Teoria e pratica delle reti crossover 11

In questa puntata parleremo di un progetto che sviluppai qualche decennio fa per conto di un cliente che elencò una successione di scelte che rappresenta l’esatto contrario delle considerazioni che occorrerebbe fare quando ci si accosta ad un nuovo disegno di diffusore. Per fortuna sono riuscito in qualche modo a raddrizzare un progetto nato storto, nato cioè dalla bellezza di un mobile che il mio cliente aveva letteralmente clonato proprio perché ritenuto molto elegante. La scelta degli altoparlanti aveva seguito più o meno lo stesso iter ed ora il problema era rappresentato da un solo incarico, ritenuto piccolo e senza grande importanza: disegnare il filtro crossover sulla scorta di quello che c’era a disposizione, senza cioè poter cambiare nulla.

Personalmente non amo i mobili eccessivamente belli. Per quanto ciò possa apparire come un controsenso, ho imparato col tempo che dove c’è un cabinet da favola, progettato e fortemente voluto da un designer armato di carta e matita, è quasi sicuro che dal punto di vista acustico ci si trovi a combattere poi con ogni sorta di risonanza interna e di ondulazione al variare del tempo di emissione.

Anni, decenni di waterfall e di misure nel dominio del tempo mi hanno insegnato che un conto è realizzare un bel mobile, magari con la superficie tanto luccicante da sembrare trasparente, ed un conto è invece realizzare un cabinet che funzioni davvero, che riesca cioè a non metterci nulla di suo e sia capace di starsene fermo e di far emettere soltanto quello che viene generato dagli altoparlanti.

Disegnare un cabinet di questo tipo senza il minimo interesse per quello che vi accade all’interno rappresenta l’esaltazione dell’apparire a tutto svantaggio dell’essere, seguendo una moda corrente anche in altri ambiti del nostro tempo. Lo studio incessante di materiali per l’assorbimento interno, di quelli per la costruzione e della stessa tecnica costruttiva dovrebbe seguire uno sviluppo che dovrebbe procedere di pari passo con la tecnica e lo sviluppo degli altoparlanti. Verso la fine degli anni Novanta si presentò nel mio laboratorio un conoscente, che scaricò a terra due diffusori da stand: erano molto belli, con due altoparlanti che all’epoca erano di moda ma che alla lettura dei dati tecnici poco si prestavano ad essere sistemati su un componente come quello.

Il cabinet infatti era molto stretto e leggermente più alto della norma, secondo una terna di dimensioni, altezza-larghezza variabile-profondità, che appariva appena appena tirata per i capelli. Una volta ripresosi dal fiatone, mi spiegò che aveva fatto realizzare quei due cabinet per imitare sfacciatamente un diffusore che in quel periodo andava per la maggiore, pur mettendoci ampiamente del suo almeno per quanto riguardava le dimensioni ed i tagli netti, decisi, senza la minima accordatura. Gli altoparlanti erano stati scelti in un secondo tempo seguendo criteri abbastanza strani che avevano a che fare con i consigli dei soliti amici, quelli che snocciolano le peggiori fesserie con l’aria da intenditori. Mi disse che non era riuscito a farlo suonare né con un crossover ricavato con le formule ma esoterico nel costo, né con un crossover elettronico SAE che si era procurato.

Lo spessore del legno era quasi cinque centimetri e pesava un accidente, con gli altoparlanti fissati come se si trattasse della testata di un motore a quattro cilindri. Non c’era niente di buono in quel progetto ed io cercai di spiegarlo nella maniera più dura possibile, nella speranza che il tizio prendesse armi e bagagli e se ne tornasse per dove era venuto. Invece l’amico mi disse che voleva che gli progettassi un filtro crossover esoterico e che non avrebbe badato a spese perché aveva promesso alla moglie che quello sarebbe stato il diffusore da sistemare nel suo piccolo studiolo di registrazione casalingo, senza ulteriori evoluzioni, almeno nelle dimensioni. Continuai a farla difficile nel tentativo di scoraggiarlo, ma mi accorsi che in realtà man mano che parlavo stavo inconsapevolmente raccogliendo la sfida.

