Diffrazione ai bordi del pannello

e percezione della dimensione orizzontale delle casse acustiche

Di studi sull’influenza della forma e delle dimensioni dei diffusori acustici sulla loro emissione, ad oggi ne sono stati portati a termine innumerevoli, anche molto sofisticati.
Questo articolo vuole invece affrontare le problematiche relative ai fenomeni in oggetto secondo la prospettiva della loro possibile percezione, con un approccio particolarmente semplice, didattico e verificabile, tale da essere d’aiuto sia per una più facile comprensione della situazione fisica che si verifica in presenza di diffrazione ai bordi, sia per poter migliorare i nostri personalissimi ascolti.

In primo luogo è opportuno fare chiarezza tra due fenomeni che vengono spesso confusi tra loro benché assolutamente diversi, quali:

  • la Diffrazione, che interviene quando le onde incontrano discontinuità spaziali nel mezzo che stanno attraversando e variano la loro direzione di propagazione come conseguenza di una variazione di pressione, senza peraltro variare la loro velocità di propagazione;
  • – la Refrazione, che interviene invece quando le onde cambiano la loro direzione di propagazione come conseguenza di una variazione della loro velocità.

Cerchiamo allora, facendo il minor uso possibile sia di equazioni che dei risultati ottenibili con la modellazione ad elementi finiti, di capire innanzitutto cos’è e cosa causa la diffrazione.
Ipotizziamo di essere in presenza di un piccolo altoparlante, montato su un pannello rigido, che stia emettendo un’onda sinusoidale pura con una dispersione tale da generare una variazione ciclica nella pressione dell’aria anche lungo il pannello su cui è montato.
Se, per fissare le idee, l’onda cui ci stiamo riferendo avesse una frequenza di 10.000 Hz, la sua lunghezza d’onda sarebbe pari a 344/10.000=3,44 cm ed un periodo completo (composto da una semionda positiva ed una negativa) durerebbe 0,1 ms.
Osserviamo ora l’onda acustica che viaggia a partire dalla nostra sorgente, ad esempio un piccolo tweeter a cupola, verso uno dei bordi del pannello sul quale il tweeter è montato (cominciando da quello “destro” per chi lo guarda frontalmente), supposto largo 27,52 cm.
Trattandosi di un’onda di pressione che si propaga in un mezzo gassoso (l’aria) lungo il pannello, seguendo l’onda nel suo scorrere allontanandosi dalla sorgente, ogni mezza lunghezza d’onda troveremo delle zone nelle quali la pressione sarà massima, seguite da altre nelle quali sarà minima (andando ad assumere valori alternativamente in più e in meno rispetto a quello medio, pari alla pressione atmosferica del luogo nel quale si trova il pannello).
Per maggiore chiarezza facciamo riferimento alla Figura 1, nella quale le zone nelle quali l’onda (che ha iniziato la sua propagazione da un tempo pari a quattro periodi, ovvero esattamente 0,4 millisecondi) è “fotografata” mentre il suo fronte ha raggiunto i bordi del pannello. Le variazioni di pressione positive sono contraddistinte da segni + e quelle negative da segni -.

Figura 1 – Rappresentazione schematica di un tweeter a cupola montato al centro di un pannello largo 27,52 cm. Le sinusoidi alla sua destra e alla sua sinistra rappresentano le onde acustiche che, emesse entrambe dall’altoparlante da 0,4 ms, hanno appena raggiunto sia il bordo destro che quello sinistro del pannello.

Le zone dove la pressione è più alta sono quelle nelle quali le molecole dell’aria sono più ammassate le une contro le altre e tendono naturalmente ad allontanarsi fra loro andando ad occupare zone di spazio dove la pressione è minore, e viceversa.

Quando l’onda acustica raggiunge il bordo del pannello accade una cosa in realtà concettualmente abbastanza semplice, ma dalle conseguenze estremamente complesse.
Fissiamo ad esempio la nostra attenzione sul momento in cui una semionda positiva raggiunge il bordo e potremo facilmente renderci conto che questa, durante il suo moto a partire dalla membrana del tweeter fino a raggiungere il bordo stesso, sarà diminuita di intensità in modo molto graduale man mano che le molecole interessate ad una compressione ne spostavano altre dalla parte libera dal pannello (andando a costituire di fatto un fronte di propagazione dell’onda emisferico tendente via via ad ampliarsi e ad allontanarsi dal pannello verso l’ascoltatore). Mentre dal lato del pannello non era possibile alcuna espansione.

