Total Noise Distortion – seconda parte

apertura-tnd

Nel numero precedente di AUDIOreview abbiamo introdotto questa nuova misura, descrivendone gli scopi, la tecnica per eseguirla ed alcuni esempi di risultati. Ora concludiamo il discorso descrivendone alcune proprietà nuove e molto importanti, nonché alcuni test tesi a mettere in evidenza fenomeni di estremo interesse, anche questi in larga misura non osservati in precedenza. Ma soprattutto in questa occasione riprendiamo 10 sistemi di altoparlanti provati in tempi recenti dalle nostre testate, confrontando misure ed ascolto in relazione a quel parametro descrittivo della qualità del suono che inizialmente abbiamo indicato come “mascheramento” e che ora sembra più compiutamente descrivibile dal termine “articolazione

La TND gode di almeno due proprietà peculiari, ovvero:

  1. I risultati non dipendono dall’ambiente di misura (se questo è non distorcente).
  2. Può essere eseguita, con le dovute accortezze, con qualsiasi segnale.

Vediamo cosa comporta tutto questo.

Misure anecoiche e non

Le usuali tecniche di misura della distorsione armonica e di intermodulazione devono assolutamente essere eseguite in condizioni anecoiche, ovvero senza rilevare insieme segnale utile e riflessioni. Ciò significa poter fare misure in situazioni diverse:

A) In un ambiente privo di riflessioni, o perché queste non esistono del tutto (caso limite ed irrealistico di un sistema di altoparlanti e di un microfono di misura sospesi a grande altezza) o perché queste vengono efficacemente assorbite (camera anecoica).
B) In un ambiente anche riverberante, ma con un segnale variabile in frequenza nel tempo e con un sistema di misura capace di eseguire una misura selettiva, sintonizzandosi sul segnale diretto e reiettando le riflessioni (che arrivano al microfono ritardate, ovvero a frequenza diversa rispetto al segnale utile).
C) Usando un segnale di breve durata, che termini e venga acquisito prima dell’arrivo al microfono delle riflessioni.
D) Mettendosi in condizioni tali da rendere il segnale utile tanto più potente di quello riflesso da poter trascurare quest’ultimo all’atto pratico.
La misura (A) è quella “classica”, eseguibile sin dai primordi dell’alta fedeltà a patto di dotarsi di una grossa, costosissima e scomoda camera anecoica (decine di metri di diagonale per arrivare a 20 Hz, e cunei da alcuni metri). La misura (B) venne proposta dal mitico Richard Heyser ed implementata dapprima solo nel pure mitico analizzatore TEF della Tecron, poi anche in altre macchine, evolutesi fino alla versione utilizzata nel B&K2012 che anche noi abbiamo impiegato fino ad alcuni anni or sono. La (C) è la misura che il nostro team impiega dopo aver abbandonato la (B), perché rispetto a questa consente di eseguire test a (praticamente) qualsiasi potenza. La misura (D) corrisponde al cosiddetto “campo vicino”, ed è indispensabile se si opera in un ambiente anche solo parzialmente riflettente, ma è applicabile solo a frequenza bassa (laddove si può assumere che l’emissione sia isotropa).
Ma perché la anecoicità è necessaria? La risposta è molto semplice: perché quando misuriamo una distorsione “classica” applichiamo il segnale a determinate frequenze, poi andiamo a rilevare cosa c’è a frequenze differenti. Se l’ambiente di misura genera riflessioni, queste altereranno il livello delle componenti distorte in modo (in generale) differente da come modificano i segnali fondamentali, falsandone i veri rapporti (ovvero la distorsione cercata). Per rendersi conto concretamente di quel che succede basta confrontare le figure 1 e 2: nella prima vediamo una risposta in frequenza con segnale continuo e sinusoidale, misurata in ambiente semi-anecoico (anecoico solo sopra i 300 Hz), mentre la seconda è stata rilevata in una normale stanza di lavoro.

Figura 1. Risposta in frequenza di un sistema di altoparlanti rilevata in ambiente fortemente assorbente (praticamente anecoico oltre i 300 Hz) ed in regime sinusoidale, con il microfono ad 1 metro di distanza.