Insomma, alla fine gli dissi che avrei studiato quanto meno la fattibilità e gli avrei fatto sapere, ma che ci voleva tempo e, si sa, il tempo è denaro. In effetti, detto tra noi, non avevo la più pallida idea di cosa fare e da dove cominciare, sperando magari nella disponibilità del filtro elettronico a frequenza variabile vantato nelle disponibilità del proprietario dei due “gioielli”. Comunque, a serata inoltrata, prima di sbaraccare ed andare a casa approfittando della strumentazione accesa misurai gli altoparlanti montati sul diffusore sia in asse che fuori asse, ne rilevai il modulo e la fase dell’impedenza e convertii il tutto secondo il protocollo di Passiver, il software che possiamo considerare il papà di Audio For Windows, sviluppato dallo stesso autore, Fabrizio Montanucci, quando eravamo ancora entrambi alla rivista Suono.

L’analisi

Prima di pensare qualcosa circa la migliore soluzione, andiamo a vedere con che cosa abbiamo a che fare. In Figura 1 possiamo ammirare la risposta del woofer in asse (rosso) e quella ottenuta spostando il microfono di 45 gradi sul piano orizzontale (blu).

Figura 1

Due le considerazioni da fare: il trasduttore ha una banda passante notevole sia in asse che fuori asse, tanto che potremmo tentare anche un incrocio a 4.000 Hz senza che la dispersione orizzontale se la prenda a male. Peccato però che, viste le dimensioni del 165 millimetri utilizzato, la dispersione verticale potrebbe offendersi. Altra caratteristica da tenere nella massima attenzione è l’andamento della risposta in gamma media ed alta che grazie alla membrana molto rigida sale di quasi sei decibel nella ripresa in asse e quattro decibel in quella fuori asse.

Occorrerà una cella passa-basso molto smorzata per piegare come si deve la risposta di questo woofer e farla assomigliare a quella di un qualsiasi ordine conosciuto. Per altro il cabinet è accordato a circa 48 Hz secondo un tipo di allineamento che personalmente preferisco evitare. Il condotto non è realizzato col solito tubo di pvc, ma è stranamente costruito in legno, motivo per il quale non posso muovere nulla. Il tweeter è “ferrofluidato”, altro elemento di assoluto “non amore” da parte mia. La risonanza, o almeno quello che ne rimane, è attestata attorno agli 850 Hz con un fattore di merito molto basso, tanto che la risposta a questa frequenza presenta un’attenuazione di circa 9 decibel, come è possibile vedere in Figura 2.

Figura 2

Il bel picco a 2.000 Hz è dovuto all’interazione del pannello frontale, dimensionato con intenti puramente estetici e non finalizzati ad una risposta più regolare, tanto che le cose sembrano addirittura andare meglio nella ripresa fuori asse. Occorre però essere attentissimi nelle attenuazioni perché la gamma da 2.000 a 4.000 Hz potrebbe risultare in leggera esaltazione. Occorre, ormai lo sappiamo, considerare sia la risposta in asse che la regolarità della risposta fuori asse. Oltretutto devo anche cercare di definire meglio l’estremo altissimo del tweeter che non mi sembra, ad una prima occhiata, proprio il massimo. Come mia consuetudine e pur con la massima attenzione, ascolto a coppie il woofer ed il tweeter al loro posto senza alcun tipo di filtro crossover. Mi convinco degli interventi da fare al tweeter che appare leggermente “spuntato” in altissimo e con una gamma media esuberante, mentre per il woofer a fronte di una buona scena di partenza noto una certa sottolineatura di alcune frequenze anche molto al di sotto del break-up ed una gamma bassa di buon livello, certamente migliore di quella che mi aspettavo.

Il progetto

Secondo la mia personale esperienza in tema di pendenze e di tipo di progetto ci sono soltanto due configurazioni che si avvicinano alla quadratura del cerchio in termini di equilibrio generale: i filtri del primo ordine acustico, difficilissimi da ottenere nella realtà, ed i filtri del quarto ordine prossimi al Linkwitz-Riley. Per uno che si preoccupa di ottenere una risposta acustica e non di descrivere un andamento elettrico, parlare di filtri “prossimi” al tipo LR IV potrebbe sembrare troppo aleatorio ed impreciso.

