Dalla dCS (data Conversion Systems) un convertitore digitale/analogico che
abbina una sofisticata e prestazionale tecnologia (proprietaria) Ring Dac a una
sezione di elaborazione del segnale molto potente e flessibile.

L’inglese dCS ha rappresentato negli anni, e continua a rappresentare ancora oggi, un punto di riferimento nel mondo dell’audio ed in particolare nel settore della conversione da analogico a digitale e viceversa.

Fondata a Cambridge, in Inghilterra, nel 1987 da Mike Story, laureato all’Università di Oxford, e da un team di ingegneri elettronici, l’azienda inizia offrendo servizi di consulenza ad altre aziende aeronautiche e aerospaziali e ben presto si guadagna la reputazione di leader nella conversione del segnale. Il suo lavoro in questo campo la porta a collaborazioni con il Ministero della Difesa, inclusa una commissione per la progettazione del sistema radar Blue Vixen per i jet Sea Harrier FA 2 della Royal Navy.

Parallelamente al suo lavoro nell’aviazione, la dCS inizia a esplorare in che modo le sue tecnologie possono essere applicate all’audio digitale. Mike, un audiofilo con amici nel settore della registrazione, punta sulla creazione di convertitori digitali di elevata qualità per studi professionali. La dCS entra nella storia dell’audio nel 1989 con il lancio del dCS 900: il primo convertitore analogico/ digitale a 24 bit al mondo. Grazie al suo design innovativo e all’esclusivo circuito “Ring DAC”, il 900 era in grado di registrare l’audio a una risoluzione molto più elevata rispetto agli ADC convenzionali, ottenendo un suono più naturale, sfumato e tridimensionale. Il dispositivo diventa un successo immediato presso gli ingegneri professionisti del suono inglesi per poi diffondersi in molti studi di registrazione nel mondo.

Dopo il successo del 900, la dCS nel 1993 rilascia il primo convertitore digitale/analogico a 24 bit al mondo, il dCS 950. Creato per uso professionale, diventa presto popolare tra gli audiofili più esigenti (e facoltosi) che utilizzano il dispositivo per estrarre un “sound più analogico” dai loro sistemi hi-fi domestici. Ispirati dal successo del 950, nel 1996 la dCS presenta il suo primo prodotto consumer, l’Elgar, il primo DAC con risoluzione a 24 bit progettato per l’uso domestico. Da allora è un susseguirsi di innovazioni e di collaborazioni con vari studi di registrazioni tra cui la BBC.

La dCS ha messo il suo imprinting sulle principali innovazioni nel settore digitale presentando i primi sistemi di upsampling (nel 1977 con il modello 972 a 24 bit/96 kHz) e collaborando con la Philips (1999) per la messa a punto del sistema di registrazione DSD (Direct Stream Digital), supportando, tra i primi al mondo, questo formato nei suoi prodotti. Sempre nel 1999 spinge l’upsampling a 192 kHz e poi successivamente nel 2.000 fino a 24 bit/352,8 kHz (8 volte la frequenza di campionamento del CD). In seguito questo formato divenne uno standard negli studi di registrazione e venne denominato DXD (Digital eXtreme Definition). Saltando alcune tappe arriviamo al 2012 quando fu lanciato Vivaldi: un sistema a quattro box con DAC dedicato, upsampler, trasporto CD/SACD e master clock, compatibile con tutti i principali formati audio digitali.

Nel 2015 fu introdotto il DAC di rete Rossini che consentiva agli ascoltatori di riprodurre musica oltre che da dispositivi collegati tramite i tradizionali ingressi S/PDIF, AES o USB e di ricevere l’audio direttamente da unità NAS, servizi di streaming e Apple Airplay. Il sistema utilizzava le stesse tecnologie di base sviluppate per la gamma Vivaldi e da lì a poco fu completato con l’introduzione di un master clock e di un transport (solo meccanica di lettura) CD/SACD. Segui un player completo CD/SACD (con sezione DAC), offrendo così agli ascoltatori l’opzione di un potente lettore musicale singolo che si poteva evolvere verso un sistema più sofisticato a tre “contenitori”.

Particolare del display grafico affiancato da cinque piccoli pulsanti identificati da minuscole scritte.

Segue nel 2016 l’evoluzione del Vivaldi in versione 2.0 e nel 2019 l’introduzione di Mosaic, una app per dispositivi mobile (telefoni e tablet) che consente ai proprietari di apparati dCS di gestire in modo unitario i vari elementi connessi alla rete digitale e di accedere alla musica da più fonti, inclusi servizi di streaming, web radio, unità NAS e server UPnN. Oltre che funzioni avanzate di ricerca, riproduzione e controllo dei brani musicali, la piattaforma consente agli utenti di personalizzare tutte le impostazioni del proprio sistema dCS attraverso un’unica interfaccia intuitiva. Arrivando ai nostri giorni l’ultimo progresso che ha interessato i vari apparati dCS, soprattutto nelle sezioni di conversione, è l’evoluzione Apex sia nella linea Vivaldi che in quella Rossini. Andiamo allora ad analizzare il processore-convertitore Rossini Apex, oggetto di questa recensione, cercando di indagare su quali aspetti si è intervenuti in questa ultima evoluzione e mettere in luce i progressi apportati alla riproduzione del suono. Oltre ad analizzare l’hardware sarà necessario dare uno sguardo anche all’app Mosaic, in quanto attraverso di essa si ha una gestione sicuramente più completa, agevole e veloce di tutte le funzionalità del Rossini.

