dB, così come promesso dal costruttore.

Linearissima la risposta in frequenza, oltreché molto estesa lato basse frequenze (alle alte, invece, la risposta non viene volutamente fatta estendere troppo oltre la banda audio: il punto a -3 dB è infatti collocato a 150 kHz).

Il pre americano ha inoltre dimostrato di essere un apparecchio estremamente silenzioso: la tensione di rumore (pesata «A») riportata all’ingresso è infatti pari a soli 2,16 \N, mentre il rapporto segnale/rumore si è attestato a ben 103,6 dB.

Tutto OK infine anche per ciò che riguarda i dati di interfacciamento elettrico, in particolare per ciò che concerne l’impedenza d’uscita, che, grazie all’uso dei «buffer» a reazione di corrente dei quali si è parlato nel riquadro «Tanto analogico, un pizzico di digitale: i segreti di una ricetta vincente», è risultata estremamente ridotta (5 ohm per l’uscita bilanciata, 10 ohm per quella sbilanciata).

Roberto Lucchesi

Preamplificatore: Mark Levinson N. 38. Numero di matricola: 1125

CARATTERISTICHE RILEVATE INGRESSO LINEA

  • Impedenza: 90 kohm/260 pF.
  • Sensibilità: 227 mV per 1 V out.
  • Tensione di rumore (pesata A) riportata all’ingresso: terminato su 600 Q: 2,16 uV.
  • Rapporto segnale/rumore (pesato A): terminato su 600 il, rif. 500 mV ingresso: 103,6 dB

INGRESSO-USCITA REGISTRATORE

  • Impedenza: 90 kfi/260 pF.
  • Sensibilità: 227 mV per 1 V out.
  • Tensione di rumore (pesata A) riportata all’ingresso: terminato su 600 il: 2,16 uV.
  • Rapporto segnale/rumore (pesato A): terminato su 600 ohm, rif. 500 mV ingresso: 103,6 dB.
  • Impedenza d’uscita: 595 ohm.

USCITA PRE

  • Livello massimo: 7,8 V (sbil.); 15,7 V (bil.)
  • Impedenza: 10 ohm (sbil.); 5 ohm (bil.)

Risposta in frequenza:

risposta-in-frequenza


Tanto analogico, un pizzico di digitale: i segreti di una ricetta vincente

II No. 38 segna una svolta fondamentale nella storia del marchio Mark Levinson: il preamplificatore della casa americana è infatti il primo di una nuova generazione di apparecchi i quali, grazie ad un più elevalo grado di industrializzazione e all’adozione di procedimenti costruttivi all’avanguardia, sono in grado di offrire prestazioni pari o superiori rispetto ai loro predecessori, ad un prezzo più accessibile.

// convertitore D/A DAC8222 dell'americana PMI è il componente principale del circuito di regolazione del volume.

// convertitore D/A DAC8222 dell’americana PMI è il componente principale del circuito di regolazione del volume.

Per sincerarsi di quanto elevato sia il livello di industrializzazione e di ingegnerizzazione del No. 38 basta dare un’occhiata al suo interno, incredibilmente «pulito» e razionale. Tutti i circuiti «importanti» trovano posto su di un’unica, grande scheda, suddivisa in tre zone principali: quella centrale contiene l’alimentazione (completamente separata, a partire dai secondari del bel trasformatore toroidale da 40 VA, per i due canali e per i circuiti di controllo), mentre quelle laterali sono dedicate agli stadi audio veri e propri, completamente bilanciati dall’ingresso all’uscita (ciò significa che tutti gli stadi relativi ad un singolo canale, compreso quello del controllo di volume, sono completamente sdoppiati per il polo positivo e per quello negativo).

Naturalmente, poiché il pre Mark Levinson è dotato di ingressi sia bilanciati che sbilanciati, i segnali «single-ended» provenienti da quest’ultimi, prima di proseguire il loro percorso all’interno dell’apparecchio, verranno bilanciati elettronicamente.

