La prova del preamplificatore pubblicata su AudioReview 141, settembre 1994
Eccoci qui, ancora una volta alle prese con uno dei tanti preziosi Audio Research. Uno nuovo, un altro Audio Research che si aggiunge alla linea di prodotti di questa casa del Minnesota.
Stavo scrivendo «che viene a completare la linea». Nel caso di Audio Research una frase del genere sarebbe stata per lo meno impropria. Gli uomini di Minnetonka sono tra i più infaticabili creatori che l’high end americano, e dunque mondiale, conosca. Non passa trimestre che non arrivi un nuovo LS qualcosa, o V qualcosa o qualcos’altro ancora, che sia un gira CD o un convertitore o un modulo phono oggi che i preampli di linea sono la regola.
Ed è proprio un pre di linea (LS immagino significhi Line Stage) anche questo 7 che mi è arrivato un po’ inaspettato tra le mani. Audio Research ha alquanto rarefatto la sua partecipazione a mostre e saloni, e anche un assiduo frequentatore del calibro (o se volete, del peso, ma non c’è molta differenza se ci pensate bene) del vostro umilissimo recensore è rimasto un po’ indietro nel seguire tutti gli sviluppi di casa AR.
Come sempre, quando mi capita una nuova macchina da musica di questi americani laboriosi, resto sorpreso per la rigorosa, quasi puntigliosa fedeltà al modello estetico originario. Frontale argenteo con la leggera cornice nera a inquadrare i pochi ed essenziali comandi, le maniglie, funzionali e pratiche, la gabbia bucherellata del corpo principale per dissipare il calore: gli ingredienti fondamentali del look «made in Minnetonka» ci sono sempre, sempre uguali, sempre gli stessi, ma mai, mai davvero riesco a stancarmi.
Sarà l’essenzialità, sarà il fascino sottile delle buone cose che durano a lungo, sarà la voglia di stabilità che talvolta sorprende anche un inquieto viaggiatore qual è il vostro recensore. Sarà quel che sarà, come cantavamo una volta, urlatori immemori e incoscienti, il fatto è che ogni nuovo Audio Research mi rinnova il piacere delle cose certe, delle cose buone e soprattutto mi fa annusare, per così dire, una sorta di ingenuità, di genuinità primaria.
Il fatto è che – a parte la materialità dell’oggetto, il rapporto sensuale con lo stesso – la mia naturale inclinazione per queste macchine deriva dal fatto che so quanto suonino bene. E bene, in realtà, quasi sempre si può tradurre con un «benissimo», talvolta anche con uno «straordinariamente bene».
E questo vale anche per l’LS 7, anzi con questa nuova macchina Audio Research forse riesce a migliorare ancora – seppure marginalmente – i già ottimi livelli raggiunti con i vari LS 3 e con lo straordina rio LS 2. D’altronde perché stupirsi? Quando alle spalle si hanno tradizioni, inventiva, creatività e soprattutto quando vi è la forza tranquilla della qualità e del buon senso i risultati sono facili e scontati. Non so perché ma mi viene in mente questo governo che, ahinoi, dice di essere il nocchiere che ci fa transitare nella Seconda Repubblica. Non nominerò il Berlusca e il suo signorile «stasera ciuliamo» rivolto ai sette Grandi riuniti a Caserta, perché altrimenti mi arriva un’altra raffica di lettere indignate di gente che ha riscoperto l’apoliticità. Ma come volete che taccia di fronte ad un governo di imbroglioni e illusionisti come questo che sta a Palazzo Chigi e dependances. Ricordate la legge per favorire la giovane imprenditoria? Tre milioni di tasse all’anno e niente più?
Ebbene, sapete che se un’azienda dovesse comperare qualcosa dai nuovi, giovani imprenditori non potrebbe scaricare l’IVA che ha pagato? Come dire che i nuovi giovani imprenditori o fanno i pescivendoli (o i fruttivendoli, o i pollivendoli o gli straccivendoli) oppure non potranno mai sopravvivere. Quale imprenditore «normale» si rivolgerà mai a loro sapendo di dover pagare tutto il 19 per cento in più?
Ah, allodole mie, ancora non avete imparato a distinguere tra specchietti e specchiere. Peggio per voi, e per noi visto che siete la maggioranza. Per ora.
Tornando all’LS7 vi dirò rapidamente che si tratta di un preamplificatore di linea con quattro valvole 6922/EC88cc, connessioni sbilanciate RCA, con cinque ingressi di linea per CD, video, aux, tape e sintonizzatore, e due uscite, una coppia verso i finali, l’altra per un registratore.
I controlli, racchiusi nella consueta ellisse nera interrotta in alto dal logo Audio Research, sono essenziali e sono quelli abituali su tutti i pre di questa ditta. Un regolatore del volume, il consueto potenziometro a 41 posizioni, uno strumento rodatissimo, che ha dato prova delle sue qualità sul campo e che consente un controllo finissimo del volume. Insomma, un classico indispensabile.
Vi è poi un selettore della sorgente, un interruttore di accensione e un selettore del mute. Anche il led centrale, verde chiaro quando la macchina è in preriscaldamento (durante i primi 45 secondi dopo l’accensione) e di un bel verde smeraldo brillante durante le operazioni normali.
Tutto qui. Le connessioni offerte, come vi dicevo, sono soltanto quelle sbilanciate. Una scelta progettuale, forse per tenere bassi i costi di produzione nell’edizione di lancio del modello, che mi fa immaginare come prossimo l’arrivo di una versione bilanciata se i nostri amici americani vorranno ripetere l’esperienza dell’LS 3.