Figura 1. Risposta in frequenza di un sistema di altoparlanti rilevata in ambiente fortemente assorbente (praticamente anecoico oltre i 300 Hz) ed in regime sinusoidale, con il microfono ad 1 metro di distanza.

Figura 2. Come figura 1, ma in un ambiente di lavoro di normale riflettività acustica. Il fortissimo frastagliamento osservabile pressoché sull’intera banda audio è dovuto alle interferenze prodotte dalle riflessioni. In queste condizioni, se un’idea della risposta in frequenza possiamo dedurla integrando fortemente la risposta ottenuta, è però impossibile misurare le distorsioni non lineari “classiche”.

Figura 2. Come figura 1, ma in un ambiente di lavoro di normale riflettività acustica. Il fortissimo frastagliamento osservabile pressoché sull’intera banda audio è dovuto alle interferenze prodotte dalle riflessioni. In queste condizioni, se un’idea della risposta in frequenza possiamo dedurla integrando fortemente la risposta ottenuta, è però impossibile misurare le distorsioni non lineari “classiche”.

La cosiddetta filtratura “a pettine” operata dalle riflessioni è evidentissima, le alterazioni sono dell’ordine delle decine di decibel e sarebbero persino più evidenti se invece di rappresentare l’intera banda audio avessimo “zoomato” su una banda di frequenze molto stretta.
Per come è stata definita, con la TND non dovrebbe accadere nulla di tutto questo: grazie alla rilevazione in due fasi e con segnali complementari, il residuo di distorsione viene misurato alla stessa frequenza del corrispondente segnale utile, compensando automaticamente le eventuali alterazioni di livello introdotte dalla presenza di riflessioni. In teoria dovrebbe avvenire questo, e nella realtà dei fatti? Se guardiamo alle misure di figura 3 e figura 4 noteremo che teoria e pratica vanno perfettamente a braccetto. Ciò apre possibilità nuove, perché diventa possibile eseguire misure di linearità che includono l’ambiente, anche se (per motivi che magari vedremo meglio in un’occasione specifica) per indagare in questo senso sarebbe bene impiegare non il rumore rosa ma un segnale più spettralmente concentrato. In modo analogo si possono poi fare misure di distorsione in condizioni per le quali l’anecoicità non è neppure ipotizzabile, come negli impianti audio installati in autovettura.

Figura 3. Confronto tra misure di TND effettuate in un ambiente anecoico (curva blu) e non anecoico (curva rossa, misura effettuata nella sala pose della TechniPress). Sistema di altoparlanti B&W 801D, pressione media di rumore rosa pari a 100 dB ad 1 metro. A differenza di quanto sarebbe potuto avvenire con una misura di distorsione convenzionale, qui le curve differiscono al massimo di alcuni decibel, ovvero del margine di ripetibilità che è comunque associato ad un rilevamento di tipo probabilistico (sia la componente utile che la distorsione vengono misurate effettuando molte medie spettrali e cercando poi il centro della gaussiana di distribuzione).

Figura 3. Confronto tra misure di TND effettuate in un ambiente anecoico (curva blu) e non anecoico (curva rossa, misura effettuata nella sala pose della TechniPress). Sistema di altoparlanti B&W 801D, pressione media di rumore rosa pari a 100 dB ad 1 metro. A differenza di quanto sarebbe potuto avvenire con una misura di distorsione convenzionale, qui le curve differiscono al massimo di alcuni decibel, ovvero del margine di ripetibilità che è comunque associato ad un rilevamento di tipo probabilistico (sia la componente utile che la distorsione vengono misurate effettuando molte medie spettrali e cercando poi il centro della gaussiana di distribuzione).

Figura 4. Come figura 3, ma sistema di altoparlanti Tannoy Prestige Yorkminster.

Figura 4. Come figura 3, ma sistema di altoparlanti Tannoy Prestige Yorkminster.