L’hardware

Senza dilungarmi troppo, in quanto il prodotto è già stato descritto nell’AudioPreview del direttore sul numero scorso della rivista, vi ricordo che il DAC è ricchissimo di porte di ingresso e uscita sul retro ma è molto spartano come dotazione di comandi sul pannello frontale. Qui, accanto alla grossa manopola del volume sulla destra, troviamo, sul lato opposto, un display grafico (di 7×3,5 cm) su cui sono visualizzate tutte le informazioni sullo stato di funzionamento del DAC.

Più o meno al centro, vicino al display si trovano 5 piccoli pulsantini, affiancati da scritte microscopiche, che servono a settare le funzioni principali del DAC, con riferimento alle indicazioni mostrate sul display. Viste le numerose funzioni presenti occorre navigare, tramite i pulsanti, in vari menù e sotto-menù, per accedere alla funzione desiderata, cosa non molto agevole. Per il resto il telaio è realizzato con pannelli di alluminio spessi 7 mm, quelli laterali, e 9 mm il coperchio; ancora più spesso è il frontale, dotato di una leggera curvatura. Il tutto per un ragguardevole peso, per un DAC, di 17,4 kg. Dell’interno non posso (purtroppo) dire niente, in quanto non è stato possibile aprire l’apparecchio. Ci dobbiamo accontentare di qualche foto tratta dal sito del costruttore, rappresentante una vista della scheda principale, che alloggia il Ring DAC. Al centro possiamo notare delle file ordinate di componenti che costituiscono gli elementi basilari del sistema di conversione del Ring DAC, operante a 5 bit e mezzo e con una frequenza di campionamento dai 3 ai 6 MHz.

Il Rossini offre numerose prese di ingresso/uscita digitali tra cui due di rete RJ45, due USB, 4 S/PDIF, 2 AES, 3 per il Word Clock. Per la parte analogica le due classiche bilanciate affiancate dalle sbilanciate. La porta RS232 consente di connettere fra loro più apparati dCS. Manca solo una porta I2S che in certi casi potrebbe tornare utile.


Il Ring DAC

Il Ring DAC è la sezione di conversione che equipaggia e caratterizza da molti anni tutti i prodotti dCS. Esso ha origine in ambito industriale/militare e successivamente, come abbiamo scritto nell’introduzione, fu applicato al mondo audio, per elaborare segnali con una risoluzione di 24 bit. Da allora ha subito numerose evoluzioni, l’ultima delle quali denominata Apex. Come funziona il Ring Dac? Per questo rimando all’approfondimento tecnico, dedicato a questa fondamentale parte del processore .

L’evoluzione APEX

Quello che stiamo analizzando appartiene all’ultima serie della gamma dCS, frutto dell’evoluzione denominata Apex. In cosa consiste questa evoluzione? Il costruttore riferisce, pur non fornendo molti particolari, che gli sforzi di miglioramento (effettuati realizzando numerosi prototipi sottoposti sia ad accurate misure che ad approfonditi ascolti) si sono concentrati sull’hardware del Ring DAC. In particolare sugli elementi circuitali alla base del Ring DAC, sullo stadio di alimentazione e sullo stadio di uscita analogico. Per maggiori approfondimenti rimando sempre all’articolo più dettagliato ad esso dedicato.

Il clock

Avere una sezione di conversione molto lineare sarebbe inutile, o comunque non si sfrutterebbe adeguatamente, se non si curasse anche “l’orologio del sistema”, ovvero non si fornisse al sistema un segnale di sincronizzazione, da distribuire adeguatamente alle varie sezioni, della massima precisione, pulizia (senza rumore) e stabilità. Alla dCS lo sanno benissimo e hanno sempre rivolto molte attenzioni a questo aspetto. Inoltre sarebbe meglio fare in modo che le eventuali altre macchine digitali della catena audio (come la meccanica di lettura) fossero tutte perfettamente sincronizzate tra di loro. Per far questo sono presenti, sul pannello posteriore, degli ingressi/uscite per il Word Clock tramite i quali traferire questo segnale agli altri elementi della catena, consentendogli così di funzionare all’unisono. Oltre a ciò, come upgrading, è disponibile un apparato separato specializzato per la generazione del clock, a cui agganciare tutti gli apparecchi per garantire le massime prestazioni.

