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Il primo numero di AUDIOreview – rivista di elettroacustica, musica e alta fedeltà – uscì in edicola a settembre 1981. La redazione era in uno scantinato, ex magazzino di biscotti e facevamo le fotocopie dal tabaccaio all’angolo. Il nostro primo investimento fu in ricerca e sviluppo: un sistema di rilevamento computerizzato, all’epoca unico al mondo, della compatibilità tra amplificatori e altoparlanti.

Pochi addetti ai lavori ci presero sul serio. Al SIM, il Salone Internazionale della Musica di Milano che anno dopo anno segnava, ai primi di settembre, l’apertura del mercato, qualcuno mi disse testualmente: “Ingegnere, non andrete lontano, quattro o cinque numeri al massimo”.

Per smentire questa profezia, l’anno successivo ci presentammo al SIM con la raccolta del primo anno di pubblicazioni rilegata in tela rossa. Ai tempi non c’era Internet, gli archivi erano di carta e la raccolta rilegata ebbe un notevole successo. Andammo avanti a produrla per qualche anno sino a quando la crescita del numero di pagine della rivista ci costrinse a suddividerla in due volumi.

Nel 1981 l’audio era ancora completamente analogico: nastro magnetico e vinile. Il CD avrebbe fatto capolino un anno più tardi in Giappone e solo a primavera 1983 in Europa.

Quando usci in edicola il numero 100 di AUDIOreview, le vendite di CD avevano superato quelle del Vinile.

Il numero 200 di AUDIOreview uscì a marzo 2000. Internet, l’iPod e l’MP3 avevano rivoluzionato il mondo della distribuzione musicale: fu facile prevedere che presto si sarebbe passati dalla pirateria a una distribuzione legalizzata della musica liquida e che questo avrebbe abbassato i costi e moltiplicato la diffusione dei contenuti.

Il numero 300 di AUDIOreview è uscito ad aprile 2009: ormai la fase pioneristica della musica liquida è passata: le vendite su iTunes superano quelle del CD, l’orrida codifica MP3 cede il passo alle più decenti MP4 e AAC e, finalmente, fa capolino la musica liquida in alta risoluzione: campionamento a 96 kS/s (se non a 192), risoluzione 24 bit e, se utilizzata, compressione rigorosamente lossless, cioè in grado di restituire l’esatto flusso digitale originale.

Il numero 400 di AUDIOreview esce in un momento in cui la ricerca elettroacustica si occupa più di trasduttori miniaturizzati per i telefonini che di altoparlanti per audiofili e l’alta fedeltà è tornata alle origini, all’analogico, al vinile. Senza fare troppo caso al fatto che, salvo rare accezioni, i master sono comunque digitali.

La musica liquida HD, in alta definizione, è stata uccisa nella culla da Spotify. Come può sopravvivere il download HD di fronte allo streaming illimitato, spesso gratuito, di diecine di milioni di brani? Il modello di business dell’industria musicale è cambiato radicalmente, la pirateria musicale è morta. E anche quella video è sul viale del tramonto: Netflix e Amazon stanno rivoluzionando la televisione.

Con due effetti collaterali che potrebbero rimettere in gioco la musica liquida HD: lo streaming video sta accelerando lo sviluppo di reti di accesso ad Internet ad altissima velocità in fibra ottica, e parallelamente il ritardo di sviluppo delle reti UBB (Ultra Broad Band) sta spingendo Netflix e Amazon ad affiancare il download allo streaming, sempre allo stesso abbordabile canone fisso.

Quando tra nove anni uscirà il numero 500 di AUDIOreview, non ci sarà più la necessità di contenere lo streaming musicale negli attuali 192/320 kbit/s e i titolari dei diritti avranno capito che tenersi strette le librerie in alta risoluzione rappresenta un disvalore e non un valore economico.
E la musica liquida in alta risoluzione potrà finalmente sviluppare tutto il suo potenziale.

Paolo Nuti
fondatore di AUDIOreview ed appassionato, come voi, di elettroacustica, musica ed alta fedeltà