Quando invece la stessa semionda (sia pure attenuata per aver ceduto parte della sua energia al fronte che sta già viaggiando verso altre zone di spazio lontane dal pannello) raggiunge il bordo, si trova improvvisamente libera di espandersi, venendo meno bruscamente la presenza del pannello da entrambi i lati.
Ciò significa che la pressione dell’onda in quel punto diminuirà immediatamente, provocando la nascita di una sorgente secondaria che emetterà lo stesso segnale acustico del tweeter in tutte le direzioni, compresa quella in direzione ortogonale al pannello verso la zona di spazio posteriore allo stesso, ma, in quanto “variazione in depressione”, con fase opposta all’onda principale.

Figura 2 – Ecco i risultati che ottenne, a proposito della risposta in frequenza frontale, Harry F. Olson nel 1950/51 montando un altoparlante su diversi volumi aventi la forma riportata sopra i grafici.

Come abbiamo appena visto, localmente avviene infatti una riduzione della sovrapressione atmosferica connessa alla semionda positiva, mentre specularmente, all’arrivo al bordo della semionda negativa, la pressione subirà un aumento.
Questa è una possibile spiegazione intuitiva di ciò che di base fisicamente avviene, ma dato che i fenomeni coinvolti sono un bel po’ più complessi, possiamo cercare di esprimere immediatamente anche altre nozioni meno facilmente descrivibili in termini intuitivi e che hanno a che vedere con le lunghezze d’onda coinvolte.
Ad esempio. La sorgente secondaria che nasce al bordo tenderà sì ad emettere onde che faranno “piegare” il fronte d’onda parallelo al pannello in modo da girargli anche dietro, ma anche onde che si sommeranno all’emissione principale verso l’ascoltatore, sommandosi in fase o in controfase, a livello delle sue orecchie, a seconda della differenza fra le distanze delle stesse orecchie vuoi dal tweeter e vuoi dal bordo del pannello.
Lo stesso dicasi per il bordo sinistro. E i due effetti si sommeranno con quelli del bordo destro con modalità dipendenti dalle due distanze dei bordi dal punto d’ascolto e dalle relative relazioni di fase rispetto al punto d’ascolto stesso.
Tutto ciò non causa quindi solo la possibilità per le onde acustiche emesse lungo il pannello “di girargli intorno” (possibilità che si estrinseca sempre di più quanto più aumenta la lunghezza d’onda del suono coinvolto) e procedere in direzione opposta a quella d’ascolto, ma anche una serie di interazioni con la emissione frontale che si possono in gran parte riassumere in importanti variazioni della risposta in frequenza del campo diretto (quello facilmente misurabile in una camera anecoica o con metodi alternativi in grado di escludere i suoni riflessi e il riverbero dalla rilevazione).
Dato che la nascita della diffrazione ai bordi è fortemente dipendente dalla gradualità più o meno spinta con la quale il pannello della cassa finisce, è immediato presupporre che arrotondandone i bordi o incurvandolo gradualmente all’indietro, la diffrazione ed alcuni aspetti negativi legati alla sua nascita possano essere convenientemente ridotti.

Un altro metodo messo in atto da diversi progettisti fa appello al posizionamento di opportuni strati di materiale assorbente sul cammino dell’onda lungo il pannello (spesso è stato usato del feltro) in modo di attenuare la componente dell’onda che una volta raggiunto il bordo darà luogo alla diffrazione.
La diffrazione ai bordi non interviene però solo sull’andamento del campo diretto, peraltro in modo abbastanza dipendente anche dalla direzione lungo la quale viene rilevato, bensì, ad esempio, sulla nostra capacità di percepire la dimensione orizzontale della cassa acustica stessa.
Tale effetto deriva dalla capacità del nostro sistema uditivo di riconoscere la differente posizione occupata nello spazio da sorgenti acustiche diverse.
Tale capacità è stata testata da numerosi ricercatori impiegando i metodi ed i segnali più disparati, sia con sorgenti immobili che in movimento.
Per ascolto binaurale, la capacità risolutiva che è stata spesso rilevata è molto elevata, attestandosi sul valore di soli 3°.