Misure con la Musica

Il titolo di questo paragrafo potrebbe apparire come una sorta di approdo irraggiungibile per buona parte degli audiofili di oggi, ma ai lettori di AUDIOreview di vecchia data dovrebbe invece ricordare qualcosa di lontano. Chi in libreria ha gli oltre due metri lineari di fascicoli di AUDIOreview pubblicati in 25 anni di attività, potrebbe guardare la costatina del numero 64 (settembre 1987) e troverebbe le stesse parole, a dimostrazione che lo scopo di questo team non è cambiato nel tempo: rendere razionalmente spiegabile e quantificabile quel che ignoranza ed interessi di parte vorrebbero mantenere avvolto nel mistero, avvicinando il laboratorio alla sala d’ascolto, non collocandolo su una torre d’avorio isolata dalla realtà. Diciannove anni or sono AUDIOreview investì una cinquantina di milioni dell’epoca per dotarsi di un analizzatore bicanale di ultima generazione, il modello CF-940 della Ono Sokki (tanto buono che funziona perfettamente ancor oggi, pur se ormai viene usato di rado), con il quale vennero tra l’altro condotti test per evidenziare se le differenze timbriche percepite da alcuni ascoltatori in sede di ascolto fossero dovute ad una risposta in frequenza “statica” differente da quella “dinamica”, ovvero se applicare sinusoidi ed un carico resistivo conducesse a risultati diversi rispetto alla musica e ad un sistema di altoparlanti. Un canale dell’analizzatore veniva collegato alla sorgente musicale, l’altro all’uscita dell’amplificatore di potenza che pilotava gli altoparlanti: il rapporto delle relative trasformate (dopo un certo numero di medie, e dato un programma musicale in grado di coprire seppur discontinuamente tutta la banda audio) identificava il guadagno frequenza per frequenza, ovvero la risposta “dinamica”. In quel caso l’obiettivo era quindi una distorsione di quelle cosiddette “lineari”, ovvero delle meno perniciose (anche se a volte più rapidamente riconoscibili), e l’esito dei test condotti sulle elettroniche permise di comprendere che – a differenza di quanto pensavano in molti – le differenze percepite non erano ascrivibili a squilibri timbrici di tipo dinamico.
Anche la TND si presta a fare misure con la musica, ma in questo caso possiamo fare luce sulle distorsioni “non lineari”, di gran lunga le più dannose all’ascolto. Basta prendere un brano musicale sufficientemente lungo, “splittarlo” in due sequenze spettralmente complementari (come abbiamo visto nella scorsa puntata) e “darlo in pasto” al sistema di misura: l’esito sarà la rappresentazione di quanto gli altoparlanti in prova introducono di spurio quando sono pilotati con gli stessi segnali che dovranno riprodurre in sala d’ascolto. Per andare subito sul concreto e rendersi conto di cosa avviene possiamo andare alle figure 5 e 6, relative al sistema Dynaudio Focus 220 (provato nel numero scorso), sollecitate da un passaggio del “Dies Irae” verdiano e da uno del “Principe Igor” di Alexander Borodin. In ambo i casi è stata isolata una porzione di “pieno” orchestrale lunga circa 1.5 secondi, includente componenti varie (colpi di timpano, cori, archi, etc.) e tali da coprire praticamente tutta la banda udibile senza eccessivi “vuoti” spettrali.

Figura 5. Total Noise Distortion del sistema di altoparlanti Dynaudio Focus 220 alla pressione media di 90 dB ad un metro, misura effettuata impiegando non il rumore rosa bensì un passaggio musicale tratto da un pieno orchestrale della Messa da Requiem di Verdi. La TND è tecnicamente eseguibile con qualsiasi segnale caratterizzato da uno spettro privo di zeri (ovvero “non discontinuo”), e quindi anche con la musica stessa.

Figura 5. Total Noise Distortion del sistema di altoparlanti Dynaudio Focus 220 alla pressione media di 90 dB ad un metro, misura effettuata impiegando non il rumore rosa bensì un passaggio musicale tratto da un pieno orchestrale della Messa da Requiem di Verdi. La TND è tecnicamente eseguibile con qualsiasi segnale caratterizzato da uno spettro privo di zeri (ovvero “non discontinuo”), e quindi anche con la musica stessa.

