Questa volta non ci occuperemo di induttanze, di altoparlanti o di incroci particolari ma inizieremo ad analizzare i filtri attivi, dando per scontato che tutti sappiano di cosa stiamo parlando e siano capaci di “accoccare” un circuito elettronico funzionante. Quello che mi interessa in questa puntata è illustrare una tipologia particolare di filtro, denominato “a variabile di stato”, che per quanto visto finora risulta estremamente adatto. Può funzionare, a seconda delle uscite, da passa-basso, da passa-alto e da passa-banda, con la frequenza di taglio variabile e con un controllo invidiabile del Q del filtro.
Breve disamina sul filtro attivo.
Il filtro attivo a differenza del filtro crossover passivo non è posizionato tra amplificatori ed altoparlanti e non è costituito da induttanze, resistenze e condensatori posti in vario modo ai capi dell’altoparlante. In effetti, si tratta di circuito che filtra il segnale prima dell’amplificatore, un circuito formato da componenti attivi, come valvole, transistor oppure amplificatori operazionali, e riceve ai suoi morsetti di ingresso un segnale di basso livello, come quello proveniente da un lettore CD oppure da un preamplificatore. Soltanto questa è la limitazione del crossover attivo, detto anche crossover elettronico o filtro attivo. Per brevità ne discutiamo facendo riferimento soltanto al disegno e all’utilizzo di amplificatori operazionali o op-amp, come vengono chiamati. Le limitazioni dunque sono costituite dalla bontà degli operazionali, dal loro rumore di fondo e dall’alimentazione che limita la massima ampiezza del segnale in transito. Con gli operazionali di oggi comunque non c’è da avere preoccupazioni particolari perché qualunque caratteristica è portata all’estremo ed è, al massimo, dello stesso ordine di grandezza della sorgente.
Il filtro a variabile di stato
Per realizzare un filtro passa-basso o passa-alto attivo si utilizza in genere un solo op-amp, magari preceduto da uno stadio adattatore di impedenza per evitare oscillazioni quando all’ingresso non è connesso nulla. Ci sono due tipi di filtro e di disegno, che saranno comunque spiegati con dovizia di particolari nei prossimi numeri, quello a reazioni multiple e quelli cosiddetti di Sallen & Key, relativamente più facili da implementare. Audio For Windows utilizza proprio questo tipo di filtri ed ha la possibilità di calcolare anche quelli con un fattore di merito non standard scegliendo semplicemente un tipo di allineamento qualunque e poi variando il Q, proprio come siamo soliti fare con il metodo FTQ per i filtri passivi.
Insomma, dopo il buffer di ingresso, in pratica un adattatore che ci consente di fissare l’impedenza di ingresso del filtro e di avere viceversa una bassa impedenza di uscita, basta un operazionale, due resistenze e due condensatori per definire completamente il circuito. Nella configurazione originale il guadagno è unitario, ma con l’aggiunta di altre due resistenze è possibile anche aumentare il livello di uscita rispetto all’ingresso. Il filtro a variabile di stato, a differenza dei classici filtri passa-basso o passa-alto, è realizzabile con tre o quattro operazionali al posto di uno ma consente diversi vantaggi, specialmente per gli autocostruttori. Quando avevo come strumenti soltanto un microfono ad elettrete di buona fattura, generatore ed oscilloscopio, devo ammettere che la realizzazione di un filtro a variabile di stato semplificò davvero la vita nel disegno dei filtri passivi. “Come?”, direte voi. Ora vi faccio vedere.
Il filtro a variabile di stato: l’analisi
In Figura 1 vediamo lo schema di un generico filtro a variabile di stato. Il primo stadio cucito attorno al primo operazionale sulla sinistra è un sommatore invertente, ove attraverso le resistenze Rm confluisce sia il segnale di ingresso che quello dell’ultima uscita, quella del passa-basso. I due operazionali successivi realizzano due integratori uguali in tutto e per tutto.