Il software e l’app Mosaic

L’aspetto software in questa macchina assume particolare importanza viste le numerose funzioni disponibili. Pure la gestione di tutte queste funzioni non è banale e richiede un’interfaccia più evoluta del solito, che non può essere delegata al piccolo display ed ai cinque pulsantini presenti sul frontale. Per avere questa interfaccia bisogna rivolgersi ad un dispositivo esterno, tablet o telefono, ed installarci sopra l’app Mosaic. Per farla funzionare, occorre, naturalmente collegare il telefono/tablet (via wireless) ed il Rossini (tramite cavo) alla stessa rete digitale domestica, a sua volta aperta ad internet, per utilizzare anche i relativi servizi (Tidal, Qobuz, web radio…). D’altronde la vocazione alla connessione del Rossini è chiaramente evidenziata dalla presenza sul retro di ben due prese di rete Ethernet. Inizialmente ho cercato di utilizzarlo senza collegarlo alla rete, in quanto nel mio locale di ascolto non è presente in modo stabile una connessione di rete cablata, ed ho anche rimpianto il fatto che non fosse dotato di serie di un telecomando (occorre ordinarlo a parte).

L’ho adoperato in modo tradizionale collegandolo alla meccanica CD tramite S/PDIF ed al PC portatile (dedicato alla riproduzione musicale) tramite USB, ma ogni volta che volevo modificare qualche settaggio, tra i numerosi disponibili, bisognava avventurarsi tra vari menù e sottomenù servendosi dei pulsanti… Dopo un po’ mi sono deciso a dispiegare un cavo Ethernet e collegarlo allo switch principale e installare l’applicazione Mosaic sul tablet. Tutta un’altra cosa! Ora è molto più agevole muoversi tra le funzionalità del processore Rossini ed impostare i vari settaggi, oltre a poter utilizzare le funzioni di streaming. Diamo allora un’occhiata ai menù principali di questa app, attraverso i quali possiamo capire le potenzialità del dCS e come si possono sfruttare.

Schermata di apertura dell’app Mosaic con elencati i servizi a cui si può accedere, sia a livello locale (server UpnP e USB), che remoto (Qobuz, Tidal, web radio…).

Nella Figura in basso è riportata la schermata di apertura dell’applicazione con elencate tutte le varie modalità di funzionamento disponibili. Si va, seguendo l’ordine, dalla possibilità di collegarsi ad un server UPnP locale (ad esempio un PC nella rete locale dove possiamo, tramite software adatto, archiviare la nostra musica), alla possibilità di collegarsi ad un archivio esterno (su disco rigido o chiavetta) tramite porta USB, oppure attraverso internet ad un servizio di streaming tipo Deezer, Qobuz, Tidal o Spotify. Si può anche accedere alle web-radio oppure ai Podcast. Inoltre il Rossini può riprodurre musica tramite il sistema Apple Air Play ed è compatibile con Roon.

Sulla destra viene visualizzata la sorgente attualmente selezionata ed il brano in riproduzione, con sotto le caratteristiche tecniche della sorgente, come numero di bit e frequenza di campionamento. Qui troviamo anche i classici comandi per la riproduzione audio. Altri comandi sono disponibili per la ricerca, la creazione delle proprie playlist, ecc. Toccando le tre lineette in alto a sinistra possiamo selezionare altre schermate, tra cui quelle definite DEVICE e AUDIO. Nella prima, visibile in basso al centro, viene visualizzata (con possibilità di modifica) la configurazione del sistema dal punto di vista delle sorgenti di sincronizzazione (Word Clock) interne/esterne, lo stato della porta AES, la configurazione della porta USB (diversa dalla precedente, qui è dove va connesso il PC, da lasciare su Class 2 per riprodurre file ad alta risoluzione con Fs > di 96 kHz), del buffer di riproduzione (utile per le sorgenti da internet) ed infine il controllo del bilanciamento. Tra le altre cose è da evidenziare la possibilità di accettare i dati (criptati) del SACD provenienti dal dCS Transport attraverso la doppia connessione AES. Nella schermata in basso a destra andiamo a visualizzare/selezionare le sorgenti e le modalità operative del processore Rossini, con riferimento all’upsampling, i filtri e la mappatura del Ring Dac (su questi aspetti torneremo più avanti), per finire con la selezione della tensione di uscita (settabile tra 0,2 – 0,6 – 2 e 6 Vrms).

Toccando le scritte di colore azzurro si accede ai sottomenù che permettono di selezionare le opzioni in gioco. Ad esempio toccando la scritta sotto Source che indica la frequenza di campionamento, viene aperta una schermata con l’elenco di tutte le sorgenti disponibili.
Attraverso l’app si può controllare la versione del software installato nel Rossini (nelle varie componenti) e procedere, se disponibile, all’aggiornamento.