Per la prova l’ho inserito in una catena fat ta quasi tutta di pezzi che – per un caso – sono importati da Enzo «Babbo» Natali, un riferimento tra tutti i distributori italiani per la qualità dei prodotti e per la serietà. Lasciatemi che lo ringrazi almeno perché mi ha fatto conoscere alcuni dei migliori ristoranti delle varie Las Vegas, Londra, Chicago dove i saloni ci fanno periodicamente incontrare.
Da una parte infatti c’erano i Martin Logan CLS IIz, dall’altra i VTL 225 DeLuxe, in mezzo, oltre all’LS 3, la meccanica sempre Audio Research CDT 1. Unico fuori scuderia Natali, il convertitore, un Mark Levinson No. 35 distribuito questo dal mio amico Lillo Raccah, recentemente capitolato anche lui di fronte al potere perverso delle donne. Una capitolazione così totale che si è persino sposato. È proprio vero che non ci sono più gli uomini di una volta.
In una sorta di sfida alle mie orecchie e ad Audio Research, prima di fare questa recensione sono andato a rileggermi quella dell’LS 2, di un paio di anni fa o giù di lì. Sentite cosa dicevo: «Questo pre non invade la musica, non la colora, non la caratterizza né verso il dolce né in direzione dell’aspro, semplicemente ve la dà come vi aspettereste che un preamplificatore di grande, grandissima classe ve la debba porgere: musica e basta.
Se l’aggettivo trasparente si può applicare nella riproduzione musicale, nessuna macchina se lo merita più dell’LS 2. Una trasparenza assoluta, che avevo sinora sperimentato soltanto con un pre passivo della Cello con in più però una dimensione: quella della ricchezza del dettaglio, vorrei dire – per usare un termine fotografico – del microcontrasto. Forse la strada giusta per definire l’LS 2 è proprio quella del paragone visivo: il pre AR crea infatti un’immagine ricca di sfumature, dettagli, suggestioni ma proprio come un’immagine assolutamente pura, non manipolata lascia intatti gli elementi, non sovrappone le sue personali interpretazioni. Come dire che questo pre ha la classe e l’efficacia di una vecchia Leica e nessuno degli orpelli delle superautomatiche di oggi».
Bene, sostituite alla sigla LS 2 quella dell’LS 7 e avrete – grosso modo – il mio giudizio su questo nuovo pre della Audio Research.
È come se l’esperienza accumulata negli anni fosse indelebilmente entrata nel DNA del marchio e nulla più possa mutarlo. Un segnale genetico da cui non si può sfuggire. Ma perché sfuggirvi, dopotutto, se le prestazioni arrivano ai livelli a cui questo LS 7, ad un prezzo assolutamente ridicolo per quanto sa fare, sa giungere?
Tanto per continuare la sfida, e il confronto, con l’LS 2 ho voluto fare la prova con gli stessi dischi che usai allora nella mia recensione e che vi elenco rapidamente: «Thè Kòln Concert» di Keith Jarrett; la Marcia di Prokofiev nel CD di «Pierino e il lupo» con Claudio Abbado; «Sally Can’t Dance» di Lou Reed; Rickie Lee Jones col CD omonimo e infine «Slow End» dell’evergreen Eric Clapton.
Bene: quasi tutte le parole che usai allora, potrei riscriverle oggi sapendo di non fare torto allo splendido LS 2, né di rischiare di esaltare troppo il bellissimo suono dell’LS 7.
Il piano di Keith Jarrett si stacca con una precisione, una personalità, una freschezza che ho voluto ascoltarlo ad occhi chiusi per risentire con la stessa soddisfazione dei miei vent’anni queste sonorità essenziali ed intense, che forse sono dello stesso Jarrett di oggi ma che hanno una capacità di incantare tutta diversa. Forse è vero che l’arte è comunque figlia del tempo, di un tempo dato e irripetibile e l’idea borghese (si può dire?) di un’arte estranea e asettica è, appunto, l’idea di gente senza qualità e con molte paure.
Già con il piano di Keith ho potuto verificare le capacità dinamiche dell’LS 7, un piccolo diavolo per come sa gestire i mutamenti improvvisi della musica, i passaggi verticali, le discese meno protette. Ma con la Marcia di Prokofiev, gioiosa e potente come solo la musica da strada sa essere, questa specialissima inclinazione dell’LS 7 si è rivelata una magistrale intuizione. O forse soltanto una meditata scelta progettuale per dare a questa macchina da musica quel margine di veridicità, quel di più di realismo, quel tanto in più di godibilità che la fa uscire dal mucchio e la rende un oggetto musicale di grande, grandissima qualità.
E del nostro Clapton che mi dite? Chi di voi (so di parlare a quelli un po’ più grandini, quelli che non guardano l’Ambra di «Non è la Rai» e se lo fanno è perché sono dei bavosi sporcaccioni) non ha mai fatto scivolare un braccio attorno ai fianchi della malcapitata di turno quando, come per caso, partiva il disco di «Wonderful Tonight»? Come già scrivevo per l’LS 2 un pre di grande classe forse è inutile in questi casi. La musica, se mai la sentite, vi fa al più da guanciale, da soffice appoggiatesta se già non la state appoggiando su altre morbidezze. Ma se momentaneamente quelle altre morbidezze vi facessero difetto, credetemi, avere un pre all’altezza delle vostre emozioni è un grande sollievo. E vi fa un gran bene.
Da oggi non ci sono più scuse. Basta con i piagnoni che si lamentano del loro pre, basta i lamentosi de «il pre dei miei sogni costa troppo». Per dirla alla Caselli (Caterina), nessuno vi può perdonare, nemmeno voi perché la risposta è sotto i vostri occhi ed è come se fosse sotto i vostri orecchi perché costa quattro lire ed è un sogno. Il vostro.
Toni De Marchi
Preamplificatore Audio Research LS 7
Prezzo: L. 3.850.000 (listino 2/94)