
La solita musica
Ci risiamo.
Così come nel corso dell’Hi-Fidelity di Milano edizione autunnale, a cui dedichiamo ampio spazio nelle prossime pagine, anche nella mostra Hi-Fidelity di Roma svoltasi a fine novembre, si sono puntualmente ripetuti quei fenomeni che caratterizzano le manifestazioni di settore, oramai da molti anni e non solo in Italia.
In tanti hanno lodato gli aspetti positivi di questi appuntamenti. Innanzittutto la presenza di pubblico, sempre numeroso. La presenza di espositori, tantissimi a Milano, tanti anche a Roma ma non tantissimi, divisi da un calendario a dir poco rocambolesco che vedeva lo svolgersi, nello stesso fine settimana, di manifestazioni a Padova, Vienna oltre a qualche appuntamento locale organizzato da negozi. Numerose e interessanti le novità in termini di prodotti presentate in ognuno di questi appuntamenti e l’evento nell’evento di The Dark Side Of The Moon in Dolby Atmos all’Hi-Fidelity di Milano, anch’esso ben descritto nel reportage.
Accanto agli aspetti positivi, le critiche: “Le manifestazioni negli hotel hanno corridoi affollati e salette minuscole”. Vero, ma è un fenomeno inevitabile se si organizzano manifestazioni in hotel, peraltro difficilmente disponibili a Roma, dove un turismo che non conosce stagionalità e le ridotte dimensioni degli spazi rendono spesso impossibile assecondare le richieste degli organizzatori di manifestazioni hi-fi. “Le salette degli hotel suonano male”. Generalmente è così e d’altra parte l’acustica degli spazi a disposizione, diversa per destinazione d’uso originaria (camera da letto, sala per riunioni o per conferenze, spesso con pareti mobili), mette a dura prova non tanto le prestazioni degli impianti quanto l’impegno di chi deve farli suonare al meglio nel poco tempo disponibile per l’allestimento. E, per finire, “Si sente sempre la solita musica”.
È stato proprio all’Hi-Fidelity di Milano che quest’ultima critica ha assunto un valore particolare. Forse sull’onda del già citato evento principale della manifestazione, a Milano abbiamo assistito alla continua proposta di ascolto del disco dei Pink Floyd, le cui note provenivano da molte delle salette presenti. Due giorni, tante salette, gli stessi brani dello stesso disco. Il risultato: una diffusa sensazione di… saturazione, al punto che all’Hi-Fidelity di Roma quasi nessuno ha osato proporli.
Questa critica ha più di un fondo di verità. Per tanti anni molti impianti in fiera sono stati dimostrati con un ventaglio di brani ormai noti a tutti gli audiofili. Brani che si ascoltano ripetutamente e diffusamente, proprio come accaduto con il titolo dei Pink Floyd. Qualche esempio oltre TDSOTM? Hotel California degli Eagles in versione acustica, Hugh Masakela Live, Take Five di Dave Brubeck e così via…
Eppure in 459 numeri di AUDIOreview è stata recensita qualche decina di migliaia di titoli. Il nostro Marco Cicogna seleziona su ogni fascicolo incisioni “Audiophile Grade” per le orecchie degli appassionati, anche quelli più esigenti in termini di qualità, artistica e tecnica. In ogni recensione vengono indicati, più o meno direttamente, i brani impiegati per l’esperienza d’ascolto.
Certo, usare uno o più brani musicali quali “strumenti”, veri e propri ferri del mestiere per comprendere le peculiarità, e a volte anche cercare i limiti, di un impianto, è una consuetudine ben radicata ed efficace. Ed in fiera, nelle manifestazioni, coloro che propongono le demo degli impianti, sanno cosa proporre per dimostrare i punti di forza dell’impianto, sorvolando sui difetti. Con le dovute eccezioni. C’è anche chi, poco preparato sull’impianto in dimostrazione, rasenta o incorre in brutte figure proponendo brani “poco consoni” alla natura dell’impianto. E c’è chi, come nella demo di Hi-Fi Di Prinzio a Roma, basandosi su un sistema high-end al di sopra di ogni sospetto, riesce a coinvolgere un ingegnere del suono (nello specifico Fabio Camorani, titolare di Audio Nautes Recordings) autore del remastering di pagine altrettanto “sacre” per gli audiofili, ovvero Jazz at Pawnshop e Cantate Domino. Fabio ha saputo affascinare il pubblico presente offrendo confronti tra master su nastro, in vinile (lacca One Step), su CD in vetro (Glass CD) e su file 24/192k, descrivendo tutti i passaggi che la produzione di un supporto e della musica che c’è dentro comportano.
Un’idea di questo processo, anche volto al recupero e al remastering di grandi opere del passato, come Parsifal, considerato il capolavoro dei Pooh, ce la dà Sabino Cannone nell’interessantissima intervista a cura di Giulio Curiel a pag. 20. Una vera e propria rivelazione di come i master vengono elaborati nei minimi particolari per risultare realistici e conformi alle intenzioni di chi ha realizzato la primissima edizione ma anche quali elaborazioni sono necessarie per proporne una edizione in Dolby Atmos, formato per l’ascolto della musica che tanto successo sta riscuotendo nella riproposizione dei capolavori del passato (Pink Floyd, Clapton ecc) e di produzioni attuali (Peter Gabriel su tutti) e su cui torneremo presto.
Se dunque ai nostri impianti, ma anche a quelli presenti nelle manifestazioni, verranno affidate le tracce “quasi tecniche”, i remastering, gli “Audiophile Recording” consigliati da Marco Cicogna, o qualsiasi altra musica proposta su qualsiasi supporto, compresi quelli “virtuali” (o liquidi che dir si voglia) è necessario ricordare che ciò che si ascolta è, in primis, la qualità del segnale presente nel brano riprodotto. E se visitando una manifestazione si desidera godere l’ascolto di una particolare pagina musicale (o di un brano usato come proprio “strumento di lavoro”) basta chiedere: forse anche chi starà dimostrando un impianto, non vedrà l’ora di ascoltare qualcosa di diverso dalla… solita musica.
Rocco Patriarca