Area per la configurazione del sistema, dove è possibile impostare le modalità di sincronizzazione, la modalità degli ingressi AES, la configurazione della porta USB (dove andremo a collegare il PC), ecc…

Upsampling e oversampling

Un paragrafo a parte merita la schermata del sottomenù audio, a cui si accede toccando uno dei settaggi relativi al dCS Processing (upsampling o filtri) o del Ring Dac (tipo di Mapper). Siamo arrivati al cuore del sistema o forse sarebbe meglio dire al centro nevralgico, dove gli audiofili potranno “giocare” cimentandosi nella sperimentazione delle numerose configurazioni, cercando di capirne le implicazioni sull’ascolto. Diciamo subito che le differenze non sono macroscopiche ma piuttosto sottili, a volte facilmente percettibili a volte meno. Naturalmente la capacità di cogliere le differenze dipenderà dal resto della catena audio: pre, finali, cavi ma soprattutto, ritengo, dai diffusori (e locale di ascolto). Potrà dipendere, ovviamente, anche dal brano che si sta riproducendo, dove saranno privilegiate, per percepire le differenze, le registrazioni più “naturali” e con meno post-elaborazione.

In ogni caso se siete stati disposti a spendere centinaia (migliaia) di euro per scegliere il cavo giusto per il vostro impianto, badando alle più piccole sfumature, qui troverete, cambiando i vari settaggi, differenze dello stesso ordine di grandezza (in alcuni casi anche di più) che vi permetteranno una taratura fine del sistema di ascolto per arrivare alle prestazioni ottimali nella vostra situazione. Quali sono questi settaggi? Beh, mettetevi comodi, sono numerosi e tanto più elevato è il numero di combinazioni possibili. Per primo si potrà scegliere il tipo di upsampling o oversampling, ovvero quei processi che aumentano la frequenza di campionamento del segnale iniziale (ad esempio 44,1 kHz nel CD) per portarlo a valori da 4-8 volte più alti fino a 64-128 volte, operando di solito con valori interi potenze del 2. Nel processore Rossini si hanno a disposizione tre tipi di upsampling: DXD, DSD e DSDx2. Cosa succede al segnale? Innanzitutto dobbiamo distinguere se in ingresso del processore abbiamo segnali di tipo PCM (Pulse Code Modulation in cui ogni campione è rappresentato con un numero da 16 a 24 bit), oppure segnali di tipo Bitstream ad 1 bit come quelli tipici del SACD.

Ingresso con segnali PCM

Nel caso più comune, con in ingresso un flusso dati tipico del CD, ovvero PCM a 16 bit/44,1 kHz, optando per l’upsampling in DXD il segnale viene elaborato a 24 bit / 352,8 kHz, innalzando sia la frequenza di campionamento, di 8 volte, sia la quantità dei bit, da 16 a 24, con cui viene misurato il campione. Questo processo, come specificato nel manuale del dCS, andrebbe più propriamente chiamato di oversampling. Naturalmente “l’informazione” contenuta nel CD non può essere aumentata, quella è e quella rimane, ma l’aumento dei bit e della frequenza di campionamento è comoda per la successiva operazione di filtraggio (prima digitale e poi analogica), che segue il sovracampionamento.

Se invece si opta per l’upsampling a DSD o DSDx2, l’elaborazione interviene anche sulla natura del segnale modificandolo da PCM a Bitstream. Per la precisione prima si fa l’oversampling a DXD, poi si applicano i filtri e infine lo si trasforma in DSD, passando ad un segnale di 1 bit e 2.882,4 kHz (44,1k x 64) di frequenza di campionamento. Questo per il DSD semplice, denominato anche DSD64, mentre se si opta per il DSDx2 (DSD128) la frequenza sale a 5.644,8 kHz (44,1k x 128). Quale sarà la soluzione migliore? Dipenderà da vari fattori oltre che dalle preferenze personali.

Schermata per la configurazione Audio del sistema, dove è possibile visualizzare/modificare le varie impostazioni relative agli ingressi, alle uscite e alle varie elaborazioni disponibili.

Ad esempio vi è una certa categoria di audiofili ed esperti del settore (tecnici della registrazione, produttori, ecc.) che ritengono che il flusso dati Bitstream DSD, inventato dalla Philips per il SACD, sia più musicale del PCM. Tale presunta superiorità, però, si dovrebbe avere soprattutto quando si mantengono queste caratteristiche lungo tutto il percorso del segnale, ovvero si parte con una registrazione in DSD e poi si cerca di mantenere intatto questo flusso fino all’ultimo, cioè fino ai convertitori D/A, per la riconversione in analogico. Personalmente ritengo che le due soluzioni PCM e DSD si equivalgano e che la cosa più importante sia la qualità della registrazione, che diventa predominante rispetto alla tecnica con cui viene fatta ed elaborata. In ogni caso, anche in un’ottica del mantenimento della massima integrità del segnale e per evitare complesse conversioni di formato, converrebbe mantenere il segnale possibilmente nella sua forma originale, PCM o Bitstream, elaborandolo e convertendolo così… Quindi se abbiamo, nel caso più comune, segnali PCM come quelli provenienti dal CD, l’opzione più “naturale” dovrebbe essere quella di decidersi per l’upsampling in DXD, mentre qualora dovessimo riprodurre brani in DSD dovremmo optare per mantenere direttamente tale flusso (senza upsampling) o fare l’upsampling a DSDx2 (su questo torneremo più avanti).