Figura 6. Come figura 5, ma il passaggio musicale qui impiegato è stato prelevato dal “Principe Igor” di Borodin. Notare il considerevole grado di “parentela” con la curva di figura 5, ed il parallelo legame che sussiste, pur a quote ovviamente differenziate per frequenza (la distorsione locale dipende ovviamente dal livello locale, e questo cambia nei casi esaminati), tra queste curve e la misura effettuata con rumore rosa, riportata nelle pagine successive insieme al test di ascolto.

Figura 6. Come figura 5, ma il passaggio musicale qui impiegato è stato prelevato dal “Principe Igor” di Borodin. Notare il considerevole grado di “parentela” con la curva di figura 5, ed il parallelo legame che sussiste, pur a quote ovviamente differenziate per frequenza (la distorsione locale dipende ovviamente dal livello locale, e questo cambia nei casi esaminati), tra queste curve e la misura effettuata con rumore rosa, riportata nelle pagine successive insieme al test di ascolto.

Questo segmento è stato poi ripetuto molte volte (il test richiede un segnale che perduri per alcuni minuti), filtrato e memorizzato nel computer che esegue la misura. La relativa brevità temporale del segmento base dipende dal fatto che, per arrivare a risultati quantificabili, ad ogni singola acquisizione il sistema di analisi deve trovare la stessa distribuzione di energia, ed altresì non deve essere costretto ad alterare dinamicamente troppo spesso la propria sensibilità d’ingresso, pena un allungamento inaccettabile dei tempi esecutivi. Non si tratta peraltro di condizioni che limitano la significatività del test, perché se avessimo analizzato in un unico blocco, ad esempio, 20 minuti di segnale, avremmo alla fine ottenuto la TND “media”, non quella realmente udibile, che varia dinamicamente in funzione delle caratteristiche istantanee del segnale musicale. In questo senso la strada da seguire sembra essere proprio quella dell’isolamento di passaggi musicali particolarmente rilevanti. Stiamo conducendo ormai da tempo esperimenti tesi a capire se e quanto sia significativo eseguire e pubblicare, dato un certo sistema di altoparlanti, la TND del pianoforte, quella del flauto, del violoncello, di un organo Hammond e via discorrendo (si tratterebbe, quindi di “TMD”) . Un primo problema riguarda il fatto che una misura, per essere tale, deve essere ripetibile, ed ovviamente non esistono un “pianoforte standard” od un “flauto standard”, e seppure esistessero non sarebbero “standard” i musicisti che li suonano. Un secondo problema concerne la potenza da applicare, ovvero la pressione di misura: se il segnale è a banda larga, come appunto nei passaggi di cui sopra, possiamo valutare la potenza media e ragionare come nel caso del rumore rosa, ma il discorso sarebbe ben diverso con strumenti che spaziano su bande molto più limitate. L’ultimo problema è che molti strumenti – quasi tutti quelli acustici – emettono fondamentali ed armoniche, ovvero lasciano “scoperte” bande di frequenza molto larghe, ed in mancanza di segnale il rapporto tra segnale e rumore è molto basso (nel caso specifico, la distorsione è molto elevata): se facessimo tout court la TND, ad esempio, di un altoparlante che riproduce un clarinetto, otterremmo curve molto irregolari, ed insensatamente elevate per gran parte della loro estensione.
Ovviamente si possono immaginare correttivi e compensazioni. Per il momento però preferiamo proseguire la sperimentazione, ed impiegare il solo rumore rosa nel set tipico di misure che effettueremo sui diffusori.