Il che per contro significa che, per angoli inferiori, sorgenti diverse (specie se emittenti segnali estremamente simili) ci appariranno coincidenti.
Andiamo allora a calcolare, con poche operazioni trigonometriche abbastanza semplici, quale sia la larghezza di un pannello tale che le sorgenti secondarie che nascono al bordo destro e al bordo sinistro, causate dalla diffrazione, siano separate da una distanza tale da essere viste dalla posizione d’ascolto A entro un angolo inferiore a 3° e quindi tale da ottenere di confondersi acusticamente fra loro.

Figura 3 – Configurazione geometrica impiegata per la determinazione della larghezza massima del pannello frontale di una cassa acustica, tale da non consentire la percezione delle sue dimensioni, per ascolto da una distanza pari ad AS.

Posta S la sorgente reale, B1 una delle due sorgenti secondarie laterali (bordo sinistro), B2 l’altra sorgente (bordo destro) ed A la posizione occupata dall’ascoltatore, con riferimento alla Figura 3 poniamo che l’ angolo B1ÂB2 sia pari a:

B1ÂB2 = β = arctang (B1S / AS) = 3°.

Per una distanza di ascolto AS = 3 m e con B1ÂB2 = 3°, confondendo (visto il piccolissimo angolo in gioco, pari a soli 1,5°) AB1 con AS, avremo quindi:

B1S = 3 x SEN(3°) = 0,7853 m = 7,853 cm.

Sotto queste ipotesi, perché la presenza delle nostre casse non sia percepibile all’ascolto, si può calcolare una larghezza massima del loro pannello frontale pari a:

B1B2 = 7,853 x 2 = 15,7 cm.

Naturalmente, allontanando il punto d’ascolto, la dimensione limite del pannello, a parità di angolo visuale, può crescere. Ad esempio per un ascolto da 4 metri, mantenendo le stesse ipotesi già viste, il pannello della nostra cassa per non essere percepito dovrebbe essere meno largo di 20,94 cm. Mentre avvicinandosi a 2,5 metri la dimensione limite si ridurrebbe a soli 13 cm.

Si potrebbe arguire però che in realtà, nella situazione d’ascolto prevista, oltre alle due sorgenti virtuali ai bordi del pannello continua a sussistere anche la sorgente centrale S, dominante sulle laterali sia in termini di tempo di arrivo che di livello.
In conseguenza di ciò si può quindi ipotizzare che a dover essere visti sotto un angolo massimo di 3° non siano i due bordi, bensì ciascuno di essi con riferimento alla sorgente centrale S (ovvero ad essere uguali o minori di 3° debbano essere i due angoli B1ÂS e B2ÂS). Sotto questa ipotesi la dimensione minima del pannello potrebbe addirittura raddoppiare raggiungendo, per una distanza d’ascolto di soli 2 m, ben 21 cm.
Volendo giungere allora ad una determinazione univoca che abbia una elevata probabilità di risultare efficace indipendentemente dalle ipotesi iniziali, possiamo certamente mediare fra le due condizioni appena viste e, riferendoci alla distanza d’ascolto di 2,5 m considerata la più comune (utilizzata anche per la maggior parte delle rilevazione delle prestazioni dei diffusori acustici in ambiente), otterremo per la larghezza massima del nostro pannello la misura di:

(13+26) / 2 = 19,5 cm.

Ecco spiegata quindi la capacità di molti minidiffusori (nonché di casse che siano dotate comunque di pannelli di dimensioni inferiori a circa 20 cm) di “scomparire” all’ascolto, lasciando all’effetto stereo ed alle informazioni contenute nel segnale disponibile il compito di offrirci percezioni massimamente corrette sulle posizioni e sulle dimensioni orizzontali degli strumenti reali registrati, in quanto correlate esclusivamente alle informazioni acustiche contenute nella registrazione che stiamo ascoltando e non alterate dalla nascita delle sorgenti virtuali generate dalla diffrazione ai bordi del pannello delle nostre casse.
Renato Giussani

da AUDIOreview n. 338 novembre 2012

Author: Redazione

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