Come si può vedere dallo schema a blocchi di fig. 1, dopo essere stato selezionato (la selezione avviene per mezzo di relè a chiusura ermetica a bassissima resistenza di contatto), il segnale giunge agli stadi d’ingresso, realizzati, per ogni polarità, con una coppia di PMI SSM-221O/SSM-222O («audio dual matched transistor», rispettivamente NPN e PNP) ed una di Elantec EL2020, operazionali a reazione di corrente.

Figura ì - Schema a blocchi del preamplificatore No. 38.

Figura ì – Schema a blocchi del preamplificatore No. 38.

Per chi non lo sapesse, la struttura di base di un amplificatore operazionale a reazione di corrente prevede un stadio «buffer» seguito da uno a transimpedenza; poiché l’uscita dello stadio «buffer» coincide con l’ingresso invertente dell’operazionale, solamente l’ingresso non invertente sarà ad alta impedenza, mentre quello invertente sarà a bassa impedenza.

Grazie alla loro particolare struttura, rispetto ai tradizionali amplificatori operazionali a reazione di tensione, quelli a reazione di corrente presentano, tra gli altri, due importanti vantaggi: la quasi-indipendenza della larghezza di banda ad anello chiuso rispetto al guadagno e l’elevato valore di slew/rate raggiungibile (ad
esempio l’EL2020 ha uno slew/rate nominale pari a 500 V/μs). Accoppiando opportunamente un operazionale «current-feedback» con un amplificatore differenziale o con un operazionale tradizionale, così come avviene nel No. 38 sia negli stadi d’ingresso che in quelli d’uscita (dei quali ci occuperemo fra qualche riga), si possono inoltre eliminare gli svantaggi dei «reazione di corrente», primo fra tutti il basso valore di reiezione di modo comune.

Dopo gli stadi di selezione e d’ingresso, il segnale giunge finalmente a quello che rappresenta il vero e proprio cuore di ogni preamplificatore: il controllo del volume. Non è infatti più un mistero per nessuno che è proprio quest’ultimo uno dei principali responsabili delle qualità timbriche di un preamplificatore,
tant’è che aumentano a vista d’occhio le aziende (perlomeno quelle più attente al «suono» dei loro prodotti) che ricercano soluzioni alternative al tradizionale potenziometro resistivo (che in numerosi casi rappresenta un vero e proprio «collo di bottiglia» per ciò che concerne la qualità sonora). Quella scelta dai progettisti del No. 38 prevede l’uso di una rete di resistenze (il cui valore è finemente «trimmerato» al laser) mono litica a film sottile, interna al convertitore duale DAC8222 dell’americana PMI: in pratica (vedi fig.2a), il segnale audio viene inviato al convertitore (separatamente per il polo positivo e per quello negativo) a guisa di tensione di riferimento, e quindi viene attenuato dalle reti di resistenze R-2R (fig. 2b), la conformazione delle quali è controllata da un microprocessore, che invia il codice di controllo (a 12 bit) corrispondente ad una data attenuazione direttamente agli ingressi digitali del convertitore. Essendo a 12 bit, il convertitore assicura quindi più di quattromila livelli di attenuazione: in realtà, per raggiungere la meta che si erano prefissata i progettisti (risoluzione di attenuazione di 0,1 aB al di sopra dei -34 dB, corrispondente all’indicazione «38,8» sul display), dei quattromila passi possibili ne sono stati utilizzati solamente seicento.

Figura 2a IIA Schema a blocchi del ,o convertitore PMI DAC8222: il segnale audio :j_ viene inviato, rispettivamente per il polo positivo e per quello negativo, agli ingressi VREF-A e VREF-B del convertitore, e quindi viene attenuato dalle reti di resistenze R-2R che formano i DAC veri e propri.

Figura 2a –  Schema a blocchi del convertitore PMI DAC8222: il segnale audio viene inviato, rispettivamente per il polo positivo e per quello negativo, agli ingressi VREF-A e VREF-B del convertitore, e quindi viene attenuato dalle reti di resistenze R-2R che
formano i DAC veri e propri.