Ma poi bisogna fare i conti con l’ultimo anello della catena, ovvero il convertitore digitale/analogico che alla fine ci restituisce il segnale da ascoltare. Qui entra in gioco il funzionamento del singolo DAC che potrebbe trovarsi più a suo agio a convertire una tipologia di segnale piuttosto che l’altra. In generale i convertitori di tipo multi-bit dovrebbero trovarsi agevolati nella conversione di segnali codificati in PCM, mentre quelli di tipo single-bit o similari potrebbero preferire il flusso Bitstream (se non altro per le minori elaborazioni richieste). Proprio il comportamento del DAC potrebbe essere il fattore predominante ai fini della scelta, per il raggiungimento della massima qualità dell’ascolto. Nel nostro caso segue il Ring Dac che come tipologia si pone un po’ a metà strada tra un multi-bit ed un single-bit, operando a 5 bit e mezzo con frequenza di campionamento di 2.882,4 o 5.644,8 kHz. Tale convertitore darà il meglio di sé con i dati in ingresso PCM multi-bit o DSD single-bit? La dCS non ce lo dice ma ci mette a disposizione la massima flessibilità operativa, invitando tutti noi a sperimentare le varie soluzioni per adottare quella che più ci aggrada!


Ingresso con segnali Bitstream DSD


Qui il discorso è diverso e quando in ingresso viene posto un segnale di tipo DSD64 o 128 non vi è alcun sovracampionamento, indipendentemente dall’opzione selezionata. Questo afferma il manuale, ove è riportato che il segnale DSD viene processato in maniera diversa ma senza specificare come. Occorre però osservare che, come vedremo in seguito, il Ring Dac opera, selezionando il Mapper 1 (configurazione di default), ad una frequenza di 5.644,8 kHz, di conseguenza in qualche modo, che non viene specificato, il segnale DSD64 dovrebbe subire una elaborazione con raddoppio della sua frequenza di campionamento. Quindi una qualche sorta di sovracampionamento dovrebbe comunque esserci. Inoltre va segnalato che sull’app Mosaic rimangono sempre attive e settabili tutte e tre le possibilità di upsampling indipendentemente dal tipo di segnale in ingresso, ovvero il sistema accetta tutte e tre le configurazioni di upsampling, compresa quella a DXD, anche per gli ingressi in DSD. Quindi la selezione è accettata ma non dovrebbe produrre alcun effetto quando in ingresso ci sono segnali DSD… sempre secondo quanto viene riportato nel manuale. Questo potrebbe generare confusione nell’utente che tenta di sperimentare una cosa, apparentemente possibile, ma che in realtà non viene fatta. Tornado ai segnali PCM, anche qui occorre rilevare degli aspetti poco chiari.

Sullo schema a blocchi che illustra il funzionamento del Ring Dac (vedi articolo dedicato al Ring dac) vengono indicati per i segnali in ingresso al Dac i valori di 706,8 o 768 kHz (44,1k x 16 o 48k x 16). Di conseguenza i segnali PCM sovracampionati a DXD (352,8 kHz) dovranno subire un’ulteriore elaborazione che ne raddoppi la frequenza di campionamento. Pertanto l’effettivo valore di oversampling finale dovrebbe essere di un fattore 16.

Menù per la selezione degli ingressi.

Il filtraggio


La successiva fase è quella del filtraggio digitale. Anche qui la situazione è molto articolata e dobbiamo distinguere se in ingresso ci sono segnali PCM o Bitstream.

Filtri per il PCM con ingresso PCM


Qui abbiamo a disposizione ben 6 +1 tipologie di filtro da poter scegliere nel menù (nella prima sezione).
Filter 5 e Filter 6 sono studiati apposta per lo standard CD e funzionano solo per segnali in ingresso a 44,1 kHz (o con altre modalità a 176,4 kHz o valori superiori) mentre i filtri da Filter 1 a Filter 4 si applicano senza limitazioni. L’ultimo M1 è ottimizzato per la decodifica dei segnali MQA.