Osservazione di fenomeni nuovi

Già nella prima puntata abbiamo osservato qualcosa di poco atteso, come l’aumento netto di TND in corrispondenza dei confini dei terzi d’ottava impiegati, ben visibile in due dei tre sistemi portati ad esempio (quello interamente dinamico e quello interamente elettrostatico). Per qualche motivo non evidente a priori, in taluni sistemi la distorsione creata non si distribuisce in modo uniforme, bensì tende ad addensarsi nelle zone immediatamente limitrofe a quelle ove termina il segnale utile, generando aumenti relativi molto consistenti e quindi dei veri e propri “picchi” nei grafici. Si può escludere a priori che si tratti di distorsione da Effetto Doppler, ovvero di variazioni di frequenza di un segnale dovute ad un segnale modulante di frequenza più bassa e livello ben elevato: calcoli a parte, se così fosse non dovremmo quasi trovarne negli elettrostatici (che grazie alla loro elevata superficie radiante si muovono a velocità molto più bassa rispetto ai trasduttori dinamici), mentre i sistemi dinamici dovrebbero esserne tutti pesantemente afflitti. Il che non avviene. Per capire qualcosa in più abbiamo effettuato molti altri test, ed applicato filtrature particolari ai terzi d’ottava, nello specifico limitandone il contenuto di basse frequenze. In figura 7 vediamo cosa accade alla “vecchia” Quad 989 – a tutt’oggi un vero riferimento di linearità – quando viene applicato un segnale di TND pari a 3 watt su 8 ohm (90 dB di pressione media ad 1 metro, curva blu) e quando poi (curva  rossa) lo stesso segnale viene drasticamente tagliato con un passa-alto a 500 Hz: la distorsione, già molto bassa, scende in modo nettissimo, anche di 4 volte in gamma media, e soprattutto scompaiono i picchi in corrispondenza dei confini dei terzi d’ottava.

Figura 7. Total Noise Distortion del sistema Quad 989 alla pressione di 90 dB. Nonostante la distorsione sia in generale bassa, e molto bassa in gamma media ed alta, è presente molto “lateral banding”, con picchi elevati ai confini delle bande. Tutto ciò è indotto dal movimento associato alla componente più bassa del segnale, perché se filtriamo il segnale di prova a 500 Hz assistiamo ad un vero crollo dei residui. Una riduzione molto più marginale si osserva se il taglio viene ulteriormente innalzato a 2000 Hz.

Figura 7. Total Noise Distortion del sistema Quad 989 alla pressione di 90 dB. Nonostante la distorsione sia in generale bassa, e molto bassa in gamma media ed alta, è presente molto “lateral banding”, con picchi elevati ai confini delle bande. Tutto ciò è indotto dal movimento associato alla componente più bassa del segnale, perché se filtriamo il segnale di prova a 500 Hz assistiamo ad un vero crollo dei residui. Una riduzione molto più marginale si osserva se il taglio viene ulteriormente innalzato a 2000 Hz.

Se poi il taglio lo innalziamo a 2000 Hz (curva verde) la TND scende ancora, ma in modo molto più marginale. Si potrebbe pensare che le elettrostatiche fanno storia a sé, specie quando presentano una struttura complessa come quella a settori concentrici delle Quad. Guardiamo allora alla figura 8, che rappresenta un sistema antipodale rispetto alle Quad, trattandosi delle Synergy B2 della Klipsch, un piccolo bookshelf a due vie con tweeter a compressione: tagliando il segnale a 500 Hz la TND prodotta dal tweeter (interessato molto marginalmente dal taglio) rimane identica, ma quella del woofer in gamma media scende in media di oltre 10 volte (!), con picchi di 40 (!!).

Figura 8. Klipsch Synergy B2, misura effettuata a 90 dB. Se in questo caso tagliamo a 500 Hz i residui di TND prodotti dal woofer in gamma media scendono a livelli da trasduttore “super”, ed inoltre scompaiono del tutto i picchi sulle bande laterali.

Figura 8. Klipsch Synergy B2, misura effettuata a 90 dB. Se in questo caso tagliamo a 500 Hz i residui di TND prodotti dal woofer in gamma media scendono a livelli da trasduttore “super”, ed inoltre scompaiono del tutto i picchi sulle bande laterali.

È del tutto logico attendersi a priori una riduzione della distorsione, visto che il segnale applicato è più debole e con meno componenti, ma non in questi termini, e non con la completa scomparsa delle bande laterali anche a frequenza piuttosto alta. La prova ulteriore della estendibilità generale di questo effetto la vediamo in figura 9, ove compare la TND a filtrature progressive di un altro sistema piccolo ma stavolta con classico tweeter a cupola (Indiana Line HC205 a 90 dB): basta un taglio a 100 Hz (curva rossa) per abbattere la distorsione generata sulle mediobasse di oltre 10 volte.