Figura 1
Le due resistenze Ra ed Rb consentono di regolare lo smorzamento. Come potete vedere dalla figura le equazioni che regolano questo filtro sono veramente ridotte all’osso. La prima, a sinistra, ci consente di definire la frequenza di taglio, quantificando le due resistenze degli integratori e i due condensatori collegati. In genere si stabilisce un valore resistivo adeguato, in un intervallo che ragionevolmente va da 10.000 a 100.000 ohm e si calcola il condensatore semplicemente ribaltando la formula in base alla frequenza di taglio che vogliamo ottenere.
In questi due stadi salta immediatamente agli occhi una particolarità: facendo variare contemporaneamente queste due resistenze, ovvero sostituendole con un potenziometro doppio, è possibile variare la frequenza di taglio semplicemente facendo ruotare il cursore. La terza formula non è propriamente rigorosa e rappresenta, più che altro, un’indicazione. Sempre dalla figura notiamo che la prima uscita del circuito è quella del passa-alto, seguita da quella del passa-banda e dal passa-basso. Ovviamente passa-basso e passa-alto possono essere usati contemporaneamente, anche se per quanto visto circa le frequenze di taglio reali non mi sembra il caso. La definizione di Ra ed Rb ha però una conseguenza nefasta sul filtro passa-banda, visto che all’aumentare del fattore di merito aumenta anche il guadagno di tutto lo stadio. Oltre a ciò occorre considerare che fattori di merito elevati possono andare bene per il passa-banda ma non sono certo indicati per il passa-alto e per il passa-basso. Anche in questo caso possiamo ipotizzare allora di sostituire la resistenza Ra con un potenziometro in modo da poter variare il fattore di merito da un minimo ad un massimo. Insomma, la faccenda si fa interessante.
In Figura 2 possiamo vedere come si potrebbe presentare un filtro a variabile di stato effettivo, con tanto di buffer di ingresso e di potenziometri per variare la frequenza di taglio ed il Q che equivale a quello dei filtri che vogliamo disegnare, intesi come passa-basso e passa-alto. Ovviamente un filtro di questo tipo presenta sempre una pendenza di 12 decibel per ottava, ovvero è del secondo ordine.

Figura 2 – Filtro generico a variabile di stato.
Per ovviare alla variazione del guadagno in base alla variazione del fattore di merito, se siamo interessati ai soli filtri passa-banda che spesso necessitano di Q maggiori di 5 occorre modificare leggermente lo stadio di ingresso, utilizzando in serie allo stadio un secondo potenziometro uguale a quello che abbiamo usato per il Q. In pratica, con un potenziometro doppio è possibile attenuare l’ingresso in modo lineare rispetto all’aumento del fattore di merito.
In Figura 3 vediamo allora uno stadio passa-banda completo che può costituire un buon filtro passa-banda parametrico se inserito in uno stadio attenuatore/amplificatore. Il filtro passa-banda, per essere parametrico, ovvero per consentire la regolazione di qualunque grandezza, deve poter far variare l’ampiezza, la frequenza centrale ed il fattore di merito.

Figura 3 – Filtro pratico passa-banda (BPF).
Se diamo una occhiata ai valori possiamo anche, calcolatrice alla mano, definire il minimo ed il massimo fattore di merito e la minima e la massima frequenza di intervento. Dobbiamo ovviamente calcolare Ra come sola resistenza fissa ipotizzando i potenziometri ruotati al minimo per ottenere il Q più basso che possiamo avere, mentre dobbiamo contare Ra come somma di tutto il potenziometro più la resistenza fissa per ottenere il massimo fattore di merito possibile. Allo stesso modo occorre comportarsi per avere la minima frequenza di intervento (Rfissa + Rpotenziometro) e la massima frequenza raggiungibile (soltanto Rfissa). I meno distratti avranno notato anche la presenza, in serie all’uscita passa-banda, di un ulteriore trimmer seguito da una resistenza fissa.
Questi due resistori ci consentono di variare l’intervallo di guadagno/attenuazione una volta inserito questo filtro nel circuito di Figura 4 che rappresenta lo stadio a guadagno/attenuazione che ci serve per il passa-banda. Come possiamo vedere si tratta di tre operazionali attraverso i quali passa il suono, in pratica l’ingresso e l’uscita di un equalizzatore parametrico.

Figura 4 – Stadio ingresso-uscita.