Cosa cambia da un filtro all’altro? Innanzitutto cambia la risposta in frequenza che però non è costante ma varia in funzione della frequenza di campionamento ricevuta in ingresso, come d’altronde era logico aspettarsi (segnali con frequenze di campionamento più alte hanno una banda maggiore che non deve essere penalizzata). Con il caso più comune del segnale CD, tutti i filtri mantengono una risposta piatta e sovrapponibile fino a 20 kHz, per poi diversificarsi. Filter 5 e Filter 6 sono quelli più “stretti”, cominciano a tagliare prima, con un punto a -3 dB a circa 20,6 kHz per poi scendere molto rapidamente e garantire un’attenuazione di oltre 100 dB in prossimità dei 22 kHz, nel pieno rispetto del teorema del campionamento. Quest’ultimo ci dice, semplificando, che per evitare problemi (fenomeni di aliasing) bisogna limitare la banda del segnale convertito alla metà della frequenza di campionamento (44,1 k/2 = 22,05 kHz per il CD). E questo è quello che effettivamente fanno, in modo rigoroso, i filtri F5 e F6. Filter 1 invece è leggermente meno rigoroso, comincia a tagliare un po’ dopo, con un punto a -3 dB a 21 kHz e con la piena attenuazione, sempre di oltre 100 dB, che si raggiunge a circa 22,5 kHz. I filtri Filter 2, Filter 3 e Filter 4 sono via via meno stretti, con un punto a -3 dB che si colloca ripetitivamente a 21,8 – 22,5 – 23,2 kHz, ed una piena attenuazione che si raggiunge a circa 25 – 28 e 30 kHz.

Schermata che permette di accedere ai controlli più sofisticati del processore. Si potrà selezionare il tipo di upsampling, una prima ed una seconda tipologia di filtri, il tipo di mappatura del Ring Dac. Le combinazioni possibili sono tante e occorre procedere con calma per trovare i settaggi più adatti alle proprie esigenze. In Figura la configurazione di default.

Questi ultimi tre filtri, quindi, non rispettano alla lettera i dettami della teoria, lasciano passare “qualcosina” oltre la metà della frequenza di campionamento, per questo vanno usati con cognizione di causa, ben sapendo che all’estremo superiore della banda audio il contenuto energetico dei segnali musicali, che potrebbero indurre qualche fenomeno di “interferenza” quando si utilizzano questi ultimi tipi di filtri, sono comunque molto bassi ed in pratica non ci saranno conseguenze. Ricordo anche che ci sono i sostenitori della conversione senza filtraggio (e senza sovracampionamento) e alcuni DAC commerciali sono volutamente sprovvisti di questi filtri (o hanno filtri molto semplici collocati a frequenze più alte).

Ci sono poi altri due aspetti da considerare: la risposta in fase dei filtri e, soprattutto, il comportamento nel dominio del tempo, che si evidenzia, in genere, con la loro risposta all’impulso. Qui emergono differenze anche maggiori rispetto alla risposta in frequenza e forse il nostro apparato percettivo è sensibile più a questo aspetto che alle piccolissime variazioni della risposta in frequenza, che in pratica non ci sono nella banda audio (per tutti i filtri), ma compaiono solo oltre i 20 kHz. Ad esempio i due filtri più stretti Filter 5 e Filter 6, pur avendo una risposta in frequenza praticamente coincidente, evidenziano una risposta all’impulso molto diversa, unitamente ad una diversa risposta in fase… In questo ambito i filtri meno stretti hanno la loro ragione di esistere (e forse da preferire) in quanto presentano una risposta all’impulso più “pulita”, con minori oscillazioni sia prima che dopo il picco principale. Ora qui non c’è lo spazio per pubblicare i grafici e approfondire la questione, spero di poterlo fare in uno dei prossimi numeri. Passando a frequenze di campionamento più elevate, le risposte dei filtri, come era logico aspettarsi, cambiano e si estendono più in alto, a volte fino a oltre la metà della Fs stessa, con un andamento simile al precedente, pur con varie differenze.

Filtri per il PCM con ingresso DSD


Quando in ingresso si ha segnale DSD questi filtri non entrano in azione (secondo il manuale). Nell’app Mosaic è comunque possibile settarli, anche se non dovrebbero produrre alcun effetto, e pure questo potrebbe introdurre confusione verso l’utente.

Filtri per il DSD


Passiamo adesso al secondo livello di filtri che è possibile selezionare, ovvero quelli relativi al processamento DSD. Questi entrano in funzione quando si opta, con in ingresso dati PCM, per l’upsamplig a DSD o DSDx2, oppure quando in ingresso ci sono segnali Bitstream. Questa seconda categoria di filtri opera in modo diverso e agisce più a fondo nelle caratteristiche del flusso dati Bitstream e sulla sua conversione in analogico, influenzando anche l’andamento del rumore. Pure qui la loro azione dipende dalla frequenza di campionamento del segnale ma anche dal tipo stesso di segnali in ingresso. Dobbiamo perciò ulteriormente distinguere due casi, in funzione del tipo di segnale.