Nella realtà occorre però ricordare che tutte queste teorie partono da altoparlanti ideali, con risposta piatta da 20 a 20.000 Hz e fase costantemente nulla mentre noi, ahimè, abbiamo a che fare con altoparlanti reali, per i quali è inutile, come diceva un amico, sfiorare la precisione del puntamento ai satelliti. Cerchiamo allora di vedere la sequenza di ragionamenti fatta all’epoca per pervenire alla progettazione del filtro crossover. Mi spiace di non aver conservato le acquisizioni degli altoparlanti ma soltanto le risposte: avremmo potuto notare delle waterfall veramente penose, sia per il woofer, afflitto da ogni genere di riflessione interna, sia per il tweeter, che presentava una risonanza abbastanza lunga anche se “bassa” a circa 10 kHz.

Per eliminare quasi alla radice i problemi di risposta del tweeter scelgo una frequenza di incrocio prossima ai 2.500 Hz, cercando, tra l’altro, di ottenere un andamento del tipo Bessel, leggermente più smorzato alla frequenza di incrocio. Una misura abbastanza macchinosa della distorsione armonica eseguita col gating system senza nemmeno il controllo del trigger mi dimostra che in teoria sarebbe stato dinamicamente possibile scegliere una frequenza di incrocio addirittura più bassa dei 2.000 Hz, ma le alterazioni della risposta sul pannello mi suggeriscono di non pensarci nemmeno. Per il woofer scelgo una configurazione abbastanza strana: andamento alla Butterworth del terzo ordine e cella notch di rifinitura, giusto per combattere la vistosa enfasi di tutta la gamma medioalta.

Il dover tenere le fasi acustiche quanto più vicine possibile per l’utilizzo quasi mid field secondo le intenzioni dell’amico (piccolo studiolo di registrazione), mi suggerisce di disegnare con la massima precisione la risposta del tweeter, anche molto al di sotto della frequenza di incrocio e di “pennellarci” sopra la risposta del woofer, tanto variando il fattore di merito e l’attenuazione della cella notch posso ottenere la piegatura che voglio e contemporaneamente “giocare” con le fasi acustiche in asse e con un po’ di fortuna anche fuori asse.

Come abbiamo visto dai grafici della risposta, il tweeter è molto più esuberante del woofer, motivo per il quale posso plasmare la sua risposta e cercare, nello stesso tempo, di ridurre l’emissione attorno ai 10 kHz, in un intervallo di frequenze che va sempre valutato con la massima attenzione. La cella del passa-basso del woofer è realizzata quasi immediatamente con… un passa-basso del secondo ordine elettrico per di più smorzato da una resistenza in serie al condensatore verso massa. Chi tiene sotto controllo la risposta fuori asse e la fase acustica sa che agire sullo smorzamento è la tattica più facile da adottare in questi frangenti. Ottenuto un andamento soddisfacente aggiungo una cella RLC-serie definita un po’ a spanne, con una resistenza molto elevata da potermi “giocare” con calma quando dovrò ottimizzare la risposta complessiva.

Per il tweeter sono partito in maniera abbastanza decisa con un passa-alto del terzo ordine elettrico, che vista la distanza del taglio dalla risonanza è più che appropriato, filtro che è preceduto da una resistenza di attenuazione e che a sua volta precede una cella RLC-parallelo disposta in serie al segnale. I puristi potrebbero storcere il naso affermando che sarebbe stato meglio utilizzare una cella RLC-serie da collegarsi verso massa e quindi fuori dal percorso del segnale. Beh, io continuo a sostenere che se i componenti sono di buon livello costruttivo è la cella in serie al segnale a suonare meglio di quella in parallelo, che in caso di attenuazioni forti rischia spesso di abbassare il modulo dell’impedenza a valori proibitivi. Alla fine delle simulazioni lo schema che viene fuori è quello di Figura 3, ove possiamo vedere come il passa-alto sia in effetti del terzo ordine elettrico ed il passa-basso addirittura del secondo ordine elettrico, con la pendenza più blanda del dovuto e con l’alterazione dovuta anche alla cella notch.