Anche in questo caso questa importante porzione di circuito può essere realizzata in mille modi, ma tuttavia quella che vi suggerisco nel tempo ha dimostrato di essere la migliore configurazione, facile da implementare anche con circuitazioni a transistor oppure a valvole, visto che i tre stadi lavorano a guadagno unitario, anche se invertenti. Il rettangolo nominato BPF è quello che abbiamo visto in Figura 3. Se gli operazionali utilizzati lo permettono e non si siedono sul carico di questi stadi, se ne possono sistemare almeno cinque in parallelo, in modo da avere un equalizzatore parametrico a cinque bande.
Cerchiamo di capire come funziona. Intanto è meglio sapere prima che per ognuno dei due stadi col segnale che entra nell’ingresso denominato col segno meno (stadio invertente) il guadagno vale: R2/R1 per il primo stadio ed R4/R3 per il secondo. È ovvio che se le due resistenze sono uguali il guadagno è unitario, ovvero per un volt di ingresso abbiamo un volt di uscita. Poniamo inoltre come condizione di partenza che il valore ohmico del potenziometro sia almeno tre volte quello delle resistenze R1, R2, R3 ed R4 che possiamo scegliere tutte dello stesso valore (poniamo 18 kohm oppure 22 kohm).
Se all’uscita del filtro passa-banda abbiamo un segnale a guadagno unitario alla frequenza di centro-banda ed il cursore del potenziometro è posto esattamente al centro il guadagno in uscita rimane praticamente immutato, visto che dal lato sinistro abbiamo metà potenziometro in parallelo ad Rg2 e dal lato destro abbiamo metà potenziometro in parallelo ad Rg3.
Se il potenziometro ha un valore di 50 kohm e le quattro resistenze hanno un valore di 18 kohm otteniamo che metà potenziometro (25 kohm) è in parallelo a 18 kohm, per un valore totale di Rg2 di 10,4 kohm. Il guadagno del primo stadio sarà allora: 10,4 / 18 = 0,577. Il secondo stadio vede i 25 kohm della porzione destra del potenziometro in parallelo ad Rg3 ed il guadagno dello stadio sarà 18 / 10,4 = 1,73. Il guadagno totale varrà allora 0,577 x 1,73 = 1 e tutto passerà immutato dall’ingresso all’uscita.
Se ruotiamo il cursore del potenziometro verso sinistra entra in gioco anche Rgain, che come sappiamo è posta in serie all’uscita del passa-banda. Portando il cursore del potenziometro tutto a sinistra abbiamo che proprio questa resistenza è posta virtualmente in parallelo a Rg2 abbassando notevolmente il guadagno del primo stadio, mentre tutto il potenziometro appare in parallelo ad Rg3 ma a causa del suo valore elevato modifica di poco il guadagno del secondo stadio. Viceversa, spostando il cursore del potenziometro tutto a destra la situazione si inverte, col primo stadio che non attenua quasi nulla ed il secondo che vede il suo guadagno definito dalla resistenza Rgain.
Dimensionando accortamente questa resistenza posta in serie al filtro passa-banda è possibile definire l’intervallo operativo del cursore e quindi stabilire se il guadagno totale debba essere di ±3 dB oppure ±15 dB, ricordando che la massima tensione rms in uscita dipende anche dalla massima tensione di alimentazione, secondo la formula empirica:
Vrms = (Vctot-8) x 0,3535
tanto che per una alimentazione di ±15 volt possiamo avere al massimo un segnale indistorto di 7,77 Vrms.
Nell’equalizzatore parametrico disegnato “qualche anno fa” impiegai al posto della resistenza Rgain un deviatore che consentiva di poter scegliere tra un guadagno del cursore di ±3, ± 6, ±12 e ±15 in modo da avere col cursore del potenziometro una taratura sempre molto precisa. Nel prossimo numero parleremo di potenziometri e del loro utilizzo nel filtro a variabile di stato, di alimentazioni e di qualche trucco da usare nella sua costruzione. Vedremo anche come i filtri passa-basso e passa-alto parametrici ci possono servire per realizzare con una certa precisione anche i filtri passivi.
Gian Piero Matarazzo
da AUDIOreview n. 353 luglio 2014