Ingresso PCM e upsampling a DSD o DSDx2. Con in ingresso il solito segnale del CD, questi 5 filtri in realtà non vanno a modificare in modo percettibile la risposta in frequenza del sistema (determinata essenzialmente dalla prima categoria di filtri), ma intervengono più che altro sul modellamento del rumore oltre la banda audio (20 kHz), e solo in piccolissima parte nella zona più alta dello spettro audio. In atri termini, a giudicare delle risposte rilevate nelle varie situazioni, l’azione dei filtri della sezione precedente rimane pressoché inalterata, sia come risposta in frequenza e fase, sia come risposta all’impulso e non è influenzata (se non in piccolissima misura) dalla selezione dei filtri DSD, della seconda sezione. Quindi la loro azione va, più che altro, a modificare i parametri della conversione Bitstream , sotto l’aspetto del rumore.

Vi ricordo che la conversione Bitstream ha come caratteristica la comparsa di una (molto) maggiore quantità di rumore che deve essere rimosso dalla banda audio e spostato a frequenze più elevate tramite complesse tecniche dette di noise-shaping. Sempre dal punto di vista del rumore il formato DSDx2 parte decisamente avvantaggiato rispetto al DSD semplice e l’azione dei filtri-modellatori successivi risulta semplificata e più efficace. A titolo esemplificativo vi riporto il grafico qui a fianco, dove, con un segnale di ingresso PCM a 24 bit/44,1 k vengono messe a confronto le risposte in frequenza delle tre modalità di upsampling disponibili (DXD, DSD e DSDx2) mantenendo sempre la stessa configurazione dei filtri nella prima sezione (Filter 1) e nella seconda (Filter 1d, aggiungiamo una “d” per riferirci alla seconda sezione DSD). Come potete osservare la prima parte della risposta è identica per tutte tre le modalità (in banda audio fino a circa 22,5 kHz), poi si differenziano. La più “pulita” è la DXD, mentre con l’upsampling a DSDx2 e ancor più con DSD (semplice) si ha un andamento crescente del livello dovuto al rumore (dopo il filtraggio), che aumenta considerevolmente. Anche se non percepiremo tale rumore, in quanto oltre la banda audio, c’è da chiedersi, alla luce delle considerazioni precedenti (e viste le misure), ma perché optare per l’upsampling DSD? All’ascolto invece il tutto non è così scontato, si riescono a percepire delle differenze, a volte appena avvertibili altre volte più rilevanti, che possono far propendere per l’una o l’altra soluzione. Scendendo più in dettaglio sull’azione dei filtri DSD, passando da Filter 1d a Filter 5d si assiste (grafici non riportati) via via ad una più efficace riduzione del rumore in alta frequenza, a partire dai 60-70 kHz. Anche l’azione di questi filtri spesso è percepibile all’ascolto, seppur in modo più sfumato rispetto a quelli della prima sezione. Passando, sempre con il PCM in ingresso, a segnali con frequenze di campionamento più alte e mantenendo l’upsamplig a DSD, l’azione dei filtri DSD si fa sentire anche sull’andamento della risposta in frequenza e il loro intervento si va sommare a quello dei filtri PCM.

Ingresso DSD e upsampling… a DSD o DSDx2

Se in ingresso ci sono segnali di tipo Bitstream DSD cosa succede? Premesso che selezionando l’opzione upsampling a DSD o a DSDx2 non ci sarà nessun sovracampionamento (secondo il manuale) gli unici filtri attivi dovrebbero essere quelli della sezione DSD. Uso ancora il condizionale poiché sulla schermata dell’app continua ad essere possibile selezionare anche quelli della prima sezione pur se questi non dovrebbero agire. In ogni caso il Filter 1 risulta essere quello con la maggiore larghezza di banda (90 kHz per il DSD semplice o DSD64, ancora un po’ di più per il DSD128) e quindi quello che lascia “passare” anche più rumore (sempre riferendosi alla zona oltre la banda audio, ovvero sopra i 20 kHz). Con gli altri filtri, Filter 2, 3, 4 e 5, si assiste ad una maggiore limitazione della larghezza di banda. Il più restrittivo, con un taglio a 25 kHz, è il Filter 4, che di conseguenza è quello con cui si ha una minore presenza di rumore.

Alcune osservazioni

Alla fine di questa analisi rimangono aperte alcune questioni a cui non ho trovato risposta nella documentazione dCS. La prima riguarda quale effettivo fattore di sovracampionamento alla fine venga applicato al segnale. Sia per segnali di ingresso PCM sia DSD ci dovrebbero essere delle ulteriori elaborazioni che nel manuale (o altrove) non sono citate. In particolare non è chiaro se e come avviene l’upsampling e, più in generale, come avviene l’elaborazione dei dati, quando in ingresso ci sono segnali DSD. Vale la pena ricordare che operare direttamente sui flussi Bitstream è molto più complesso che operare sui dati PCM (per certi aspetti è impossibile o estremamente difficile). Ad esempio per elaborare una registrazione DSD (editing, mixaggio, equalizzazione, filtaggio, ecc.) in genere la si converte prima in DXD o DSD wide (una specie di Bitstream ad 8 bit) e poi, fatto il lavoro, la si riconverte in DSD. Avviene anche qui una cosa simile oppure i tecnici dCS hanno trovato la soluzione per agire direttamente sui dati DSD? Sarebbe interessante conoscere il flusso del segnale e sapere cosa avviene…