Figura 9. Un altro piccolo bookshelf a due vie, Indiana Line HC205. Qui notiamo che per ottenere un miglioramento già drastico del comportamento della via bassa basta un taglio a 100 Hz. In casi (frequenti, per quanto osservato finora) come questo, più si costringe il woofer a lavorare in basso, più la TND in gamma media aumenta.

Figura 9. Un altro piccolo bookshelf a due vie, Indiana Line HC205. Qui notiamo che per ottenere un miglioramento già drastico del comportamento della via bassa basta un taglio a 100 Hz. In casi (frequenti, per quanto osservato finora) come questo, più si costringe il woofer a lavorare in basso, più la TND in gamma media aumenta.

Salendo a 500 Hz si ha un netto miglioramento in gamma media, quantificabile in una ulteriore dozzina di dB (4 volte), ma già con il taglio a 100 Hz le bande laterali e le relative “intrusioni” fino alle frequenze medioalte scompaiono. Se portiamo il taglio a 4 kHz, per vedere se anche il tweeter si avvantaggia in modo analogo del fatto di non essere costretto a riprodurre frequenze al limite inferiore della sua banda passante, notiamo un miglioramento di qualche decibel, e nulla più. Poiché in redazione avevamo poi anche alcuni sistemi Piega, ne abbiamo approfittato per verificare (fig. 10) se del taglio molto alto si potesse avvantaggiare almeno quello che tecnicamente è il componente più difficile da usare in un sistema a due vie, ovvero il tweeter a nastro: ebbene sì, in questo caso il taglio aumentato a 4000 Hz trasla in basso la TND del componente fino a valori da elettrostatico di elevata superficie. Naturalmente la casistica deve essere ampliata, e lo sarà ad ogni nuovo numero di AUDIOreview, ma indicazioni come quelle appena viste sembrano già emergere con una certa evidenza.

Figura 10. Sistema Piega TC70X, pressione 90 dB. Solo in questo caso, finora, abbiamo osservato netti vantaggi da un filtraggio del tweeter sensibilmente superiore a quello comunque consigliato dai suoi limiti meccanici e termici.

Figura 10. Sistema Piega TC70X, pressione 90 dB. Solo in questo caso, finora, abbiamo osservato netti vantaggi da un filtraggio del tweeter sensibilmente superiore a quello comunque consigliato dai suoi limiti meccanici e termici.

Figura 11. Distorsione armonica a 100 dB di pressione rilevata sul sistema Klipsch RF15. Se confrontiamo questo grafico con quello di TND a pressione equivalente (pubblicato nelle pagine seguenti) noteremo quanto possano essere differenziate le informazioni che provengono dalla misura di TND rispetto a quelle delle misure di distorsione fin qui prodotte.

Figura 11. Distorsione armonica a 100 dB di pressione rilevata sul sistema Klipsch RF15. Se confrontiamo questo grafico con quello di TND a pressione equivalente (pubblicato nelle pagine seguenti) noteremo quanto possano essere differenziate le informazioni che provengono dalla misura di TND rispetto a quelle delle misure di distorsione fin qui prodotte.

Ricorrendo ad una terminologia di stampo audiofilo, potremmo dire qualcosa come “Ragazzi, c’è poco da fare: il woofer deve fare il woofer, e riprodurre solo le frequenze più basse. Se si prova a farlo salire, o s’impiega un componente di calibro – e costo – molto elevato, oppure bisogna accettare di inquinare la gamma media e medioalta”. Più asetticamente, ma non per questo senza quella sottile euforia che prende tutti gli appassionati di progettazione in presenza d’una evidenza nuova ed importante, potremmo dire che ce n’è abbastanza per rivedere pesantemente vari criteri di progetto di qualsiasi sistema di altoparlanti, ed in particolare di quelli dinamici.
Fabrizio Montanucci

 

da AUDIOreview n. 269 giugno 2006

Author: Redazione

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