Figura 2b La conformazione della rete dì resistenze R-2R del DAC8222, dalla quale dipende direttamente l'entità dell'attenuazione del segnale audio originale, è controllata da un microprocessore, che invia il codice di controllo (a Ì2 bitj corrispondente ad una data attenuazione attraverso le porte * 12 bit data bus», ovvero

Figura 2b – La conformazione della rete di resistenze R-2R del DAC8222, dalla quale dipende direttamente l’entità dell’attenuazione del segnale audio originale, è controllata da un microprocessore, che invia il codice di controllo (a 12 bit corrispondente ad una data attenuazione attraverso le porte «12 bit data bus», ovvero «DB0>+<DB11»

L’intervento dell’utente per la regolazione del volume avviene per mezzo di una grande manopola in alluminio pieno (da notare che maggiore è la velocità con cui l’utilizzatore ruota la manopola, maggiore è l’ampiezza dei passi di attenuazione) connessa ad un potenziometro digitale multigiri, ovvero ad un codificatore ottico da pannello di produzione Hewlett Packard, siglato HEDS-5701. Come si evince dallo schema di funzionamento di figura 3, un codificatore ottico è composto da un LED, la cui luce viene collimata in raggi paralleli per mezzo di una lente in policarbonato, raggiche, dopo aver attraversato una ruota opportunamente traforata associata alla manopola, giungono ad un circuito ricevitore formato a sua volta da alcuni fotodiodi e da circuiti di elaborazione che forniscono in uscita due segnali digitali sfasati fra loro di 90°.

Figura 3 - Schema di funzionamento del codificatore ottico HP HEDS-5701, utilizzato nel No. 38 a guisa di 'potenziometro digitale'.

Figura 3 – Schema di funzionamento del codificatore ottico HP HEDS-5701, utilizzato nel No. 38 a guisa di ‘potenziometro digitale’.

In pratica, quest’ultimi conterranno le informazioni sulla di rezione e sulla velocità di ruotazione della ruota traforata e quindi della manopola del volume, informazioni che verranno opportunamente elaborate dal microprocessore Motorola MC68HC1 1 (che sovrintende a tutte le funzioni del No. 38), ovvero trasformate in parole digitali a 12 bit che «comanderanno» l’attenuazione operata dalla rete di resistenze interna al convertitore PMI. Ovviamente, la circuitazione sopra descritta viene utilizzata non solo per la regolazione del volume d’uscita, ma anche per quella del bilanciamento e dell’«offset» dei vari ingressi (vedi testo).

Pparticolare del codificatore ottico Hewlett Packard HEDS-5701.

Particolare del codificatore ottico Hewlett Packard HEDS-5701.

Poiché il segnale in uscita dal DAC8222 è in corrente, subito dopo i circuiti di controllo del livello il segnale stesso viene convertito in tensione da un circuito I/V realizzato con un Burr-Brown OPA2604 (operazionale a bassissima distorsione specificamente progettato per essere utilizzato in apparecchiature audio di alto livello), al quale fa seguito lo stadio d’uscita, che ricalca a grandi linee quello utilizzato nell’unità di conversione D/A No. 30, provata su AUDIOreview n. 112: in pratica, prima di giungere ai connettori d’uscita il segnale proveniente dall’attenuatore viene adeguadamente «irrobustito» da un buffer implementato con un amplificatore monolitico «current feedback», l’LT1 21 7 dell’americana Linear Technology (che tra i suoi dati di targa annovera un incredibile 500 V/μs di slew/rate ed un altrettanto impressionante 100 mA di massima corrente d’uscita), oltre che il già citato OPA2604.

di Roberto Lucchesi


Costruttore: Madrigal Audio Laboratories, Ine, P.O. Box 781, 208 1 South Main Street (Route 17], Middletown, Connecticut, 06457 USA.
Distributore per l’Italia: Definitive Audio, P.zza dei Carrocci 1, 00196 Roma. Tel. 06/3236686
Prezzo: L. 10.453.000.

CARATTERISTICHE DICHIARATE DAL COSTRUTTORE

  • Livello massimo/impedenza d’ingresso: 16 V/100 kohm
  • Guadagno: 1 8,9 dB
  • Impedenza d’uscita: <0 ohm
  • Peso: 16 kg.

da AUDIOreview n. 137 aprile 1994