In ultimo spero mi consentirete di sollecitare la dCS a rivedere il software dell’app (e/o del processore) e mettere più ordine nelle impostazioni, per evitare che in certe configurazioni, come evidenziato sopra, alcuni comandi rimangano attivi, quando in realtà quei comandi, in quella impostazione, non dovrebbero agire. Questo può generare confusioni nell’audiofilo che sperimenta le varie possibilità, alla ricerca di quella propria ottimale.

Risposta in frequenza del sistema variando la tipologia dell’upsampling e utilizzando sempre il filtro 1 sia nella prima sia nella seconda sezione. In banda audio non vi sono differenze, ma poi oltre i 22 kHz le cose si differenziano. Per DSDx2 (DSD128) e ancor più per il DSD “semplice” (DSD64) emerge il maggior rumore, tipico di queste modulazioni, rispetto al DXD.

Mapper del Ring Dac

Non abbiamo ancora finito di “giocare”, c’è ancora da settare l’ultima opzione, quella relativa alla mappatura del Ring Dac. In pratica si tratta di variare l’algoritmo con cui opera il Ring Dac nell’operazione di conversione del segnale da digitale ad analogico. Questo Dac opera a 5 bit e mezzo che si ottengono dispiegando 48 coppie di circuiti elementari di conversione (per saperne di più rimando all’articolo di approfondimento dedicato). L’attivazione dei vari circuiti elementari (in funzione del valore da convertire) segue una strategia pseudo-causale nel tempo, in base a delle regole frutto di trenta anni di evoluzione ed esperienza. Qui si può scegliere tra 3 soluzioni: Mapper 1, 2 e 3. Mapper 1 (operante a Fs di 5.644 o 6,14 MHz) è la versione più recente e generalmente quella da preferire (secondo dCS), mentre le altre sono state comunque aggiunte per una maggiore flessibilità: Mapper 2 è la versione precedente, operante a metà dei valori di Fs sopra indicati, mentre la 3 è una variante della 1. Alcuni ascoltatori, con certe incisioni, potrebbero ancora preferirle. L’algoritmo Mapper 1, oltre ad essere quello che di solito fornisce i risultati migliori all’ascolto, come posso confermare anch’io, è anche quello che ha evidenziato, alle misure, la distorsione armonica più bassa.

Uscita a 2 o 6 V?

Infine due parole sulla possibilità di settare l’uscita su un livello più alto del solito. Le prestazioni migliori si ottengono con l’uscita a 6 V come afferma la dCS e come posso confermare in base alle misure, quindi questo è il settaggio da preferire a meno che il vostro pre abbia un qualche buffer in ingresso e/o sia ad alto guadagno, per cui tale livello risulti eccessivo. In tal caso occorre ripiegare sull’uscita 2 V. Sarebbe stato utile, invece del settaggio a 0,2 V, praticamente inutilizzabile, disporre di un livello intermedio a 4 V. L’uscita a 6 V (ma pure quella a 2 V seppur leggermente meno performante), con il controllo del volume integrato, può risultare molto utile anche per pilotare direttamente un finale, ma occorre tener presente che il controllo agisce a livello digitale e non analogico (prima del DAC, attenuando numericamente il segnale ma lasciando intatto il rumore residuo del DAC stesso), abbassando il volume si perde in proporzione gamma dinamica.

Occorrerebbe operare con attenuazioni non troppo elevate e possibilmente non scendere oltre i -30 dB. Ad esempio con il volume impostato con una attenuazione di -20 dB, in uscita si sfrutterà una gamma dinamica di 20 dB inferiore a quella massima. Seppur si parte da una gamma dinamica massima molto elevata, (misurata intorno ai 120 dB, non pesata, per i 6 V), occorre tenerne conto.

Conclusioni

Siamo di fronte ad una macchina da musica molto complessa, flessibile e sofisticata, con prestazioni ai vertici della categoria, frutto di anni di ricerca e sviluppo da parte di una delle aziende più innovative in questo settore. Inutile rammentare che il prezzo di conseguenza è molto elevato. Per finire, un consiglio: se avete la fortuna di avere un tale prodotto nella vostra sala di ascolto non pretendete di capire tutto e subito della sua complessità, prendetevela con calma e cercate di sperimentare una cosa alla volta. È una macchina che richiede tempo per essere apprezzata a pieno e probabilmente solo alla fine di un percorso, verosimilmente piuttosto lungo, troverete la configurazione ottimale per le vostre esigenze e saprà ripagarvi al meglio.
Paolo Mattei