Figura 3

Le piegature delle risposte dei singoli altoparlanti sono visibili in Figura 4. Ad una prima analisi possiamo notare che il woofer in realtà è dotato di una doppia pendenza, dovuta in parte alla cella notch ed in parte alla risposta senza crossover del woofer. In effetti i soliti “puristi”, tutta teoria e niente pratica, potrebbero storcere il naso. Molti ritengono che i due filtri debbano essere assolutamente simmetrici, almeno dal punto di vista della risposta acustica. Io, ahimè, non sono d’accordo, per la solita storia che un conto è parlare di altoparlanti ideali ed uno di altoparlanti reali.

Figura 4

Personalmente credo che quello che debba essere simile siano le fasi e non le risposte. Oltre a ciò va considerato altro, ma andiamo con ordine. In Figura 5 possiamo notare la risposta rilevata in asse.

Figura 5

Notare che, magari, sarebbe stato possibile ottenere un andamento più regolare, operando piccole variazioni sul tema, tra i 1.000 ed i 7.000 Hz. Vi dicevo però di aver curato anche altro. In Figura 6 possiamo vedere quello che voglio dire. La risposta fuori asse a 45° sul piano orizzontale è molto regolare e nella zona di incrocio compensa con una leggera esaltazione l’attenuazione, altrettanto leggera, della risposta in asse, mentre prima della frequenza di incrocio ad una leggera esaltazione della gamma compresa tra 1.000 e 2.000 Hz corrisponde una leggera attenuazione.

Figura 6

Per un’analisi più redditizia delle piegature alle quali i due altoparlanti sono stati sottoposti diamo uno sguardo alla Figura 7, ove possiamo vedere quanto blanda sia la pendenza del passa-basso del woofer e quanto sia smorzata, con una attenuazione che inizia a 500 Hz. Notate anche l’attenuazione selettiva del tweeter che vale in banda passante ben 9 decibel con un guadagno di tre all’estremo altissimo, diciamo da 12.000 a 20.000 Hz.

Figura 7

E il crossover elettronico?

Alla luce della pendenza ridottissima del woofer e dell’andamento appena non lineare della risposta del tweeter, potremmo esser certi che un crossover elettronico senza un valido ed importante controllo dello smorzamento sarebbe del tutto inutile. Per verificare questa affermazione che a parecchi può suonare come stonata andiamo a vedere come si sarebbe potuto ovviare. Premesso che sulla falsariga di quanto ipotizzato all’inizio del progetto si intendeva realizzare un filtro con andamento Linkwitz-Riley del quarto ordine, un ipotetico autocostruttore che avesse “settato” il crossover elettronico con questo andamento avrebbe ottenuto la risposta di Figura 8, ove a fronte di una pendenza maggiore salta all’occhio un’enfasi improponibile tra i 500 ed i 3.000 Hz. Inutile, a questo punto, abbassare la frequenza di incrocio entro limiti ragionevoli, si sarebbe comunque ottenuto un andamento improponibile.

Figura 8

Non è possibile lavorare col crossover elettronico? Tutt’altro! Va solo adoperato un metodo del tipo misura-correzione dei parametri del filtro simile in tutto e per tutto a quello adottato per il filtro passivo. Infatti, seguendo lo stesso ragionamento e utilizzando un crossover elettronico parametrico, rigorosamente analogico e dotato anche di equalizzatore parametrico, è stato possibile ottenere un andamento molto simile a quello elettrico, come possiamo vedere in Figura 9.

Figura 9

Ad un andamento uguale in modulo corrisponde, ovviamente, un andamento uguale in fase acustica. Per la cronaca, per ottenere la risposta colorata in blu nel grafico ho dovuto imporre un attenua-banda centrato a 1.910 Hz con una attenuazione di 1,5 dB ed un fattore di merito di 0,51 ed un passa-basso dotato di una frequenza di taglio di ben 8.345 Hz con un fattore di merito che vale appena 0,164, veramente ai limiti delle possibilità di un filtro parametrico… a meno di non progettarne uno appositamente, operazione tutt’altro che difficile, visto che le equazioni da conoscere sono due o tre. Ci sentiamo il prossimo mese?
Gian Piero Matarazzo

da AUDIOreview n. 352 giugno 2014

Author: Redazione

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